Enzo Lucibello, presidente della Disti, tranquillizza la cittadinanza e la clientela scioccata dal fatto di sangue avvenuto martedì alla Manor
Il doppio accoltellamento messo in atto da una donna di 28 anni martedì scorso al quinto piano della Manor di Lugano ha suscitato incredulità e ha spaventato la cittadinanza. Il fatto che l'aggressione sia avvenuta attraverso un coltello da cucina appena acquistato nel grande magazzino rappresenta un altro elemento che potrebbe mettere a repentaglio il senso di sicurezza percepito dalla clientela. Non un buon segnale per i piccoli e grandi commercianti già confrontati con le misure restrittive introdotte a causa della pandemia di Covid-19 che stanno comunque influenzando negativamente le cifre d'affari di questo anno particolarmente travagliato. Ne abbiamo parlato con Enzo Lucibello, presidente dell'Associazione dei grandi distributori ticinesi (Disti) che tuttavia relativizza.
«Non possiamo essere nella testa delle persone né prevenire tutto quanto può succedere, senza rinunciare a delle libertà come quella di acquistare un coltello da cucina - afferma il nostro interlocutore che sottolinea il fatto che l'esecutore materiale di questo gesto sconsiderato sia stato fermato quasi subito -. Da questo punto di vista, la sicurezza per i clienti è stata garantita. I servizi di soccorso e i dispositivi di polizia, intervenuta celermente sul luogo, hanno funzionato». Insomma, tutti i fattori di sicurezza hanno risposto in tempi brevissimi consentendo la consegna dell'accoltellatrice alle forze dell'ordine. Non le pare troppo facile l'acquisto di un oggetto poi usato come arma? «A questo punto ci dovremmo porre problemi anche per numerosi i coltelli da cucina che ognuno di noi tiene in casa - osserva Lucibello -. Un coltello non è una pistola né un mitragliatore, non è un'arma finalizzata a fare del male alle persone. Chiaro che dipende dall'uso che se ne fa, ma allora anche un martello potrebbe creare problemi. Secondo me dobbiamo cercare di relativizzare questo episodio, altrimenti dovremmo mettere i coltelli, come tanti altri accessori, sotto chiave».
Diverse persone martedì in piazza Dante hanno commentato quanto successo evocando la paura di fare acquisti. Secondo lei, occorrono ulteriori misure per incrementare la sicurezza? «Ritengo che siano reazioni comprensibili legate all'emozione del momento - risponde Lucibello -. Ero sul posto anche io martedì: la direzione della Manor ha reagito tempestivamente, dopo tre minuti gli agenti di polizia stavano già ammanettando la donna. La persona è stata fermata quasi subito e questo è un elemento importante e rassicurante. Dobbiamo anche fare attenzione su che tipo di controllo si vorrebbe introdurre perché, lo ripeto, limitare la libertà di tutti per evitare che qualcuno faccia un gesto sconsiderato è complicato e renderebbe la vita impossibile. Non possiamo avere a disposizione un poliziotto per ogni persona. Ritengo che la sicurezza sia garantita, quello di martedì è il primo fatto del genere capitato in Ticino. D'altra parte, n questo periodo, come negli anni scorsi, la Polizia incrementa i livelli di servizio, più di così è difficile fare».
La 28enne autrice dell'accoltellamento avvenuto alla Manor di Lugano martedì è stata trasferita a Berna per essere sottoposta a gli interrogatori degli inquirenti. Le accuse formalizzate nei suoi confronti dalla Procura federale, lo ricordiamo, sono quelle di tentato omicidio intenzionale e violazione della Legge federale che vieta i gruppi al Qaida e Stato islamico. La giovane abita a Vezia e convive con un importante disagio psicologico ed è seguita da ben due psichiatri. Avrebbe detto di considerarsi una jihadista convinta, però il suo grado di radicalizzazione è al vaglio degli inquirenti. Un dato di fatto è il suo tentativo di raggiungere la Siria nel 2017, per affiancare un combattente del sedicente Stato islamico conosciuto tramite i social e del quale ha sostenuto di essersi innamorata. Ma il suo viaggio è terminato in Turchia dove è stata arrestata e rimpatriata. Allora il Ministero pubblico della Confederazione aveva rinunciato a perseguirla in mancanza di elementi concreti di reato. La 28enne aveva poi fatto perdere le proprie tracce. Per ora, nelle indagini non appare nemmeno il marito della donna, un cittadino afghano che non figura più quale residente in Svizzera dal 2015 e dal quale lei aveva l'intenzione di divorziare.