L’infanzia a Peccia, la vita al servizio della comunità, l’attaccamento per la sua identità valmaggese. Il segretario comunale Fausto Rotanzi si racconta.
Fausto Rotanzi da 28 anni ricopre la carica di segretario comunale di Cevio ma dal 1° luglio, per questioni di salute, ha deciso di lasciare il posto. A colloquio con l’uomo che, dietro le quinte, ha fatto la storia per quasi tre decenni del capoluogo valmaggese. Fra la gioventù trascorsa in Valle di Peccia, le grandi sfide affrontate negli anni e il futuro che si prospetta per il Comune di Cevio, il ritratto inedito di un segretario che ‘la politica ha sempre preferito cavalcarla invece che subirla’.
Mi racconti un po’ di lei.
Sono originario della Valle di Peccia, dove ho passato la mia infanzia. Un’infanzia che è stata molto felice anche se profondamente segnata dalla morte di mio papà, scomparso quando io avevo dieci anni.
Com’era un tempo la Valle di Peccia?
Un piccolo paese disperso fra le montagne, ma pieno di vita. Erano i primi anni della centrale idroelettrica che, insieme alla cava di marmo, aveva fatto sì che si insediassero diverse famiglie forestiere unitamente a quelle del luogo. C’erano poi molte botteghe e bar, innumerevoli associazioni e diverse aziende agricole. Ho fatto asilo ed elementari a San Carlo e poi sono sceso a Cevio, per fare le ‘maggiori’, insieme ad altri coetanei provenienti da tutta la Valle. Trovo che da questo punto di vista il Centro scolastico abbia veramente dato un’identità unica e sentita alla Vallemaggia. In seguito la famiglia si è riunita a Locarno, dove ho fatto il Ginnasio prima e poi l’apprendistato in banca. Dopo una piccola esperienza in Svizzera interna e poi ancora a Locarno, sempre in banca, ho deciso di ritornare in valle. La città mi stava stretta. Il mio ritorno è avvenuto tramite la Banca dello Stato che aveva bisogno di un gerente per l’agenzia a Cevio. Ci rimasi poco. Avere a che fare con i soldi degli altri non faceva per me.
Come si è avvicinato al mondo dell’amministrazione pubblica?
L'avvicinamento c’è stato quando il segretario comunale di Cavergno è purtroppo venuto prematuramente a mancare. La sua scomparsa lasciò spiazzato il Comune e il Municipio mi chiese se fossi interessato a subentrargli. Accettai e dopo regolare concorso venni assunto. Subentrare a un segretario che non c’era più non è stata impresa facile. Lo feci perché ho sempre avuto attenzione per ’le cose del paese’. E in parte l'avevo nel Dna: mio nonno, mio zio e mio fratello sono stati segretari comunali a Peccia, poi ho anche mio cugino, Waldo, che lo è attualmente per il Comune di Avegno-Gordevio.
Lei ha svolto questa carica per 28 anni. Come è cambiata la professione nel tempo?
Notevolmente. Sono cambiati competenze e settori di attività. Quando ho iniziato ci si occupava anche della tutoria e dello stato civile, oggi per fortuna divenuti di competenza cantonale viste le molteplici complicazioni sopraggiunte in materia.
E poi è cambiato il modo di fare, che è diventato più burocratico. Una volta si operava anche in base al buon senso. Oggi invece tutto deve essere rigorosamente disciplinato da un regolamento o da un'ordinanza. Questo non è necessariamente un miglioramento dello Stato di diritto, come potrebbe sembrare, ma può anche essere il più Stato che invade le libertà della società civile. Le aggregazioni poi hanno cambiato radicalmente i nostri Comuni di valle, soprattutto nella loro organizzazione e gestione amministrativa. Prima eravamo dei piccoli enti dove c’era il segretario e poco più. Con le fusioni abbiamo dovuto specializzarci, per essere maggiormente professionali e attenti alle necessità della gente.
Quali sfide dovrà affrontare il Comune di Cevio nel futuro?
Le sfide non mancano di certo: dalla bistratta autonomia comunale, alla pianificazione del territorio (un settore divenuto ingestibile, compresa l’annosa questione dei rustici, mai risolta), alle grandi opere di sviluppo, quindi al consolidamento finanziario che deve passare dalla riversione delle concessioni idroelettriche con un trattamento decisamente migliore dei comuni (come Cevio) che hanno gli impianti di produzione. Qui ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, un capitolo che da anni invoca giustizia, e che potrebbe dare importanti nuove risorse al Comune per il semplice fatto che sono risorse nostre. Negli anni ’50, al momento delle concessioni, i nostri Comuni dallo Stato sono stati trattati alla stregua di un regime coloniale, altro che Stato federale attento alle minoranze … abbiamo contato milioni a palate uscire da Ponte Brolla e noi a beccarci per le briciole. Con un trattamento più equo potremmo decisamente migliorare l’attrattività del nostro comune in quanto un’altra sfida importante resta quella di un freno allo spopolamento. Nonostante un certo fermento edilizio e nuove famiglie negli ultimi anni, continuiamo a confrontarci con un preoccupante calo degli abitanti.
