La Corte ha predisposto un trattamento stazionario in struttura chiusa per la 30enne che appiccò l'incendio nella pensione dopo la morte di Matteo Cantoreggi
Sarà trasferita in una struttura chiusa per un trattamento stazionario la 30enne che ha appiccato un incendio alla pensione La Santa di Viganello il 28 dicembre 2019. La Corte delle Assise criminali di Lugano presieduta da Mauro Ermani ha quindi accolto l'istanza di adozione di misure terapeutiche formulata stamattina dal procuratore pubblico Pablo Fäh. «Che non sia imputabile lo dice la perizia giudiziaria – ha ricordato il giudice –, la sua capacità di valutare quanto stava facendo era completamente inesistente. Tuttavia, visto il suo vissuto e i suoi precedenti i tempi non risultano maturi per un suo trasferimento in una struttura aperta». Decidere concretamente riguardo a quest'ultimo aspetto toccherà tuttavia al Giudice dei procedimenti coercitivi: l'imputata pertanto è stata riaccompagnata al penitenziario in attesa che venga presa la decisione su luogo dove la donna dovrà affrontare il trattamento stazionario ordinatole.
Ermani ha poi brevemente ricordato quanto avvenuto quella notte, dinamica per altro già a grandi linee tracciata stamane. Qualche dettaglio in più tuttavia è emerso: oltre al forte abuso di alcol, la giovane avrebbe fatto uso anche di cocaina in un noto locale notturno e nelle ore precedenti all'incendio avrebbe manifestato a più d'un amico l'intenzione di voler dar fuoco alla pensione, esternazioni che tuttavia non sarebbero state prese sul serio. Come sappiamo, l'imputata è poi passata dalle parole ai fatti. «Questa Corte non ha dubbi sul fatto che sia stato almeno incendio intenzionale, ossia un crimine – ha precisato Ermani: seppur non sia stata pronunciata una condanna vera e propria, il giudice ha voluto far chiarezza sulla qualifica giuridica dato che l'accusa aveva ipotizzato diversi reati –. È evidente che il fuoco da lei appiccato non solo ha causato danni materiali ma ha seriamente messo in pericolo l'incolumità delle persone».
A pesare sulla decisione della Corte alcuni elementi emersi durante l'interrogatorio: «L'imputata ha scarsa coscienza del proprio disturbo, sottovaluta la problematica relativa all'uso di alcol. La strada appare ancora molto lunga. In passato diverse misure sono fallite, a seguito di frequenti fughe dell'imputata e il giudizio che la stessa dà riguardo alle prese a carico meno custodialistiche non è positivo. I progressi sono avvenuti in un ambiente estremamente contenitivo, che non rendono maturo in un suo trasferimento in una struttura aperta. Inoltre, purtroppo non è nuova ad appiccare il fuoco in situazioni di stress psicologico». La Corte ha infine concordato con l'avvocata Alessia Angelinetta sulla necessità di una psicoterapia seria e strutturata da effettuare in una struttura adeguata e non in carcere.