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L'indagato luganese: 'Anello? Un caro amico, ma sono tranquillo'

Blitz anti-mafia, il 59enne nega i legami con la 'ndrangheta: 'Tutto quello che ho è frutto del mio lavoro onesto'

Il 59enne è stato prelevato nella notte (Ti-Press)
21 luglio 2020
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«Volevano girare un film e avevano bisogno di un attore e hanno scelto me. Però senza dirmelo. Ho letto la sceneggiatura, ho risposto alle domande e mi hanno rimandato a casa». La mette sul ridere il 59enne del Luganese prelevato la scorsa notte da casa nell'ambito dell'operazione 'Imponimento', maxi blitz anti-mafia. «Rido per non piangere» puntualizza però, da noi sentito al rientro all'abitazione, dopo aver passato svariate ore a rispondere alle domande degli inquirenti.

Rocco Anello? 'Un carissimo amico. Quel che fa non mi riguarda, non ne sono al corrente'

Come emerge dagli incarti congiunti di Ministero pubblico della Confederazione e Procura di Catanzaro, gli inquirenti sospettano l'uomo in particolare di aver agito quale prestanome, facendosi intestare beni e attività in realtà appartenenti alla cosca mafiosa del boss calabrese Rocco Anello. «Sì, lo conosco, è un mio carissimo amico, non posso negarlo. Come conosco altre persone di cui mi hanno chiesto – ammette l'indagato –. Sono amici coi quali vado a bere o mangiare qualcosa, qui o in Calabria, e poi ognuno per la sua strada. Quel che fanno non mi riguarda e non ne sono al corrente».

In casa una pistola e un fucile, 'regolarmente dichiarati'

Pur ostentando tranquillità, l'operazione di polizia un segno in casa l'ha lasciato. «Stavamo dormendo, sono arrivati qui alle 3 e sembrava che dovessero catturare Saddam Hussein, erano in 20 o in 30. Hanno messo le manette a me, a mia moglie, ai miei figli. Sembrava un film dell'orrore. Non mi hanno detto cosa cercavano, mi hanno chiesto se avevo in casa droga, soldi falsi, armi». E delle armi dagli agenti sono effettivamente state trovate in casa: «Una pistola e un fucile, ma regolarmente dichiarati».

'Tutto quel che ho è mio e frutto del mio lavoro onesto'

Al telefono il dipendente di un Comune alle porte di Lugano ribadisce la sua estraneità ai fatti, anche quando proviamo a contestargli alcune delle accuse mosse dagli inquirenti sulla sua presunta attività da prestanome relativamente a dei terreni e a un frantoio in Calabria. «Quale frantoio? Oggi non me ne hanno parlato. Quello che ho è tutto mio ed è tutto frutto del mio onesto lavoro, mio e della mia famiglia. Vivo in Svizzera da 42 anni e ho sempre lavorato onestamente. Le ripeto: io mi sento sicuro, so che è qualcosa che non mi riguarda, che non ho commesso alcun reato, mi sento pulito. In futuro parleranno le carte».

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