Luganese

Il politico oggi? Attenti a non servire la... frittata

Partiti che faticano a riempire le liste, municipali confrontati con norme sempre più complesse e il pericolo di pagarsi gli avvocati di tasca propria

Fra candidati e santini (Ti-Press)
14 agosto 2021
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L'improvvisa perdita di una figura centrale nella politica luganese, e non solo, come è stato Marco Borradori, porta a riflettere su quanto sia difficile 'selezionare' persone all'altezza degli esecutivi locali. Sono lontani, infatti, i tempi in cui tutto si decideva, come in un significativo quadro di Albert Ancker, Die Gemeindeversammlung, davanti a una candela: il segretario comunale che scriveva, i politici al fianco e la cittadinanza attorno. Il tutto si dibatteva così: c'era chi prendeva nota, chi ascoltava e poi decideva, tutto si consumava in uno spazio e in un tempo ben definiti, per cui le cose si regolavano più facilmente. Oggi un senso delle istituzioni, spesso, purtroppo, sbiadito, e una complessità non indifferente nel 'far politica' hanno allontanato non solo i cittadini, nel loro dovere-diritto di voto, ma sempre più anche coloro che vedevano nella 'poltrona' un fine comune. Le ultime elezioni lo hanno via via confermato: i partiti faticano a riempire le liste, anche in Comuni grandi, non solo per un discorso quantitativo ma, in molti casi, anche qualitativo.

«Partecipare alle elezioni rimane una passione, però mettersi a disposizione per occupare una carica pubblica, candidarsi, non è per tutti – evidenzia Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali –. Provocatoriamente è come dire: tutti vanno nell'arena ad assistere al combattimento fra gladiatori ma scendere in arena sono pochi quelli disposti a farlo. Per questo va ripensato tutto il contesto, dobbiamo idealmente recuperare quell'immagine del 1800, che ben rappresentava la realtà locale e svizzera dell'epoca. Dobbiamo tornare a un sistema di democrazia diretta non solo funzionante, ma anche funzionale. E la democrazia diretta funzionale passa attraverso una riattivazione del cittadino».

La discesa in campo

E come si fa a coinvolgere il cittadino, soprattutto in momenti come questo, dove il politico, prendiamo l'esempio in particolar modo del municipale, è sotto pressione continua, fra gogne social e decisioni delicate che potrebbero comportare anche un ricorso al patrocinio legale pagato di tasca propria, per non arrivare addirittura al rinvio a giudizio? «La domanda di fondo è: perché un cittadino non si sente più responsabile della comunità nella quale vive? Ciò è riconducibile a diversi fattori, in gran parte connessi all’evoluzione della società moderna. Se, infatti, fino al 1960-70 la maggior parte di noi era intimamente legato al proprio Comune, dove spesso e volentieri si nasceva, si lavorava e si moriva, oggi, diversamente, iniziamo la giornata in un Comune, andiamo a lavorare in un altro, facciamo le nostre attività di tempo libero e incontriamo gli amici in un altro ancora... Gli spazi di riferimento sono diventati così tanti da comportare non più una sola identità ma una sommatoria di esse che finisce, passandoci meno tempo, per indebolire il sentirsi membro della comunità locale nella quale risiediamo e, di conseguenza, il senso di riconoscenza e responsabilità nei confronti della stessa che è alla base dell’impegno civico».

Partiamo, dunque, dal ruolo che un municipale è chiamato ad assumere: «Quando pensiamo al municipale abbiamo di fronte una persona come noi, che rappresenta al contempo una istituzione. Egli è il tassello di un puzzle. In primis deve rapportarsi al cittadino, che è poi il suo elettore, ma soprattutto, come membro dell'esecutivo, è chiamato a dare collegialmente consistenza a quelle scelte, a quelle decisioni politiche che la cittadinanza in maniera diretta, pensando alle assemblee, o in maniera indiretta, pensando a una realtà come il Consiglio comunale, gli affidano unitamente a tutti quei compiti che è chiamato ad assolvere su mandato cantonale e che oggi corrispondono a buona parte dei compiti di un ente locale, la cui complessità normativa è sempre più grande. Nei rapporti tra cittadino e municipale a volte succede che vi siano delle incomprensioni... Chiaro che se per il cittadino il tutto confluisce in una valutazione dai connotati negativi, su Facebook o su qualche altro social, allora chi considera la possibilità di candidarsi a una carica pubblica ci penserà due volte prima di farlo. Il rischio di critiche talvolta denigratorie, spesso dettate dalla poca consapevolezza di cosa comporta l’essere municipale, è oggi all'ordine del giorno! E a farne le spese non sono solo i diretti interessati, ma anche i loro famigliari».

