Si delineano in aula penale a Lugano gli abusi sessuali compiuti dall'ex allenatore dell'Hcl su alcuni ragazzini. Fra questi, anche il figlio.
Invitava ragazzini a casa, dove potevano giocare, bere alcolici e guardare film pornografici. E dove sarebbero avvenute le molestie sessuali delle quali è accusato il 57enne ex aiuto allenatore delle giovanili dell'Hockey Club Lugano (Hcl). Ambiente dal quale provenivano le giovani presunte vittime. Tutte tranne una: il figlio, che per primo ha subito gli abusi dell'uomo a processo oggi alle Assise criminali di Lugano.
Durante l'interrogatorio condotto dal presidente della Corte Mauro Ermani stanno emergendo i contorni di quanto commesso dall'ex municipale di Canobbio, arrestato nell'autunno del 2016 dopo che i fatti sono emersi in famiglia. L'uomo appare parzialmente reo confesso. Ammette in particolar modo gli abusi commessi sul figlio, iniziati quando quest'ultimo aveva soltanto nove anni e commessi in ambito domestico, quando la madre era in un altro Paese. Da iniziali toccamenti si è passati al sesso orale fino ad arrivare alle penetrazioni. Un centinaio di atti sessuali corrispondenti a una quarantina di episodi, durante sei mesi circa ormai vent'anni fa. «Sono reati molto condannati socialmente, anche più di altri puniti più severamente dal Codice penale, proprio perché hanno come vittime bambini indifesi. Non ha mai pensato che suo figlio fosse indifeso?» gli ha chiesto il giudice. «No, penso che non mi rendevo conto. Spesso ci penso e probabilmente sì era indifeso», la replica.
In effetti, in aula si è parlato a lungo del percorso psichiatrico intrapreso dall'imputato in carcere – due anni e mezzo circa in prigione tra carcerazione preventiva ed esecuzione anticipata della pena –, che sta continuando anche ora che è a piede libero. «Sono una brutta persona per quello che ha fatto – ha confessato – Ho capito di aver fatto un grandissimo errore ma sono soddisfatto del percorso che sto facendo e non so se posso fare qualcosa a favore delle vittime». L'uomo ha inoltre ammesso di soffrire di pedofilia: «Un bambino non può subire queste cose, perché può avere dei problemi che si ripercuotono poi sulla sua vita. Si va a turbare la sfera sessuale e lo sviluppo del bambino». Malgrado questa consapevolezza, sono numerosi i vuoti, i silenzi, i «non ricordo», nella sua ricostruzione.
E questo vale in particolar modo per gli atti compiuti con i giovani giocatori. Molestie meno pesanti, fatte più che altro di toccamenti, che tuttavia l'accusato contesta. Secondo l'atto d'accusa stilato da Chiara Borelli, mentre i ragazzini – tra i 12 e i 14 anni – guardavano film porno, l'uomo avrebbe allungato le mani. Ma il 57enne nega, dicendo che quando questo avveniva lui li lasciava soli. Le presunte molestie sarebbero state invece più pesanti nei confronti di uno di questi ragazzi in particolare. Un giovane con una situazione famigliare delicata e socialmente non molto integrato, con il quale l'imputato ha stretto un rapporto molto stretto, aiutandolo nello sport e con la scuola. Un legame grazie al quale l'allenatore era diventato un punto di riferimento imprescindibile per il ragazzino. Un legame del quale l'uomo avrebbe approfittato, andando oltre i toccamenti fino ai rapporti orali. E quando questo rapporto si è interrotto, il 57enne avrebbe reagito molto male, scrivendo messaggi a mesi di distanza al 13enne che si era allontanato.
Il procedimento continuerà nel pomeriggio, con la requisitoria della pp e con l'arringa del difensore Roberto Rulli.