Diciannovenne recidivo colleziona la sua terza condanna alle Criminali di Lugano. Piena ammissione, ma i giudici non gli accordano più fiducia
«Ho superato i limiti, io e i miei famigliari stiamo malissimo». Droga, furti, una rapina nella pensione La Santa di Viganello la notte del 2 ottobre 2019, il luogo tristemente noto per il delitto avvenuto il 17 dicembre dello stesso anno. Appena 19 anni e già alla sua seconda volta in carcere e alla terza condanna, se si conta anche quella pronunciata dalla Magistratura dei minorenni dell'aprile di un anno fa. Riporre nuovamente fiducia nell'imputato? Credere alle sue ripetute e finora disattese promesse di voler smettere di compiere reati? Sono queste le domande centrali alle quali ha dovuto rispondere oggi la Corte delle assise criminali di Lugano, presidente il giudice Marco Villa, nel processo a carico di un giovane del Luganese.
I giudici non gli hanno accordato fiducia al giovane, la prognosi è assolutamente negativa per l'alto rischio di recidiva, ha evidenziato il presidente della Corte, pronunciando nei confronti dell'imputato una pena unica, che tiene conto delle precedenti condanne, di complessivi 24 mesi da espiare. Inoltre la Corte ha ordinato un trattamento ambulatoriale.
L'imputato durante il dibattimento ha ammesso ogni singolo reato, confermando integralmente i contenuti dei due atti d'accusa. Il 19enne, classe 2000, è stato riconosciuto colpevole di rapina: mentre era "strafatto" di cocaina, lo scorso autunno ha rubato il portamonete di un ospite della pensione di Viganello e, sorpreso dalla vittima, si è difeso torcendogli un braccio, come hanno potuto documentare le immagini della videosorveglianza, riportando alla memoria dell'autore le sue responsabilità che durante l'inchiesta aveva dimenticato per il grave stato in cui si trovava al momento di compiere il 'colpo'. Oltre alla rapina, diversi furti con scasso, compiuti con una precisa finalità: sostenere finanziariamente il proprio consumo di droga, dal momento che non lavorava. Il giovane ha inoltre trafficato, spacciando a più consumatori, una trentina di grammi di cocaina, una quarantina di grammi di marijuana e una decina di pastiglie di Xanax. Quanto ha deluso inquirenti e Corte è stato il suo nuovo rifiuto a voler intraprendere un trattamento stazionario in una comunità per allontanarsi definitivamente dalle droghe. «Non ho bisogno di cure, non ho bisogno di nulla», ha ribadito il 19enne.
La pubblica accusa, sostenuta dalla procuratrice pubblica, Pamela Pedretti, aveva richiesto una pena unica di 27 mesi di carcere, comprese le revoche delle precedenti pene sospese. La difesa, rappresentata dall'avvocatessa Chiara Buzzi, aveva richiesto invece ai giudici di considerare diverse attenuanti a favore dell'imputato, prima fra tutte la sua giovane età. «La prognosi non è completamente negativa», ha evidenziato la legale d'ufficio, battendosi per una pena massima di 24 mesi, di cui la metà al beneficio della sospensione condizionale.