Fra i poteri 'una dialettica un po' compromessa'

Poi vi è il rapporto con il Legislativo: «E qui, ahimè, abbiamo forse una sovrapposizione di ruolo, una dialettica un po' compromessa, nel senso che il Legislativo si trova talvolta nella situazione in cui cerca di fare delle scelte, che di per sé sarebbero proprie dell'Esecutivo, e viceversa. E così ci ritroviamo con un Legislativo che vuole decidere il colore della matita e un Esecutivo che vuole indicare il contenuto dell'agenda politica, portando i due mondi a confrontarsi a volte anche aspramente, soprattutto laddove si fatica a instaurare un dialogo franco, ma corretto. Ma non è solo una questione di rispetto dei ruoli istituzionali, che è la premessa, spesso mancano metodi di lavoro che siano partecipativi, coinvolgenti e responsabilizzanti per entrambe le parti» rimarca Della Santa. 

Terzo gradino, la questione del ruolo rispetto all'amministrazione comunale: «Come esiste una sovrapposizione fra Esecutivo e Legislativo ve ne è una fra Esecutivo e Amministrazione comunale. Addirittura, ed è abbastanza emblematico, quando ci rivolgiamo ai membri dell'Esecutivo ne parliamo in termini di 'amministratori comunali'. Il termine, invece, trae le sue origini in quella che era la Vicinia, che amministrava le terre comuni. Per gli Enti locali è il funzionario quello che deve concretamente e quotidianamente gestire la cosa pubblica, come erogare i servizi, rispondere alle sollecitazioni dei cittadini, in quello che, detto in termini forti, può essere un marasma. E qui entra in ballo la sovrapposizione, quando l'Esecutivo, a volte anche per legge, è chiamato ad 'amministrare' entrando in conflitto con il professionista. Rapporti che sono già di per sé potenzialmente difficili, perché uno è eletto e l'altro è nominato».  Due facce della stessa medaglia che, con le competenze giuste, dovrebbe raggiungere il risultato. Ma non sempre è così, lo abbiamo visto in Comuni sofferenti per la gestione di segretari comunali e funzionari che si sono via via succeduti. E per un municipale non sentirsi coperto le spalle può anche far... tremare le gambe: «Chiaro che le competenze tecniche dovrebbero essere nell'Amministrazione, in modo che chiunque possa occupare una carica pubblica nell'Esecutivo. Una sindaca cassiera? È la municipale perfetta! Il suo ruolo non è, infatti, quello di indicare tecnicamente qual è la soluzione migliore per un dato problema, che spetta al funzionario, ma ha il compito di assicurarsi che i bisogni della cittadinanza siano soddisfatti, interpretando la volontà del Legislativo». Funzionari, dunque, che dovrebbero essere all'altezza: «Il segretario comunale va visto come il direttore dell'azienda-Comune, dalla Cancelleria in giù, dev'essere dunque una persona con delle competenze tecniche e personali adeguate. Mi sorprendono quei municipali che si oppongono a un bando di concorso per la ricerca di un segretario dove si richiede la laurea, pensando che sia giustificato farlo solo in un Comune grande. Oggi la complessità della materia è tale che le competenze non sono tanto legate alla dimensione del Comune, del resto da Linescio a Lugano la complessità è nella misura del 60% equivalente. Questo fa quantomeno riflettere sulle implicazioni dell’avere delle figure segretariali non sempre adeguate. Certo, non è che l'accademico di per sé sia garanzia di una differenza sostanziale, ma l'accademico può offrire una prospettiva diversa in quanto è abituato a riflettere in termini strategici, a cercare nella letteratura, a documentarsi, a formarsi delle idee, a... a... a... Oggi tanti Comuni, forse anche perché ritengono le posizioni poco attrattive, si focalizzano sulle competenze necessarie alla gestione corrente, rinunciando a profili più strategici. Figure, che in ogni caso devono avere una capacità di porsi e gestire la frustrazione che non è da tutti».

