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Storia dell'idroelettrico in Vallemaggia. E non è finita qui...

I 75 anni dello sfruttamento dell'acqua in un libro, al quale farà seguito una mostra a Cevio. Con Vitta e con il direttore Ofima le prospettive future

Genazzi, Vitta e Regolatti alla centrale Ofima di Brissago
(Foto Pedrazzini)
25 novembre 2024
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“Lo sfruttamento idroelettrico della Maggia. Metamorfosi di una valle” è il titolo di un libro edito dal Museo di Valmaggia (che ha sede a Cevio) e stampato da Armando Dadò, tipografia Stazione a Locarno. In totale più di 250 pagine, con i contributi di una ventina di autori e con decine di fotografie. Materiali importanti, che ripercorrono 75 anni di storia, senza calcare la mano sulla nostalgia: una narrazione che intreccia economia, ambiente e antropologia, esaminando le sfide passate e quelle future di un territorio segnato da profonde trasformazioni e ritrovatosi al centro di questioni energetiche cruciali a livello nazionale. Il libro racconta – in alcuni casi in chiave positiva, in altri ricordando le critiche sollevate in Vallemaggia – le vicende legate alla realizzazione di dighe, gallerie e centrali idroelettriche. Cantieri monumentali che tra il 1950 e il 1966 hanno trasformato un vasto territorio.

Venerdì pomeriggio, alla centrale di Brissago, la pubblicazione è stata presentata ai media. Il presidente del Museo di Valmaggia e curatore del volume, Elio Genazzi, ha sottolineato che il libro costituisce la prima pietra sulla quale verrà costruita una mostra che sarà inaugurata alla sede espositiva di Cevio nel corso della prossima primavera e che sarà visitabile per un biennio; sarà accompagnata da incontri, dibattiti e da visite guidate non solo nelle sale museali ma anche sul territorio. La presentazione al pubblico del libro è invece in programma giovedì 28 novembre, alle 20.15, nella sala conferenze del Centro scolastico dei Ronchini di Aurigeno. Il volume sarà messo in vendita a un prezzo speciale di 35 franchi (altrimenti sono 40, nelle librerie del cantone, presso l’editore o al museo).

All’incontro con i giornalisti è intervenuto il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta, direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, pure autore della prefazione della pubblicazione. Nel suo intervento ha sottolineato come gli impianti della Vallemaggia contribuiscano in modo importante alla produzione cantonale e nazionale di energia idroelettrica, coprendo quasi la metà del fabbisogno del Ticino. «Garantiscono inoltre un centinaio di posti di lavoro e permettono di mantenere sul nostro territorio competenze importanti».

Le acque torneranno al Cantone

Vitta ha pure posto l’accento sulla scadenza delle concessioni per lo sfruttamento idrico: «Il Cantone ritornerà proprietario delle acque. Verrà data continuità all’utilizzo degli impianti, ma sotto un altro cappello e un’altra direzione, con una gestione a favore di tutta la popolazione». Il Ticino, ha ricordato, produce annualmente quasi 3’800 GWh di energia idroelettrica: «È il terzo produttore a livello svizzero, dopo Vallese e Grigioni. L’idroelettricità rimane un pilastro, anche pensando alla Strategia energetica 2050 della Confederazione. Inoltre permette di dipendere meno dalle forniture di fonti dall’estero».

Infine, accennando al previsto innalzamento della diga del Sambuco: «Il progetto è stato riconosciuto a livello federale come uno dei 15 principali e sarà quindi fra i primi a essere realizzato. Molte le sfide che ci attendono nei prossimi anni. Chi leggerà questo libro troverà un pezzo della storia del cantone, con progetti che hanno dimostrato solidità e durata nel tempo».

Opere colossali tra benefici e controversie

Genazzi ha aggiunto: «Nel 2024 ricorrono i 75 anni dell’avvio dei lavori idroelettrici della Maggia: un intervento che ha trasformato la valle, portando sviluppo economico e nuove infrastrutture, ma anche accese controversie su espropri, impatti ambientali e benefici fiscali. Gli impianti, da opere invasive, sono divenuti simboli di efficienza e sicurezza, contribuendo a mitigare eventi estremi e valorizzando il territorio. A partire dall’aprile 2025 e per due anni, fino all’ottobre 2026, il progetto sarà completato con una mostra temporanea il cui allestimento si terrà presso la sede 2 del Museo».

Il direttore dell’Ofima Marco Regolatti, che pure ha firmato una prefazione del volume, ha evidenziato come la scelta del Museo di Valmaggia di affrontare il tema della costruzione degli impianti idroelettrici della Vallemaggia con una pubblicazione e con una mostra, cui Ofima ha contribuito non solo finanziariamente ma anche con testi, informazioni, dati e documenti storici, sottolinei l’importanza che rivestono gli impianti idroelettrici per la Vallemaggia e per l’intero cantone. E ancora: «Vari contributi all’interno del libro ricordano come la costruzione degli impianti abbia rappresentato una svolta epocale per la vita della valle e per l’economia. Non solo ha dato al Ticino e a tutta la Svizzera una fonte di energia elettrica sicura, economica ed ecologica, ha portato anche nuove infrastrutture, benessere, numerosi posti di lavoro e generato un indotto per l’economia locale: da una parte con gli introiti fiscali non indifferenti, sui quali il Cantone e i Comuni possono contare ancora oggi, dall’altra con costanti investimenti sulle infrastrutture, che ammontano mediamente a 20-30 milioni di franchi annui».

Ofima e territorio, ‘legame indissolubile’

Ha poi concluso: «La presenza di Ofima e dei suoi collaboratori in Vallemaggia ha creato negli anni un legame indissolubile tra le due realtà, che ha segnato positivamente i passati 75 anni della nostra storia idroelettrica e che segnerà oltre ogni dubbio anche quelli futuri». La catena idroelettrica della Vallemaggia con il suo dislivello di circa 2’200 metri è fra le più estese della Svizzera. Svolge pure, ha sottolineato Regolatti, un importante ruolo di protezione del territorio. Basti pensare che durante il nubifragio dello scorso 30 giugno i bacini artificiali hanno trattenuto circa nove milioni di metri cubi d’acqua.