laR+ L'intervista

Scherrer da ex: ‘Sono fuori dal tunnel... dell'imprevisto’

Dopo 9 anni da sindaco, da due mesi non lo è più: un bilancio con lo sguardo su cosa ha lasciato e cosa (per ora) no, e perché

Sindaco si rimane
(Ti-Press)
25 giugno 2024
|

L’intervista è terminata ma Alain Scherrer è capace di appoggiarsi allo stipite e fermarsi ancora a parlare di Vasco, dei Marillion, di un pezzo meritevole del loro secondo album, e di scoprire che sì, quel suo gruppo preferito “all time” lo ascoltavamo anche noi, e non a basso volume, mimando la batteria seduti sul letto mentre dal salotto arrivavano inascoltate richieste di “time out”.

Amava dire «vicino alla gente» l’ex sindaco di Locarno. Intendeva la condivisione dei sentimenti, la ricerca dei punti di incontro e una gestione empatica di quelli di scontro. Ha provato a farlo, per anni, perfezionando un suo stile. I risultati elettorali gli hanno sempre dato ragione. Poi quel giorno fatidico nell’agosto del ’21: Mattia festeggia gli anni e papà Alain è con lui. Ma arriva la telefonata, una notizia tremenda. Si tratta di Marco Borradori. «Lì ho capito tante cose e ho iniziato a maturare la mia scelta». Non è stata semplice, si è fatta attendere, ma infine si è compiuta: lasciare, dopo quasi 20 anni in Municipio, di cui 9 da sindaco. Per concentrarsi (anche, di più) su altro.

Eppure. «Eppure quasi tutte le mattine al risveglio il primo pensiero va al Municipio. Cosa c’è da fare. Sul pensiero successivo sorrido e mi tranquillizzo».

La carica di sindaco è a vita. A Locarno ne abbiamo 5: Diego Scacchi, Marco Balerna, Carla Speziali, Alain Scherrer e Nicola Pini. Sindaci si rimane.

Aggiungo che lo si è in una linea di continuità, che ci unisce e ci completa nel tempo. Quanto a me, lo rimango in modo molto naturale perché nell’Alain sindaco c’era tutto me stesso. Se non avessi potuto farlo con il cuore, vicino alla gente, avrei smesso subito.

Com’è “funzionato”, per 9 anni?

Era sempre un esercizio di incastro fra gli impegni familiari, quelli di una professione che amo molto, e quelli politici, facendo in modo che i secondi interferissero il meno possibile con i primi. Questo era fattibile. Il problema era gestire tutti gli imprevisti.

Nel senso?

Nel senso che le giornate ne erano sempre strapiene: situazioni che necessitavano una soluzione, o una dichiarazione. La parte imprevedibile, nella carica di sindaco, è davvero molto grande, direi preponderante. Lavorando per 11 anni in Municipio al fianco di Carla Speziali pensavo di sapere a cosa andavo incontro. Ma mi sbagliavo, perché da municipale a sindaco ti cambia proprio il mondo: come vieni visto, l’importanza del tuo ruolo e anche la dimensione etica nel voler essere un esempio positivo. Lo ripeto: per mia grande fortuna sono riuscito ad assumere questi impegni con grande spontaneità. E mi faccia aggiungere che da quando ho cominciato a diventare “ex” ho scoperto una cosa davvero importante.

Quale?

Che avevo torto quando pensavo, e dicevo, che in politica non c’è riconoscenza e che tutto quanto fai di buono viene dato per scontato. Non è vero. Dopo l’annuncio sono stato letteralmente ricoperto da attestati di stima da ogni dove e da tutte le età. Per esempio un ragazzino di 9 anni mi ha scritto dicendomi di non mollare. E una donna di Mendrisio, che non ho mai conosciuto, mi ha ringraziato per il lavoro svolto.

Cosa le manca?

Le persone. La collega e i colleghi di Municipio. I consiglieri comunali. Tutte le collaboratrici e i collaboratori dell’Amministrazione.

