Chieste a Zurigo pene fra i 5,5 e i 7 anni a carico dei tre dei quattro presunti membri della banda arrestati dalla Polizia cantonale
Tre dei quattro presunti membri della banda balcanica di rapinatori di gioiellerie denominata "Pink Panther", arrestati nel febbraio 2018 a Pregassona dalla Polizia cantonale, sono da oggi a processo davanti al Tribunale distrettuale di Zurigo. Pochi giorni dopo l'arresto, un 37enne cittadino croato, un 38enne bosniaco, un 39enne croato e un 41enne serbo vennero trasferiti in diverse prigioni della città sulla Limmat e l'inchiesta passò nelle mani della procura zurighese che come primo passo chiese per tutti la detenzione preventiva. Come si ricorderà, il quartetto si stava preparando a mettere a segno una rapina contro uno o più obiettivi nel centro di Lugano, in via Nassa e a Gstaad (Be) come emerse successivamente. La notizia face scalpore siccome il nome della banda, formata da ex militari dei Balcani è nota per rapine spettacolari effettuate in gioiellerie di tutto il mondo.
La polizia li aveva sorvegliati per mesi ed era riuscita a piazzare un microfono nella loro auto, sentendo così i piani malavitosi riguardanti il colpo nel centro di Lugano. L'atto d'accusa mostra quanto meticolosamente agivano i tre nei preparativi del colpo: hanno spiato per giorni i negozi presi di mira, hanno organizzato via internet l'affitto di un appartamento adeguato nei pressi del confine per nascondersi dopo la rapina e si sono procurati, a Milano, armi e targhe false. I tre scooter con cui volevano fuggire dopo la rapina pianificata a Lugano sono invece stati organizzati in luoghi diversi, tra cui Zurigo, mentre il furgone con cui volevano portarli in Ticino è stato noleggiato nel canton Sciaffusa. Non solo. La banda ha effettuato vari viaggi di prova con gli scooter, ha percorso il centro di Lugano a piedi, sperimentato la via di fuga e visitato a più riprese le gioiellerie prese di mira, in modo da capire quante persone vi lavorassero e quali dispositivi di sicurezza vi fossero. Ancor prima del colpo previsto a Lugano, due di essi hanno "ispezionato", sempre con le stesse modalità, una gioielleria a Gstaad. Sarebbe stata la prossima sulla lista di quelle che volevano derubare. Nel giorno in cui avevano programmato la rapina in via Nassa la polizia canzonale li ha però arrestati. Poi sono stati trasferiti in diverse prigioni zurighesi.
Il ministero pubblico zurighese chiede per i tre imputati pene detentive comprese tra cinque anni e mezzo e sette anni, l'espulsione dalla Svizzera per dieci e quindici anni e pene pecuniarie di 30 aliquote giornaliere per tentata rapina e altri delitti. L'espulsione va iscritta nel sistema d'informazione di Schengen: i tre non potrebbero più entrare in nessun paese dello Spazio di Schengen. Gli avvocati hanno invece sostenuto che i loro assistiti non sono membri dei "Pink Panther", ma solo semplici turisti del crimine. Per il 39enne, il legale ha chiesto una pena detentiva di due anni sospesa con la condizionale, mentre i difensori del 42enne e del 44enne hanno invocato l'assoluzione. In aula i tre - con le manette ai polsi e alle caviglie - hanno negato tutte le accuse mosse nei loro confronti. La sentenza è attesa per domani pomeriggio. Un quarto membro della banda arrestato a Pregassona sarà processato separatamente perché, invece, ha confessato la tentata rapina.
Da anni i Pink Panther compiono, in diverse formazioni, rapine spettacolari in gioiellerie di tutto il mondo. La banda criminale formata da ex militari dei Balcani avrebbe collegamenti fino agli alti livelli in ambienti della politica e della polizia. Caratteristica è la preparazione meticolosa dei colpi e la loro rapida attuazione in piccoli gruppi, in cui ognuno ha un ruolo preciso. Ma perché Pink Panther (Pantera rosa)? Il nome fu affibbiato alla banda dagli inquirenti inglesi in seguito a un colpo messo a segno nel 2003 a Londra: in quell'occasione i poliziotti di sua Maestà trovarono una pietra preziosa nascosta in una confezione di crema per il viso, proprio come nel film "La pantera rosa" del 1963. Il nome sembra piacere agli stessi rapinatori, che in alcuni casi hanno indossato delle camicie di color rosa durante le rapine.