È stato condannato a 2 ani e 8 mesi dalle Assise criminali ticinesi: il primo colpo lo commise nel Cantone
Mezzo milione di franchi in una quindicina di colpi, commessi in tre anni nei quattro angoli della Svizzera fino all'arresto lo scorso agosto. Era una concreta minaccia per i negozianti, specie garagisti, nelle regioni di confine del territorio elvetico il 31enne lituano condannato a 2 anni e 8 mesi dalla Corte delle Assise criminali, per furto aggravato e vari reati commessi a bordo guida di veicoli rubati con targhe pure sottratte ad altri veicoli.
Un delinquente givoane ma già incallito questo lituano, già finito più volte in prigione nel suo Paese, e poi nelle carceri di mezz'Europa: Svezia - dove era stato condannato anche per rapina a mano armata - Belgio, Finlandia - 4 anni di galera per 64 furti - e Francia, ad esempio.
Cosa ci fa adesso in Ticino? Il primo furto contemplato nell'atto d'accusa avvenne in questo cantone, ai danni di un privato, a Bellinzona nel 2017, cui vennero sottratti orologi e altri beni per 700 franchi. Poca roba, ma abbastanza per attirare sulla schiena della giustizia ticinese l'intera vicenda, svoltasi per la maggior parte nei cantoni di Soletta, Basilea campagna, Giura, Zurigo e Vaud e Friborgo. Case private e negozi i bersagli, spiccano per entità del danno il colpo al concessionario Ktm di Rarmiswil, quasi 100mila franchi (tra cui 5 moto) e allo Sportshot di Laufen, dove sottrasse la bellezza di 2'724 articoli sportivi per 65mila franchi, successivamente ritrovati in Olanda, o acora l'assalto al Mediamarkt di Granges. Due le auto di lusso, poi recuperate, una Mercedes Amg (120mila franchi) e una Aston Martin Db9 (79mila franchi). Macchine usate, come pure un furgone, scambiando le targhe, a loro volta sottratte, nelle scorribande attraverso l'altopiano svizzero secondo una tattica da 'mordi e fuggi': il colpo e poi subito la fuga all'estero. A un posto di blocco, nel canton Vaud, qualcuno a bordo di una macchina rubata finse di fermarsi, poi di colpo accelerò e fuggì inseguito dai gendarmi attraversò il confine. Per questa manovra l'imputato nel dubbio è stato assolto, sebbene a bordo vi fossero sue tracce .Verificata e ammessa invece la manovra simile che compì in sella a una Vespa, che avrebbe nemmeno potuto guidare essendo sprovvisto della patente per le moto. Un bandito solitario? No, vi erano dei complici, "ma non posso dire chi sono, sono stato minacciato" ha risposto in aula.
Resta la domanda di fondo: ha senso che tutto ciò abbia tenuto impegnata non poco la giustizia ticinese. Il procuratore pubblico Moreno Capella, che si è dovuto arrangiare in un collage di inchieste svolte più o meno accuratamente dalle diverse polizie cantonali. . "Sono le regole del Foro che hanno imposto ad andare in giro per la Svizzera a raccogliere i risultati dell'inchiesta. Il Ministero pubblico del Canton Ticino no nè sempre disposto a fare le inchieste per gli altri, a volte si chiedono gli atti, così spesso negli ultimi giorni prima del processo si affannano. A volte abbiamo la tendenza a criticare le inchieste di polizia nostra, ma andando a vedere non è che in altri cantoni vada meglio". Il pp ha parlato di una "azione più o meno concertata da una organizzazione, coi burattini che scorrazzando per l'Europa, ma è un'impressione." Dei professionisti, "l'imputato dimostra di conoscere abbastanza bene di conoscere i limiti delle procedure, la regola del in dubio pro reo, le difficoltà nell'inchiesta che gli possono giocare a favore. Quando dice 'non ricordo', lo sa perché lo dice, così come le ammissioni avvenute solo oggi sembrano studiate e calcolate".
Per finire la Corte presieduta dal giudice Marco Villa ha ammesso quasi interamente l'atto d'accusa, salvo alcune assoluzioni su singoli episodi non sufficientemente provati. Ridotta di conseguenza la richiesta di pena (erano 35 mesi) ma anche se reticente e astuto il lituano è stato incastrato dalle numerose tracce (impronte, dina) lasciato su auto e oggetti. Non vi è perciò stata l'ingente riduzione della pena richiesta dal suo difensore, l'avvocata Clarissa Indemini, che ha descritto il suo ciente come "un ragazzo nato in un paese povero, cresciuto da un unico genitore, che già in giovane età per sopravvivere si è dovuto confrontare col mondo della criminalità. Un ragazzo che vive sotto minaccia, nella paura. Stiamo facendo i conti senza l'oste, nel processo di oggi mancano altre persone. Teme per la sua integrità fisica. Reati ammessi per paura".
E il 31enne lituano: alla fine ha dichiarato: "mi pento per tutto quello che ho commesso e buona fortuna a tutti quanti".Per un po' non si dovrebbe più rivedere in Svizzera, grazie anche all'espulsione per 8 anni.