La sua presa di distanza della vita politica locarnese è in realtà relativa, visto che rimane a rappresentare la Città in alcuni gremi. Ad esempio la Kursaal, di cui resta presidente in un momento topico con il bando di concorso appena uscito per il progetto di riqualifica dello stabile del Teatro.

Il Municipio me lo ha chiesto e ho acconsentito volentieri, anche per una questione se vogliamo affettiva: i rapporti con il nuovo inquilino della casa da gioco della Stadtcasino Baden li avevo intavolati io, poi li ho gestiti per diversi anni e si è instaurato un legame di fiducia reciproca. Tagliare il cordone di colpo proprio adesso poteva essere delicato, anche se non vorrei si pensi che la mia permanenza sia un segno di debolezza del Municipio. Lo stesso vale per Davide Giovannacci, che come me rimarrà durante il periodo di transizione fintanto che non saranno completate la fase di concorso e la ricerca di finanziamenti per un investimento stimato in quasi 27 milioni di franchi.

Restando in tema di soldi, è d’accordo che con gli inquilini precedenti del Casinò era successa una cosa veramente brutta? Passi per il dimezzamento unilaterale dell’affitto, ma con la progressiva diminuzione, fino all’azzeramento, dei contributi alle Fondazioni di pubblica utilità, erano andati oltre.

Dice bene: per la questione dell’affitto ritenevo legittimo aprire un dialogo sui motivi che potevano giustificare una diminuzione. Mentre per i contributi mi sono veramente arrabbiato perché lo ritenevo un affronto a tutta la regione e a chi opera in ambito turistico e culturale e deve poter contare su quei mezzi per portare avanti i suoi progetti. Tuttavia, non avevamo subito chiuso loro la porta in faccia, ma avevamo cercato di favorire il dialogo, la comprensione delle rispettive esigenze e la ricerca di soluzioni. La volontà era preparare il terreno per proseguire con la nuova concessione su basi rinegoziate per altri 20 anni. Ma constatata la chiusura pressoché totale da parte dei vecchi gestori rispetto a qualsiasi impegno, si è capito che non si poteva costruire un futuro assieme. Così, grazie ai contatti dello Studio Caroni in Svizzera tedesca, avevamo sentito tre gestori di Casinò. Ci hanno convinto i partner di Baden per la loro volontà di non vedere il Locarnese come puro strumento di business legato al Casinò, ma come una regione da far crescere e con cui collaborare, cercando strategie comuni.

Quindi con Baden si è tornati al milione di affitto annuo e ai 400mila franchi di contributo per ognuna delle Fondazioni? Curiosamente non l’avete mai voluto chiarire.

Non sono autorizzato a dare delle cifre, ma si torna nelle dimensioni originarie stabilite con la concessione iniziale.

Pur con tutto il bene che si possa dire su Baden, riflette mai sul fatto che la generosità dei gestori del Casinò è costruita sulle spalle di chi gioca e perde alle slot o al tavolo verde? Questo aspetto morale non le crea un problema?

Eccome che ci penso, come penso a tutte le dipendenze che creano sofferenza e disagio. Sono fenomeni umani di origine sociale. Per comprendere e spiegare le fonti di un disagio legato alle dipendenze, quindi non più individuale ma sociale, è necessario usare un approccio sociologico. Le dipendenze sono una sfida complessa che non si può di certo risolvere con, nel nostro caso, la chiusura della struttura. Occorre una collaborazione di rete importante.

Le è poi stato chiesto di rimanere anche nella Ses. Per quali ragioni?

Per ragioni di competenze, avendo studiato elettrotecnica all’Ethz. E mi ha fatto piacere che il Municipio abbia ragionato in quei termini. Quanto a me, la Sopracenerina è un’azienda che mi affascina. Sono fiero di fare parte del Cda unitamente ai 3 membri in quota Aet e ai 6 rappresentanti dei Comuni, di cui tra l’altro 3 non sindaci.

