Una 55enne alcolista condannata alle Criminali di Lugano per sei incendi. Una vita costellata di lutti. Ordinato un trattamento di cura stazionario
«Ero arrabbiatissima, forse con me stessa. Non ammettevo di essere una alcolista. Quando passo la misura non capisco più niente e gli incendi mi sembravano dare forza. Gli incendi erano un grido di aiuto per attirare l'attenzione». Così una 55enne luganese, in aula nel pomeriggio davanti alla Corte delle assise criminali, reo confessa, ha raccontato i motivi che l'hanno indotta a compiere sei incendi boschivi, il più ampio dei quali di 20 mila metri quadri, e un tentantivo di incendio, prevalentemente nei boschi di Sonvico. Finché lo scorso 14 aprile è stata arrestata e a quel punto ha vuotato il sacco.
Una vita decisamente costellata di dolori - la perdita di una sorella, negli anni Novanta, che ha coinciso con l'inizio dei problemi di alcol, la morte del marito e della madre. Vari tentativi di cure, un'alcolemia che perdura da quasi trent'anni, cadute e ricadute. Secondo il perito psichiatrico la donna era in grado di capire il carattere illecito delle sue azioni, eppure... La donna soffre di un disturbo borderline di personalità. In aula l'imputata, in lacrime, ha dichiarato: «Voglio guarire. So che non sarà un percorso facile». La Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, ha pronunciato nei confronti della donna una condanna di 4 anni. Pena sospesa per consentire un trattamento stazionario per permettere alla donna di curarsi dall'alcol e dal disturbo psichico.
La pp Pamela Pedretti, durante la sua requisitoria, ha sottolineato come per fortuna gli incendi boschivi non abbiano causato né feriti né danni alle abitazioni. Ha bruciato anche una palma di una vicina, una sorta di astio nei confronti dei proprietari di un rustico. «Quando beve, l'imputata diventa un'altra persona. "Evacuare una rabbia interna non elaborabile", ha spiegato. La donna ha subìto diversi lutti - ha riconosciuto il magistrato - ma questo non può giustificare le sue azioni. Ha inoltre guidato a più riprese l'auto «in stati pietosi di alcolemia». La perizia psichiatrica agli atti si conclude per una lieve scemata responsabilità nei confronti della donna. La pp ha proseguito: «La speranza è che abbia finalmente compreso di necessitare di aiuto, per non ricadere e finire di nuovo in carcere. La pp ha proposto una condanna di 3 anni e 6 mesi di carcere e un trattamento stazionario come indicato dal perito e non si è opposta alla sospensione della pena per dar luogo alle cure della 55enne.
Dal canto suo l'avvocatessa di difesa, Maddalena Gabrielle, ha posto in rilievo nella sua arringa i gravi problemi di alcolemia che affliggono la propria assistita: «Il percorso terapeutico l'ha portata a prendere consapevolezza del proprio problema, anche se è appena agli inizi della propria terapia. Si era sentita molto realizzata quando ha svolto la volontaria in una casa per anziani, ma l'alcol e un vittimismo costante nonché il lockdown che hanno portato alla chiusura della struttura agli esterni, l'hanno indotta a ricadere nell'alcol e a compiere nuovi incendi. È una persona molto fragile. La principale sanzione deve essere la cura e una presa a carico psichiatrica. Una pena, che chiedo non sia superiore ai 18 mesi sospesi, non sarebbe utile, come dice lo stesso perito, ad aiutarla». L'imputata, trattenendo le lacrime, al termine del processo ha letto una lettera ai giudici, chiedendo scusa e promettendo di non commettere più reati.