Il sindaco di Minusio Felice Dafond lascia dopo 20 anni. Lo abbiamo incontrato per un bilancio e per parlare del futuro del Comune
«Lasciare la carica di sindaco? Da una parte mi dispiace perché il contatto con la popolazione per me è sempre stato molto importante. Ho cercato di offrire ascolto, soprattutto alle persone in difficoltà, per poi poterle aiutare». È la prima dichiarazione dell’intervista che il sindaco di Minusio, Felice Dafond, ci ha rilasciato a una decina di giorni dalla fine del suo mandato. Dafond, che non si ricandida, con questo incipit dimostra tanta umanità, che è uno dei suoi tratti caratteristici. In Municipio dal 1992 (quando era responsabile del Dicastero scuola e cultura, con il Centro Elisarion), poi vicesindaco per 8 anni e responsabile del settore edilizia privata, è alla guida dell’Esecutivo dal 2004. È stato pure deputato del Gran Consiglio per quattro legislature (1995-2011), e vice capogruppo Plr. Altre sue cariche: presidente dell’Associazione dei Comuni ticinesi (Act) dal 2018; membro della piattaforma di dialogo Cantone-Comuni e di diverse Commissioni; rappresentante dei Comuni nel Comitato strategico Ticino 2020; membro del Comitato dell’Associazione Comuni svizzeri, così come del Consiglio d’amministrazione della Società elettrica sopracenerina.
Con quali sentimenti lascia la carica di sindaco dopo 20 anni alla guida del sesto Comune più popoloso del Ticino?
C’è il dispiacere citato sopra. Per il resto ho cercato d’impegnarmi e di fare il possibile. Trovo che ora sia giusto lasciare spazio a nuove leve. In questi ultimi anni ho contribuito a cercare un nuovo segretario comunale e a formare una classe politica che potrà, a sua volta, impegnarsi nella gestione del Comune.
I momenti più belli e quelli invece più difficili del suo periodo da sindaco?
Questi 20 anni sono volati. Tra i momenti più tosti posso mettere quella domenica in cui, per la pandemia di Covid, assieme al segretario comunale e al capo tecnico abbiamo dovuto decidere come gestire il confinamento per tutti i duecento dipendenti del Comune e per i cittadini. Con l’angoscia dettata dall’incertezza di quel momento (non c’erano ancora né vaccini né mascherine) e con le tante preoccupazioni dettate dalle incognite di quel virus. Tra i momenti più belli i mercoledì pomeriggio, quando incontravo le persone, e le sedute di Municipio, che mi hanno regalato delle esperienze di vita importanti.
Renato Mondada è stato designato dal Plr per succederle. Lei stesso l’aveva voluto come vicesindaco all’inizio di questa legislatura. Quali doti possiede affinché possa diventare un buon sindaco per Minusio? Quali consigli si sente di dare al suo successore?
Mondada ha sicuramente le carte per poter essere un buon sindaco. Non ho consigli da dargli, se non di essere sé stesso. Ha la stoffa, le competenze, il savoir faire, l’empatia e senza dubbio tutte le capacità necessarie per potermi succedere. Ma soprattutto ha una sua sensibilità che sicuramente gli permetterà di mantenere un proficuo contatto con la popolazione.
Quali vantaggi e quali svantaggi ha portato l’inedita maggioranza assoluta liberale radicale in Municipio nell’ultima legislatura? La vivacità del dibattito politico ne ha risentito?
È stata una legislatura breve, di tre anni. È passata in un lampo. Non credo che sia mancata vivacità nel dibattito politico, che oggi si sviluppa soprattutto attorno ai temi e non ai partiti. Temi che per altro sono sempre più complessi e che richiedono competenze e approfondimenti. In fondo il politico dev’essere capace di coinvolgere, condividere, ascoltare e poi di decidere, di trovare soluzioni nell’interesse pubblico.
Fra investimenti già fatti (ampliamento dell’Elisarion e Scuola dell’infanzia) in cantiere o quasi (ex Posta, rifacimento dei ponti di via Simen più riqualifica della stessa, raddoppio del porto di Mappo) Minusio sembra destinato a dover aumentare il moltiplicatore d’imposta... È giunto il momento di tornare seriamente a parlare di aggregazione? Se sì, quale modello può secondo lei attecchire fra la popolazione?
Minusio ha una buona capacità d’investire e ne ha dato prova nel corso degli anni con tanti progetti realizzati e alcuni rimasti finora nel cassetto, ma che vedranno prossimamente la luce. Le finanze sono sane e la ripercussione sulla gestione corrente delle spese per realizzare le opere risulta sostenibile. Per ora non c’è necessità di aumentare la pressione fiscale. Ovviamente occorrerà oculatezza anche in futuro e i progetti andranno seguiti con occhio attento alla qualità e ai costi. Le entrate da noi, che siamo un comune residenziale, arrivano essenzialmente dalle persone fisiche, che apprezzano Minusio per la sua dimensione a misura d’uomo, per i suoi servizi, per la sua autenticità e per gli spazi verdi sui quali abbiamo puntato molto. Per quanto riguarda le aggregazioni, non credo che siano la ricetta per tutti i mali. Oltre a non portare a una vera riduzione di costi per l’amministrazione pubblica, possono mettere a rischio la vicinanza con la popolazione e il concetto di prossimità, che per me è essenziale a livello comunale. In ogni caso non dev’essere unicamente un’aggregazione amministrativa, ma un progetto di sviluppo. Meglio collaborazioni più strette. Il Convivio dei sindaci, ad esempio, ha portato idee importanti. Penso a tanti progetti: dal Centro balneare regionale al rilancio di Cardada, passando per il Palacinema e per l’acquisto delle azioni della Sopracenerina da Alpiq. Mosse strategiche che hanno generato indotto, con posti di lavoro, e sviluppo economico. La cosa più difficile è creare le condizioni per generare maggiore ricchezza e un tema sul quale il Locarnese deve battersi di più è quello della formazione e della ricerca universitaria.
Resterà alla testa dell’Associazione dei Comuni ticinesi? Quali sono i dossier che state affrontando come Act?
Mi piacerebbe restare alla guida dell’Act. Il cantiere più importante è la ridefinizione dei compiti del Comune, troppo spesso sottratti dal Cantone. E non sempre le scelte adottate da Bellinzona vanno bene per tutti. Vorrei poter continuare ad arare il campo della riscoperta delle competenze e dell’autonomia per i Comuni ticinesi.
Come occuperà il tempo libero che avrà a disposizione dopo l’addio alla politica attiva?
Cercherò di viaggiare un po’ di più, così farò contenta anche mia moglie. Ma nel futuro vorrei vedere una regione Locarnese più attrattiva turisticamente, dodici mesi all’anno, che sappia acquisire maggiore attrattività in modo da poter creare delle basi solide per tutti i tipi di commercio e avendo tempo libero cercherò di impegnarmi anche per questo.