In un quadro normativo assai denso

Non dimentichiamo del resto il quadro normativo nel quale il municipale è chiamato ad operare: «Si dice che la densità normativa di una società è inversamente proporzionale alla sua capacità di assumere comportamenti corretti. Più è denso, minore è la capacità e viceversa. Ci troviamo in un contesto sociale sempre più normato, dove non solo la densità è più fitta, quindi sempre più ambiti sono regolati, ma dove all'interno dello stesso ambito sempre più la norma diventa complessa. E spesso è proprio riferita ad elementi tecnici. Basti pensare agli aggiornamenti della Legge organica comunale, che avvengono una, due, tre volte all'anno. Spesso però, e sta qui il problema, noi ci rendiamo conto che per quanto si documenti alla fine il destinatario non raccoglie i cambiamenti o non riesce a coglierli fino in fondo. Se pensiamo poi a tutto il 'mare magnum' con cui si deve confrontare un Comune questa complessità è elevatissima tanto, spesso, da 'affogarci'. Lo stesso Cantone che fissa regole e leggi a volte sbaglia... Quindi, se non ci poniamo nei panni di chi è chiamato a governare facendo capo a un apparato amministrativo di migliaia di collaboratori, ma in chi dispone di un organico che può variare da zero virgola qualcosa ad alcune centinaia di unità, allora ci rendiamo conto che il municipale può talvolta non trovare le competenze necessarie per supportarlo nel suo ruolo, portandolo a sostituirsi così al funzionario».

Senza dimenticare che il municipale dovrebbe accedere a una formazione a lui dedicata: «Recentemente ci siamo proprio chinati su questa questione. È chiaro che noi alla sindaca cassiera rispettivamente al municipale avvocato dobbiamo assicurare delle competenze se non di base ma almeno nell’ambito della formazione continua sì, calibrata però sul ruolo che essa o esso è chiamato ad assumere. A un membro dell'Esecutivo, per esempio, si possono proporre in modalità adeguata quelle che potrebbero essere delle buone pratiche, non limitandosi a spiegare quello che dice la Loc, tanto per fare un esempio». E per la remunerazione? «Su questo sono fermamente convinto che non bisognerebbe prevedere un sistema di remunerazione classico, che indurrebbe il municipale a considerarsi un professionista, perché per ruolo è bene che rimanga un miliziano, consapevole di essere un rappresentante del popolo, anche se dedica al Comune il 100% del proprio tempo. Partendo invece dall'idea che chiunque può occupare quella posizione ritengo preferibile fare riferimento al modello delle indennità per perdita di guadagno, adeguandole naturalmente allo specifico ruolo, che è un sistema che conosciamo benissimo e che credo si possa implementare a livello locale o quantomeno per queste cariche che non sono mai, o quasi, a tempo pieno. Quindi, riassumendo, in buona parte delle realtà locali il municipale si trova ad assumere una carica perché lo intriga o perché magari la famiglia o il contesto del partito glielo chiede, ma con una remunerazione che spesso non gli copre la perdita di guadagno dovuta alla riduzione dell’attività professionale, finendo per limitare, da qualche parte, il tempo che egli dedica al Comune. Senza contare che i giovani e, in fondo, noi tutti diamo sempre più peso alla qualità di vita privata, al tempo da dedicare alla famiglia e temiamo che assumere la carica di municipale possa comprometterla. In definitiva, assumendo un ruolo socialmente importante, in quanto municipale, ma in un contesto dal quadro normativo complessissimo, potendo dedicare poco tempo, senza avere forzatamente le competenze o il necessario supporto dall’amministrazione comunale, e volendo produrre dei risultati tangibili per l’elettore entro la fine della legislatura, talvolta si commette fallo, e beh... la frittata è servita».

