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Se il fratellone diventa un orco. Pedofilia, 29enne condannato

Alle Criminali di Locarno 7 anni e 6 mesi per incesto e altri reati. Centinaia di atti sessuali commessi sulla sorella, fin da quando lei aveva 8 anni

In sintesi:
  • Circa 350 gli atti di coazione sessuale al centro dell'atto d'accusa
  • L'imputato ha ammesso i fatti in modo pressochè completo
(Ti-Press)
27 agosto 2024
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Sette anni e 6 mesi di detenzione, un trattamento ambulatoriale psichiatrico che permetta di scendere nell'abisso della pedofilia, il riconoscimento di un torto morale a favore della vittima per 30mila franchi e il divieto a vita di svolgere attività a contatto con i minorenni. Sono gli estremi della sentenza emessa dalla Corte di Assise criminali di Locarno (presidente il giudice Amos Pagnamenta) nei confronti del 29enne del Locarnese che per anni ha perpetrato abusi sessuali sulla sorellastra, fin da quando lei aveva 8 anni. I reati riconosciuti come commessi o tentati sono la violenza carnale, l'incesto (giovane vittima e accusato hanno lo stesso padre, non la madre), gli abusi sessuali su fanciulli e la coazione sessuale, cui si aggiunge la pornografia.

La malattia e il ‘gioco’

Dalla prima parte del dibattimento era emerso il profilo di un giovane adulto consapevole della gravità degli atti commessi, ma anche della sua “malattia”, come l'ha definita lui stesso. Una malattia, la pedofilia, che con le sue pulsioni sarebbe affiorata solo dopo i 20 anni, quando la sorellina aveva iniziato a diventare un oggetto del desiderio con cui “giocare” (questo il termine che, fra loro, sottintendeva gli abusi) a un gioco che in realtà era quello del lupo che si accanisce sulla sua preda.

Almeno 350 atti

L'atto d'accusa stilato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri è una via crucis che ripercorre qualcosa come circa 350 atti di coazione sessuale. I primi strusciamenti si erano consumati in roulotte, durante un temporale, quando lei andava ancora alle Elementari. Dopo una pausa di tre anni, le molestie erano ricominciate in un'escalation: toccamenti, sesso orale (da quando la vittima aveva 13 anni) e infine rapporti completi (dai 14 anni). Questo, per decine e decine di volte: quelle che in corso d'indagine si è riusciti a stabilire come fatti acclarati. Gli altri, i soli tentativi (sfumati, in tempi recenti, grazie al fatto che la ragazza riusciva finalmente a opporre un rifiuto) non entrano in linea di conto. «Quando arrivava un “no” – ha giurato l'imputato – non mi sono mai permesso di arrabbiarmi con lei». In realtà, ha notato il giudice, qualche muso c'era, e anche la minaccia che se qualcuno avesse scoperto qualcosa, per l'imputato «sarebbero stati casini».

‘Pedofilo e mostro’

Pur rilevando l'ampia ammissione di colpa e la collaborazione fornita agli inquirenti durante tutte le fasi d'inchiesta, il procuratore aveva usato parole durissime nei confronti dell'accusato: «È un pedofilo – ha esordito seccamente in requisitoria prima di chiedere una condanna a 11 anni e mezzo di detenzione (con trattamento ambulatoriale) –. Soffre di un disturbo di personalità misto, con tratti istrionici. Ma è anche un mostro, e un codardo per non essersi mai autodenunciato. Ha sempre e solo dimostrato egoismo per soddisfare i suoi istinti primitivi, approfittando della naturale fiducia che la sorellina riponeva in lui. In più, agendo in contesti sicuri e familiari, si è dimostrato un abile manipolatore e un burattinaio, riuscendo in modo malvagio ad imporre una visione deviata della realtà». E riguardo alla vittima: «È stata soggiogata e plagiata per anni, ha subito il ruolo di schiava sessuale fino a quando ha trovato il coraggio di denunciare».

Ma prima, e poi anche dopo, fino a oggi, e anche in futuro, quella stessa vittima ha subìto «ansia, vergogna, imbarazzo e disagio», ha aggiunto Demetra Giovanettina, che ha rappresentato in aula la ragazza. Per lei, l'avvocata ha chiesto un risarcimento per torto morale di 30mila franchi.

Un vissuto difficile

La difesa, assunta dall'avvocata Carolina Lamorgese, ha cercato di circostanziare la situazione del suo assistito ricordando il suo passato: «È stato abbandonato prima dalla madre, poi dal padre. Ed è anche stato estirpato dai suoi luoghi d'origine». Nel suo «insieme confuso di sentimenti», come fratellastro «credeva di essere innamorato della sorella», imponendole tutta una serie di atti nel cui ambito, stando alla difesa, «non v'è stata sopraffazione fisica». Fra gli elementi da considerare, per Lamorgese, l'ammissione pressoché completa dei fatti contestati, poi la dimostrazione di «trasparenza e collaborazione con gli inquirenti».

Significativo, in questo senso, l'atteggiamento tenuto in aula dall'imputato: testa china, volto sofferente al limite della smorfia, non ha cercato alibi, dando di sé l'immagine di uomo pentito e desideroso di farsi curare: «Ho abusato di lei a livello sessuale, tradendo la sua fiducia. Mi vedeva come fratello maggiore, credeva che ciò che le facevo fosse normale. Ecco perché non si sottraeva, almeno fino all'ultimo periodo. Avrei voluto trovare il coraggio di parlane con i miei genitori, ma non sono mai riuscito a farlo».

‘Gravità agghiacciante’

Nelle motivazioni orali che hanno preceduto la lettura del dispositivo della sentenza di colpevolezza il presidente della Corte ha parlato di «oggettiva agghiacciante gravità» degli atti commessi, di «primario egoismo. La vittima era la sua sorellina, che avrebbe dovuto guardare a lui come a un esempio, non come a un aguzzino. Non solo lui ha reiterato i reati a lungo, ma essi si sono rivelati sempre più gravi e invasivi».

Peraltro, il giudice ha ritenuto necessario considerare il difficile vissuto dell'imputato, la sua giovane età nelle prime fasi degli abusi e la collaborazione sempre fornita agli inquirenti. «Ha ammesso sin dal principio, dichiarando la sua colpevolezza. Poi ha descritto tutto il ventaglio degli atti commessi. Non può essergli rimproverato di non essersi autodenunciato; semmai, di non essere andato subito da uno specialista per farsi seguire».

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