Si delineano i contorni dell'uscita di scena del presidente della ferrovia. Disaccordo anche sull'azionariato. Casus belli: ordine del giorno invertito.
Un ordine del giorno modificato all'ultimo, scontento riguardo alle nuove regole sull'azionariato e un maggior peso del Cantone all'interno del Consiglio d'amministrazione (Cda). Si delineano pian piano i contorni delle dimissioni a sorpresa del presidente del Cda delle Ferrovie luganesi (Flp) Sa Stefano Soldati, date mercoledì sera durante una lunga e appassionata assemblea. Il diretto interessato non ha voluto rilasciare dichiarazioni nemmeno oggi, ma siamo comunque riusciti a sentire la campana degli azionisti privati e quella del Cantone, tramite l'avvocato Rossano Guggiari (membro del Cda) e il consigliere di Stato Claudio Zali, capo del Dipartimento del territorio (Dt).
«La scintilla nasce quando a mezzanotte meno cinque il rappresentante del Cantone propone di invertire l'ordine del giorno» spiega Guggiari. E sul tavolo di cose importanti ce n'erano diverse. In primis le nomine del Cda e poi, soprattutto, la modifica dello statuto, che «era l'ultima trattanda, è vero aveva dei punti caldi ma chiari». La prima grande modifica dello statuto della società riguardava la composizione del Cda. Fino a ieri era composta da tre rappresentanti dei privati – e fra questi Stefano Soldati, presidente ed erede di Agostino che fondò la ferrovia Lugano-Ponte Tresa oltre cent'anni fa –, due dei Comuni – uno per Lugano, ossia Filippo Lombardi, e l'altro per un Comune a rotazione del Malcantone – e altrettanti del Cantone. «In vista di quest'assemblea – ci spiega dal canto suo Zali –, alla luce della quota azionaria maggioritaria (detenuta da Cantone e Confederazione, rappresentata sempre dal Cantone, ndr) e dei grossi investimenti effettuati per il Tram-Treno (circa 460 milioni di franchi da parte dell'ente pubblico, ndr), avevamo chiesto di essere maggiormente rappresentati in seno al Cda».
Una questione che tuttavia, riportano entrambi i nostri interlocutori, era già stata discussa in precedenza. Il Cantone, come terzo rappresentante ha proposto Simone Scettrini, capoufficio Controlling e servizi centrali del Dt. «Posso assicurare – ancora Zali – che l'azionista Cantone non ha mai inteso mettere in forse la presidenza Soldati nel Cda, che comunque viene decisa dal Cda stesso. Sono rincresciuto da queste dimissioni e mi auguro che possano rientrare». «Il problema è che stato richiesto di invertire l'ordine del giorno: questo ha messo in difficoltà i rappresentanti dei privati, non abbiamo avuto tempo di discutere, e quindi il presidente arrabbiato ha dato le dimissioni» chiarisce dal canto suo Guggiari, che evidenzia come ci sia stato un «paciughino» a livello procedurale: «Come facciamo a nominare i membri del Cda di uno statuto che non è entrato ancora in vigore?»: manca ancora l'iscrizione al Registro di commercio e ci sono i tempi per ricorrere. «Ma il problema non è la volontà del Cantone di avere un rappresentante in più – per l'avvocato –, la richiesta di avere rappresentanti in più è legittima, anche se finora ha sempre funzionato tutto bene così».
Il vero problema, secondo i privati, sarebbe legato infatti all'azionariato. «Una delle proposte della modifica dello statuto era quella di parificare le azioni di primo e secondo grado – ricostruisce Guggiari –. È vero che è da molti anni che non si distribuiscono dividendi, quindi è un privilegio più in linea teorica che pratica, ma come facciamo a sapere cosa accadrà in futuro? Io come azionista non avrei voluto, per i miei posteri, fare una scelta sbagliata. Si sarebbe potuta fare una perizia e poi eventualmente cambiare questo aspetto, è stato fatto un po' in fretta. Bisognava decidere se votare lo statuto in toto o articolo per articolo. Questo secondo scenario sarebbe stato auspicabile, in quanto c'erano contrasti. Tuttavia la maggioranza ha votato per lo statuto in blocco, Non c'è stata la possibilità di discutere». «C'erano delle modifiche da fare alla luce del mutato diritto azionario del Codice delle obbligazioni» ricorda da parte sua il consigliere di Stato: oggi, le azioni di tutte le società anonime in Svizzera devono diventare nominative. E quindi è stata colta l'occasione per effettuare anche altri cambiamenti, accolti tuttavia «a muso duro» dalla minoranza dei privati, sottolinea Guggiari.
Nonostante lo scontro, entrambe le parti premono per una risoluzione del conflitto. «Magari c'è stato un fraintendimento, vedremo di discutere per capire come mai c'è stata questa mano forzata. Immagino ci sia stata un problema di comunicazione, che credo che si potrà ricostruire. Non vogliamo avere dissapori e rovinare un dialogo finora sempre costruttivo» per l'avvocato. «Nessuno mette in discussione il rispetto nei confronti della famiglia Soldati, che mantiene una posizione importante in questa ferrovia, e dei suoi avi» evidenzia invece Zali. Toni conciliatori, anche in vista della giornata di sabato, quando ci sarà la cerimonia ufficiale dei nuovi convogli della Flp e quando le parti dovranno vedersi e stringersi la mano.