Sempre rimanendo in Ses, tre anni fa aveva dovuto gestire una sconfitta dolorosa: da sindaco di Locarno puntava alla Direzione, ma le era stato preferito Nizzola. Cosa le rimane di quella situazione?

In effetti ci tenevo molto ma il fatto di rimanere come presidente mi permette comunque di essere vicino all’azienda, anche se non nel ruolo cui ambivo.

Con il Festival invece com’è andata? Nel settembre del ’23 veniva confermato nel Cda ristretto della rassegna e aveva dichiarato che se non l’avessero sollevata sarebbe volentieri rimasto. Ora però le è subentrato il suo successore Nicola Pini.

In realtà il Municipio non mi ha chiesto di uscire e in questo ho visto una bella dimostrazione di rispetto. In questo caso però il discorso delle competenze l’ho voluto mettere davanti io: sono un appassionato di cinema, ma non un esperto. Nicola Pini, con la sua esperienza nella Ticino Film Commission, può di certo rappresentare meglio la Città, fungendo anche da collante diretto fra l’esecutivo e la rassegna.

Andiamo sul temone della presidente Maja Hoffmann: donna dai clamorosi contatti internazionali, continua ad essere avulsa dalla realtà locale, che in Ticino rimane pur sempre un criterio importante. Il risultato è un Luigi Pedrazzini di fatto presidente. Ritiene la scelta di Hoffmann sempre difendibile?

La nuova presidente ha veramente cambiato l’orizzonte verso il quale guardare. Vanta contatti che nessuno qui poteva anche solo lontanamente immaginare. Ho avuto il privilegio di fare alcune riunioni con lei e ho percepito il desiderio di far crescere questo Festival in modo importante, anche tramite un rinnovamento. Sappiamo che qui in Ticino Maja Hoffmann la vedremo molto poco. Ne deriva che Gigio Pedrazzini come suo vice, ma anche Raphaël Brunschwig come Managing Director e tutti gli altri membri di Cda, hanno un ruolo fondamentale per tenere ancorata la manifestazione al nostro territorio. Perché è chiaro che quanto costruito in questi anni da Solari a livello di contatti con la politica e il mondo economico ticinesi e confederati va salvaguardato e rafforzato.

Un ulteriore gremio che ha deciso di lasciare è la Palacinema Sa, dove negli ultimi mesi vi sono state importanti incomprensioni fra l’anima culturale e quella commerciale, con il risultato che la EnjoyArena è uscita fisicamente dagli spazi, restringendo il campo delle sue attività di svago. Che idea si è fatto?

Credo sia importante capire le due anime: la Palacinema deve perseguire una missione culturale, anche di formazione nell’ambito dell’audiovisivo. In questo senso il discorso portato avanti con tutti gli inquilini è lineare e con tutti c’è unità di vedute. L’unica eccezione, purtroppo, è stata con la parte commerciale, ed è un peccato, perché si tratta di due entità che devono convivere in quanto si rafforzano a vicenda. Il fatto che ancora non si sia stati capaci di arrivare a questo compromesso è una pecca che va risolta. Quando si litiga spesso le ragioni non stanno da una sola parte e mi ero impegnato in prima persona nel tentativo di una mediazione, ma ogni due passi avanti ne facevamo uno e mezzo indietro. Resto però fiducioso che si riesca a trovare una soluzione condivisa.

Cosa lascia detto a Nicola Pini?

Non ho la presunzione di insegnargli qualcosa, ma mi piace ricordare quello che ho trovato dentro di me come sindaco, ovvero prudenza, coraggio, tanta fatica ma soprattutto tenerezza nel trattare gli ultimi esattamente come il più prestigioso degli ospiti.

Se la sente di escludere un ritorno in politica sulla scena comunale, cantonale o federale?

Il futuro riserva sempre delle sorprese e io mi lascerò sorprendere.