Il nodo del tempo a disposizione 

Difficile allora trovare le motivazioni nel 'scendere in campo', se poi non si ha neanche più tempo? Ma chi ce l'ha oggi? «Le persone che hanno una certa disponibilità economica o che sono in pensione. Non dico che sia negativo, ma un Municipio dovrebbe essere equamente rappresentativo della popolazione, anche in termini di reddito ed età. Capita purtroppo che giovani ipermotivati poi abbandonino dopo una legislatura, anche solo perché ci vuole troppo tempo per cogliere i frutti del proprio lavoro... È su questo tutto che vogliamo lavorare per innestare il cambiamento, sperando di riuscire a rendere il terreno culturalmente ricettivo e capace di non generare un rigetto. Le questioni di cui abbiamo parlato finora da qualche parte vanno risolte, a prescindere da quella che può essere la strategia volta a riavvicinare il cittadino alla cosa pubblica. Fintanto che queste condizioni rimarranno tali il cittadino magari si avvicinerà, ma poi probabilmente se ne andrà, con il pericolo che alla fine la frustrazione crescerà, diventando esplosiva».

Non è un caso che da settembre il Dipartimento delle istituzioni lancerà un progetto chiamato proprio del 'Buon governo': «Se con il nostro sistema gestione-qualità andiamo a lavorare sul funzionamento dell'amministrazione, con questo progetto ci muoviamo sul piano politico, proponendo strumenti e modalità di lavoro che sono il frutto del connubio tra le logiche della gestione pubblica e quelle della 'public governance', che propone di coinvolgere adeguatamente cittadini, rappresentanti della società civile e via discorrendo. La riforma delle istituzioni possiamo vederla dunque come un cantiere destinato a rimanere sempre aperto. Ma ricordiamo che meno gente si dedica alla politica e minori saranno le probabilità di preservare le peculiarità di un sistema istituzionale che ha contribuito alla stabilità e al successo del nostro Paese».

Riacquisire le conoscenze della Civica

Chi dovrebbe, infine, vigilare sulle competenze dei funzionari? «Sicuramente non il Cantone, chiariamolo bene. È come se per un funzionario dirigente cantonale la Confederazione pretendesse di dire l’ultima parola. Se lo immagina? Per quanto i rapporti fra Confederazione e Cantone siano ben diversi da quelli fra Cantone e Comuni, dei quali i Cantoni sono istituzionalmente responsabili, è inconcepibile passare dall’attuale vigilanza alla tutela. L’evoluzione che stiamo monitorando non è frutto degli ultimi anni ma degli ultimi decenni. Pretendere una rivoluzione, nel senso di girare il guanto, in pochi mesi o anni non è fattibile. Tuttavia, se culturalmente non si vuole cambiare il modo di fare politica e di interpretare l’ente locale, non se ne arriverà mai a una». E in tutto questo le aggregazioni hanno aiutato, o meno? «Con le aggregazioni i Comuni hanno visto generalmente la propria situazione migliorare, da un lato perché oltre a creare i presupposti per una riorganizzazione amministrativa, hanno liberato delle risorse per dei progetti politici, ma dall’altro anche perché hanno reso le cariche pubbliche più attrattive. Certo, in alcune realtà locali questo cambiamento non è avvenuto. Osservo anche Comuni aggregati che continuano a governarsi né più né meno come prima, senza quel cambiamento di cultura politica o senza quell’adeguamento dell’apparato amministrativo determinanti per fare la differenza».

Come possiamo però alla fine spendere una voce favorevole all'impegno politico? «È vero che le nostre conoscenze della Civica si sono un po' perse, tanto che come Dipartimento nel 2019 abbiamo promosso un progetto di civica a scuola, che non abbiamo potuto concludere, causa pandemia, e che coinvolgeva una classe delle scuole elementari di Capriasca, i cui allievi sono stati invitati a giocare al municipale piuttosto che al consigliere comunale. La vita politica locale non è solo dedizione per la comunità nella quale si vive, ma anche un’opportunità di crescita personale. Sono fiducioso che con alcuni cambiamenti istituzionali mirati potremo restituire alle cariche politiche locali, ma anche alle funzioni dirigenziali delle amministrazioni comunali, quell’attrattività che si è con il tempo persa, capace di motivare anche le nuove generazioni».