Anche l’aggregazione con la Rovana è un’altra sfida notevole che darebbe vita al comune più esteso del Ticino. Il tema si trascina ormai da anni. È stato un dialogo difficile perché non è stato sorretto dalla dovuta fiducia tra le parti. Per la Rovana è davvero difficile pensare a un futuro senza aggregazione ma non è facile farsi carico di un territorio grande da gestire. Una sfida impegnativa a cui finora però il Cantone non ha risposto nel modo giusto – e per questo bloccata – ovvero dandoci un’adeguata solidità finanziaria, così da poter guardare avanti con fiducia.
E con Lavizzara, come sono i rapporti?
Non sono mancati i contrasti, anche motivati, ma ora spero si possa parlare di buoni rapporti, nell’interesse di tutti. Anche con loro sarebbe interessante intavolare un discorso aggregativo e il tema è invero già stato lanciato ma finora poco recepito. Dobbiamo unire le poche forze, avere una linea comune ed efficace, anche per tener testa a tutti i diktat che vengono da Cantone e Confederazione. Però se non si ha una massa critica di base non si va da nessuna parte. Certi campanilismi - seppur fatti in buona fede - rischiano di non farci progredire. La Vallemaggia del domani la vedo unita come identità ma divisa in due: Alta e Bassa, Cevio e Maggia, nel rispetto delle peculiarità dei due comprensori e quale reciproco stimolo a fare il meglio.
Il segretario comunale è una figura centrale all'interno di un'amministrazione comunale eppure si ha la percezione che resti nell’ombra.
Se si ha questa percezione significa che il segretario sta lavorando nel modo giusto. Perché non dobbiamo emergere e ci chiamiamo ‘segretari’ proprio perché lavoriamo nel segreto; dietro le quinte. Questo non vuol dire che facciamo cose losche. Mettiamo a disposizione del Municipio, del Consiglio comunale e della popolazione le nostre competenze ma facendolo in modo discreto, senza metterci in mostra. Ma questo non vuol dire che il segretario debba essere un personaggio che non sa di nulla. Anzi, penso di aver dimostrato, da questo lato, di aver marcato il mio ruolo, portando al Municipio le mie idee e riflessioni. Come dico sempre: il segretario propone, il Municipio dispone.
Se da cronista dovessi indicare con un aggettivo il Comune di Cevio direi che è ‘audace’. Audace nei suoi progetti ma anche nel voler prendere posizione su vari temi - pensiamo al lupo o alla decisione, durante il periodo del Covid, di far fermare l’edilizia.
Sì. Contrariamente ad altri Municipi, che non si sentono mai, noi abbiamo invece deciso di esporci in taluni casi anche politicamente. Penso che fra i tanti ruoli di un Comune ci sia anche quello di lanciare dei chiari segnali politici. Come segretario ho sempre cercato di cavalcare determinati temi invece che subirli, soprattutto su questioni che ci riguardano da vicino. È stato per il caso del Covid, dove ritenevamo giusto fare la nostra parte con un’ordinanza “Stop ai cantieri” che anticipò il Cantone ma anche altri comuni, come la Città di Locarno che riprese il nostro testo il giorno dopo. Ed è anche per il lupo, che per noi è un tema centrale e una preoccupazione costante. Siamo stati audaci, ma anche innovativi. Pensiamo allo stemma non convenzionale o alla campagna ‘Cevio, per le famiglie il meglio’. Di quei manifesti si ricordano ancora in molti e non è solo immagine, vi è sostanza.
Nel Comune ci sono state diverse date salienti, come ad esempio la fine ‘dell'era Martini’. Quanto è stato difficile il passaggio di consegne?
Faccio il segretario comunale da 28 anni, e di questi 26 sono stati con un sindaco ‘Martini’. Prima a Cavergno, con Alfredo Martini e dopo a Cevio, con Pierluigi Martini. E poi c’è stata la svolta ‘femminile’, con Moira Medici. La difficoltà, senza voler entrare nel personale, è stata nel passare da sindaci d’esperienza, con alle spalle una lunga militanza, a una nuova figura che l’esperienza doveva ancora farla. È un processo normale. Poi, certo, ne abbiamo risentito, perché se viene a mancare una figura decisionale e una linea nel Municipio, questo si ripercuote anche sull’amministrazione che rimane disorientata. Ma ripeto, è normale quando avviene un ricambio nell’Esecutivo ma nel nostro caso tutto è stato complicato da una situazione politica locale che certo non ha aiutato nessuno.
Cosa significa per lei la parola ‘Comune’?
Richiama un abbinamento logico: comunità. Un concetto oramai messo all’angolo dalla società. Ho sempre cercato di schivare espressioni - tipiche di quando si diviene brizzolati - come “ai miei tempi si stava meglio”. Però in questo caso è così; un tempo il sentimento e i valori di comunità erano più marcati.