Dario Galimberti, architetto e autore del romanzo ambientato nel palazzo abbattuto nel 1961, disegna la planimetria inedita e la regala alla Beni culturali
A sessant'anni dalla sua demolizione, è stata ricostruita la planimetria del castello di Trevano, con tanto di piante facciate e sezioni. L'ha disegnata nel dettaglio l'architetto Dario Galimberti che ha proprio scelto la prestigiosa dimora come luogo per l'ambientazione del suo ultimo romanzo 'La ruggine del tempo' (Libromania, 2021). Dopo la pubblicazione del libro, i disegni sono stati regalati dall'autore all'Ufficio beni culturali del Dipartimento del territorio. Un gesto, il suo, non soltanto lodevole, ma anche significativo perché il disegno è inedito e merita di restare nella memoria storica della collettività. Una memoria che abbiamo ricostruito in estrema sintesi parlando con lo scrittore che è stato per trent'anni responsabile del corso di laurea in Architettura della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (Supsi) e professore in progettazione architettonica.
Come nasce l'idea di disegnare la piantina di un edificio che non esiste più?
La ricerca sul castello l'ho svolta parallelamente alla stesura del romanzo, che è ambientato negli anni Trenta del secolo scorso ed è scritto in chiave 'Cold Case' perché riguarda fatti capitati nel 1881 - risponde Galimberti -. Consideri che a Trevano ho insegnato per trent'anni, sono architetto e ho cominciato a chiedere tracce documentali sul castello. Dall'Ufficio Stabili erariali ho ricevuto documentazione ma non completa, perciò ho adottato la strategia che ho definito filologica: ho ridisegnato tutto. Per le parti senza una traccia, mi sono basato sulle fotografie, le ho messe ‘piane’ e le ho ricalcate. Ho così rivisto l’insieme del castello. Ne è uscita una nuova e inconsueta planimetria e altri inediti particolari che su supporto grafico ho regalato all'Ufficio beni culturali. Un lavoro folle che poteva fare solo un architetto...
Mi sembra che lei non si sia fermato solo al lavoro preparatorio utile come preparazione al romanzo...
«Si è scritto molto in passato su questo castello, poi demolito con l'esplosivo nel 1961. Ho cercato di capire le ragioni che hanno spinto le autorità politiche a prendere quella sciagurata decisione. In base ai verbali, ai messaggi del Consiglio di Stato e ai relativi rapporti commissionali, ho ricostruito anche la storia politica. Lo Stato ne entra in possesso negli anni Trenta».
Da chi venne realizzato?
Fu costruito dal barone russo Pavel Grigor'revic Von Derwies che allora era il segretario privato e il numero due dello Zar. A quei tempi, uno degli uomini più facoltosi d'Europa che si arricchì costruendo ferrovie. Quando arrivò in Ticino, acquistò a Trevano un terreno di 250'000 metri quadrati che comprendeva la Resega e l'attuale galleria Vedeggio-Cassarate. In quegli anni, nel 1871-75, spese 12 milioni di franchi per costruire il castello su un progetto elaborato da diversi architetti tra i quali Bernhard Simon (1816-1900), Antonio Croci (1823-1884) e Giuseppe Bernardazzi (1816-1891). Il risultato fu notevole, tanto che le guide dell'epoca ne decantavano la maestosità e la bellezza, definendolo "il parco più grandioso di tutta la regione dei laghi". In quegli anni, il barone aveva
contribuito in maniera significativa all'economia locale dando lavoro a parecchie persone. Nello stesso periodo, il barone costruì un altro castello simile a Nizza, che i francesi, per loro fortuna, non hanno abbattuto ed ancora oggi ne possono ammirare la bellezza.
Poi cosa successe?
Il barone morì nel 1881. Ci sono due biografie, quella ‘ticinese’, che ho cavalcato nel romanzo, in cui si narra che aveva tre figli. La più giovane, di 14-15 anni, decedette nel 1881 di tetano dopo essere caduta da cavallo. Il padre dal dolore, il giorno dopo, si suicidò gettandosi nel lago dal sasso di Gandria. Questa è la versione romanzata.
Verosimilmente sembrerebbe che l'uomo morì nel suo letto a Bonn. Nel romanzo preciso che esistono queste due biografie. In seguito, il castello di 4'000 metri quadrati venne acquistato da un lionese di nome Louis Lombard. Il castello era rinomato per i concerti tanto che vi suonarono musicisti importanti dell'epoca.
In quali circostanze, il castello e la proprietà diventarono pubblici?
Nel 1927 morì il secondo proprietario. Dopodiché, per una serie di vicissitudini e tasse non pagate, il castello divenne di proprietà pubblica per 250'000 franchi e fu oggetto di svariate discussioni sulla destinazione da conferirgli. Durante la seconda Guerra mondiale, venne utilizzato per ospitare i rifugiati, poi è stato leggermente modificato per farne una colonia estiva. All'epoca, c'era il problema di spazi per la sede della scuola tecnica che era inserita nel Liceo 1 e si pensò di insediarla a Trevano. Ma occorrevano lavori importanti al castello che avrebbero avuto come conseguenza la sua distruzione. Alla fine, purtroppo, venne abbattuto. Dalle foto che abbiamo si capisce che era un capolavoro, all'interno c'erano sale meravigliose, c'era un teatro privato, una sala per la musica con un'acustica eccezionale, dove suonava un’orchestra privata di 40 musicisti.
Per quali ragioni venne demolito?
Dagli archivi, si evince che i politici ticinesi di allora erano vittime dell'utilitarismo, un po' come succede ancora adesso. Dovevano assolutamente farci qualcosa nel castello, invece di mantenerlo così com'era. Allora come oggi, c'è scarsa sensibilità per questi temi. La tendenza è di attribuire un significato utilitaristico a ogni bene, mentre c'erano all’interno del castello delle opere veramente degne di essere conservate. Avrebbe potuto diventare un edificio protocollare per la città di Lugano, avrebbero potuto conservarlo come era. Come luogo per ospitare concerti, inserire una biblioteca o promuovere mostre d'arte. Purtroppo, c'è l'idea che se qualcosa è vecchio, bisogna buttarlo giù. Come successo per il quartiere Sassello. Peccato, nel romanzo cito anche il Ristorante Venezia in salita Chiattone, parte del convento di Santa Caterina e il cinema Odeon in via Peri, sempre a Lugano, anch'essi demoliti. Se non si conserva la propria storia e non si mantengono gli edifici, alla fine si cancella la nostra memoria. Oltretutto, spesso, quello che si costruisce non è per nulla meglio di ciò che c'era. Nella zona del castello, a Trevano, hanno edificato una bella aula magna, senza però un'apertura a sud, mentre il castello aveva in quella direzione la terrazza belvedere con la vista sulla città e sul lago e in una stretta relazione con il paesaggio.
Dario Galimberti è un architetto e risiede a Lugano. Nel 2014 esce il suo romanzo d'esordio: "Il bosco del Grande Olmo" e l'anno successivo "Lo chiameremo Argo". Con Libromania ha pubblicato "Il calice proibito", il racconto "Augusta Raurica", "L'angelo del lago" e "Un'ombra sul lago", vincitore di diversi premi letterari. Sulla rivista Opera Nuova, dedicata ai cambiamenti climatici, ha pubblicato il racconto "La città nel deserto", e in seguito "La storia di come hanno salvato il mondo". Il suo ultimo romanzo è "La ruggine del tempo".