Due monaci tibetani nel villaggio Walser, con una cerimonia il 25 agosto quando l'opera di sabbia verrà dissolta
Una settimana di lavoro, tanta precisione millimetrica e tante preghiere. Il risultato: un magnifico mandala di sabbia che poi viene dissolto. «Tutto è impermanente, tutto cambia; si crea e si distrugge come il mandala. Il messaggio è quello di vivere senza troppo attaccamento, alle persone, agli oggetti, alle situazioni. Un’attitudine mentale che favorisce calma mentale», ci spiega Ghesce Lobsang Soepa. Sarà con un altro monaco, Ghesce Bumther (entrambi tibetani) per una settimana a Bosco Gurin (a partire da domenica 18 agosto) per creare un mandala di sabbia; domenica 25 agosto, il mandala verrà dissolto dalle 16.30 con una speciale cerimonia per il beneficio di tutti gli esseri. Seguirà una cena tibetana.
Questo rituale rappresenta la ciclicità del costruire e del dissolvere, dell’impermanenza di tutto ciò che ci circonda a cui non vale la pena attaccarsi troppo. Basta guardarci attorno per capire quanta sofferenza crea l’attaccamento. «Dire il mio Paese, la mia famiglia, la mia religione... sono forme di attaccamento che possono causare guerre, quando si considera solo il proprio punto di vista. In realtà, la vita di ciascuno dipende da quella degli altri. Cibo, oggetti, anche un semplice foglio di carta, possiamo averlo grazie al lavoro di qualcuno che non conosciamo», continua il monaco.
Lui è scappato dal Tibet nel 1993, allora aveva 23 anni. «Come tibetano non potevo studiare la nostra filosofia. Sono riuscito a scappare, a piedi, ho camminato per un mese attraverso l’Himalaya. In un grande monastero in India ho potuto continuare gli studi con maestri tibetani». Ghesce è un titolo, come il dottorato, che si ottiene con lo studio della filosofia buddista; significa essere un docente con alle spalle oltre 25 anni di studi. L'intervistato è monaco residente e guida spirituale da dodici anni all’associazione Tso Pema di Roma che organizza l’evento assieme a Casa Moni di Bosco Gurin.
Ci spiega che il mandala è considerato il tempio del Buddha a cui è dedicato. Questo è per Tara, una divinità femminile. «Porta pace, amore, aiuto per tutti gli esseri senzienti nel bisogno, aiuta a sciogliere malattie, guerre e sofferenze di ogni tipo». Come monaco tibetano, il timore più grande è quello di perdere la compassione. «Non provo odio per il governo cinese, anche se da anni sta cancellando la nostra lingua, la nostra cultura. Grazie agli insegnamenti dei nostri maestri riusciamo ad attraversare questa sofferenza con una mente calma», conclude il monaco.
Almeno 168 tibetani si sono autoimmolati (o hanno tentato di farlo) in Tibet dal 2009 a oggi per protestare contro 65 anni di una feroce politica repressiva portata avanti da Pechino nei confronti della loro cultura, della loro lingua, dei loro costumi. A Casa Moni a Bosco Gurin, si potranno vivere da vicino le tappe della costruzione del mandala, partecipare alla cerimonia (alle 9.30) e alla meditazione coi monaci. Chi volesse approfondire l’arte buddhista del mandala, la cultura e la saggezza tibetana potrà farlo sul posto coi monaci. Informazioni allo 079 6887991 (Lino Tomamichel) oppure scrivere a casamoni@tomamichel.ch.