Allocuzione di Valenzano Rossi, il politologo Mazzoleni sdrammatizza: ‘La personalizzazione della contestazione è un fenomeno diffuso’
Fischi o contestazioni simili a quelle espresse a Lugano domenica sera non sono un fenomeno nuovo in Svizzera. Quanto capitato durante l'allocuzione in piazza della Riforma della titolare del Dicastero sicurezza Karin Valenzano Rossi «non è un caso particolare. Da anni, il 1° Agosto non è semplicemente l'espressione di una Svizzera del consenso e della coesione nazionale: i fischi e le repliche fanno parte della dialettica politica. Al limite si potrebbe discutere sulla legittimità della forma presa dalla contestazione». Oscar Mazzoleni, professore di Scienze politiche a Losanna e direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna non ne fa un dramma. Anche a Lugano è semplicemente capitato: «Un rappresentante delle istituzioni, eletto a suffragio universale, che si è assunto responsabilità di decisioni discusse, ha subito una contestazione in piazza. Chiaro che c'è l'aspetto plateale rappresentato dai fischi verso una singola persona, ma ciò non toglie che si tratta di protesta nei confronti di una decisione politica».
«La contestazione di un politico non è una novità. Basti pensare a quante volte negli ultimi tempi è stato criticato il consigliere federale Alain Berset. C'è una personalizzazione della contestazione che è un fenomeno diffuso. E il principio è sempre lo stesso: il sistema democratico non garantisce la legittimità della decisione del politico eletto. Questa dissociazione è favorita anche dalla democrazia diretta in Svizzera che, tramite il referendum, consente di contestare le decisioni istituzionali. Che la contestazione avvenga con una raccolta di firme, una petizione o altre forme è un altro discorso». Secondo il politologo, all'interno di questo doppio sfondo, si può leggere la questione del Molino: per alcuni siamo in una situazione di illegittimità.
«Non è inoltre sufficiente essere eletti democraticamente per compiere atti legittimi: le decisioni si possono e si devono anche contestare – chiosa Mazzoleni –. Il caso del centro sociale di Lugano è diverso ma in un certo senso radicalizza questo confronto. In altre parole, diventa emblematico di un contesto che tende a polarizzare le due posizioni. Quanto emerso a Lugano ed espresso con i fischi in piazza della Riforma, non è un confronto solamente puntuale sul Molino, ma investe altre dimensioni più generali».
Tornando al 1° Agosto, ci sono idee e valori diversi su determinate questioni che si possono e si devono manifestare anche durante il Natale della Patria? «La celebrazione può esprimersi come momento corale, ma anche come confronto, espressione della vivacità della democrazia elvetica – sostiene Mazzoleni –. La democrazia non è solo decisione legittima presa da rappresentanti politici, ma anche espressione del voto popolare e include anche l’espressione di opinioni diverse». Questa non è proprio una novità: «Negli ultimi trent'anni, il 1° Agosto è stato occasione, spesso e in luoghi diversi, di confrontare due concezioni della Svizzera: quella fondata sull'indipendenza e l'altra che fa riferimento a una Svizzera aperta che rafforza i suoi legami con l'Unione europea. Il Natale della Patria è un’occasione per un confronto, anche acceso, fra due modi di leggere l’identità nazionale» Il politologo ci rievoca il grande cambiamento degli anni Novanta, quando ci fu il crollo del muro di Berlino che simbolicamente ha contribuito a rompere il consenso in Svizzera su una certa idea di Nazione, della difesa nazionale, della neutralità. «Volenti o nolenti, le celebrazioni del 1° Agosto sono state influenzate dall’evoluzione dell’agenda politico-elettorale».
Quanto capitato a Lugano è da leggere in un'ottica che richiama inoltre una tensione emersa con forza in tempi più recenti: «Nell'ultimo anno mezzo è sorta una questione: sono sempre legittime le decisioni prese da istanze democraticamente elette? Una domanda che ha assunto una rilevanza particolare durante l’emergenza sanitaria del Covid. Sono in effetti state adottate decisioni senza precedenti in maniera unilaterale da parte di rappresentanti politici eletti democraticamente, ma da tutti ritenute legittime. Per alcuni, la legittimità di una decisione presa dai rappresentanti politici, soprattutto in una situazione di crisi, è conseguenza del fatto che gli stessi politici siano eletti dai cittadini. Per altri, invece, non c’è un legame di necessità, ma ogni azione e decisione politica può e deve essere impugnata e quindi contestata dai cittadini se ritenuta illegittima dal punto di vista dei diritti costituzionali. Ciò vale per le misure Covid, ma anche per altre decisioni prese dalle autorità. Sono due aspetti diversi che mettono in luce una tensione simile, che investe il rapporto fra cittadini e politica»..