L'avvocato del 38enne iracheno respinge l'accusa di tentato omicidio intenzionale: non ha mai messo in conto di uccidere il suo connazionale
Non si è trattato né di tentato omicidio intenzionale né di lesioni gravi, bensì di lesioni semplici qualificate. Così, dopo la richiesta formulata in mattinata dalla pubblica accusa - 6 anni e mezzo di carcere ed espulsione dalla Svizzera - l'avvocato Niccolò Giovanettina in difesa del 38enne iracheno in aula davanti alle Assise criminali di Lugano per rispondere dell'accoltellamento di un suo connazionale 36enne, ha qualificato il reato al centro del processo, chiedendo alla Corte una pena massima di 12 mesi sospesi con la condizionale.
«Quel giorno (il 20 luglio 2020, nei posteggi del supermercato Aldi di Pregassona, ndr.) il mio cliente ha sbagliato» - ha esordito il legale, che ha qualificato la vicenda, «una storia senza logica e dal movente poco chiaro, dove né vittima né imputato hanno saputo fornire spiegazioni chiare». «I testimoni - ha proseguito l'avvocato di difesa - ci aiutano poco nella ricostruzione della dinamica. E l'atto d'accusa è ricostruito soprattutto sulle dichiarazioni della vittima» - ha detto il legale, che ha aggiunto: «Non è stato un agguato dell'imputato, bensì una colluttazione».
Secondo la difesa, «i quattro testimoni oculari raccontano solo sprazzi di episodi. Uno di questi dice che dapprima i due soggetti visti si spintonavano, poi erano a terra nel sangue...». Secondo il legale è vero che le versioni date dall'imputato sono contraddittorie, ma questo non deve portare a concludere che l'imputato abbia messo in conto di uccidere il suo connazionale. «Non c'è nessuna intenzione. L'incontro all'esterno del supermercato è stato richiesto dalla vittima e non pianificato dall'imputato. Il coltello è un apri pacchi presente in un portachiavi. Se voleva fare del male, perché non lo ha aggredito a casa sua? Non c'è premeditazione».
L'avvocato di difesa Niccolò Giovanettina ha poi analizzato la ferita inferta dall'autore, «che non è considerata letale, a dire del perito legale. È vero che il rischio potenziale c'era». L'imputato - sono sempre parole del legale - non ha esercitato particolare forza. E anche dopo la colluttazione: resta sul posto e consegna l'arma: non è questo il comportamento di chi considera la morte della sua vittima. L'autore è rimasto immobile e ha chiamato la polizia». La difesa ha pure contestato l'espulsione proposta dalla pubblica accusa.
Il rappresentante dell'accusatore privato, avvocato Simone Creazzo, nel suo intervento ha dal canto suo posto in rilievo le numerose contraddizioni dell'imputato, fra cui quella che l'aggressione sarebbe avvenuta a terra, con la vittima sopra di lui; mentre le testimonianze raccolte dagli inquirenti, specie quella della donna che è riuscita a convincere l'autore dell'attacco a farsi consegnare il coltello, rivelano invece che l'accoltellamento è avvenuto mentre i due erano in piedi. Il legale ha evidenziato che il 38enne iracheno ha accettato in mente sua che la morte potesse prodursi. «La ferita è avvenuta poco distante dalla carotide, che comporta la morte in dodici secondi». L'avvocato Creazzo ha inoltre riferito della propensione violenta dell'imputato, che già in passato avrebbe compiuto altre aggressioni con il coltello. La Corte ha annunciato per domani alle 10.30 la comunicazione della sentenza.