Il Dipartimento del territorio propone la bonifica delle due discariche sul Piano di Magadino per compensare l’attraversamento della zona palustre
Dicembre 2022: interpellata dalla "Regione" nell’ambito di un approfondimento sulle discariche al Pizzante sul Piano di Magadino, l’Azienda cantonale rifiuti (Acr), che le gestisce, esclude che a medio termine si possa anche solo pensare ad un risanamento del sito. "Le discariche lì sono e lì rimarranno", è il messaggio. Due mesi dopo il Dipartimento del territorio, con alla testa il consigliere di Stato Claudio Zali, annuncia l’intenzione di bonificare entrambe le discariche e fornisce tutti gli elementi di uno studio di fattibilità preliminare riguardante una proposta definita da altri "quasi utopica", e che ha già visto il coinvolgimento sia dell’Ufficio federale delle strade (Ustra), sia dell’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam). «Non vi è certezza che riusciremo a portare a casa una cosa così di peso, ma credo che questo sforzo sia dovuto al nostro cantone, alla nostra cittadinanza e al Piano di Magadino», ha detto Zali.
L’operazione avrà un costo notevole – 250 milioni di franchi (+/- 30%) – peraltro mitigato, almeno in parte, dai benefici energetici che ne deriveranno. Ma soprattutto vale in pieno l’obiettivo strategico stabilito "a monte": compensare a livello ecologico e ambientale l’imprescindibile attraversamento della zona palustre di importanza nazionale che renderà possibile il collegamento A2-A13. Il risanamento consentirà dunque di recuperare 12 ettari di superficie all’interno del Parco del Piano di Magadino e di restituire "uno spazio funzionale all’agricoltura e alla natura"; ma sarà anche un ingegnoso "do ut des" funzionale alla concretizzazione di quell’allacciamento autostradale che i locarnesi "over 60" già cercavano nella calza della Befana quando ancora portavano i calzoncini corti.
Sul sito del Pizzante sorgono come noto due discariche: il Pizzante 1, entrato in funzione a metà anni 70, chiuso da tempo, e "culla" di circa 400mila tonnellate di rifiuti fra Rsu, fanghi e scarti del deposito ex Fondeca; e il Pizzante 2, discarica reattore praticamente per soli Rsu, realizzata in seguito e secondo più moderni criteri di sicurezza e tutela ambientale, a partire dalla sua completa impermeabilizzazione. Stando ad una tabella fornita dal Dt, complessivamente dentro Pizzante 1 e 2 dormono circa 550mila tonnellate di rifiuti combustibili, 85mila tonnellate di rifiuti non combustibili ma riciclabili, più ulteriori 185mila tonnellate circa di rifiuti incombustibili. Totale: 820mila tonnellate. I primi potranno venire smaltiti dal termovalorizzatore di Giubiasco o in un altro in Svizzera; i secondi partiranno verso impianti di riciclaggio; mentre i terzi traslocheranno in altre discariche.
Il grosso vantaggio, come ha spiegato il direttore della Divisione dell’ambiente, Giovanni Bernasconi, deriverà dal recupero dei 12 ettari di terreno «da destinare a scopo naturalistico e agricolo, in linea con gli obiettivi del Piano di utilizzazione cantonale del Parco del Piano di Magadino».
Sempre Bernasconi ha toccato il capitolo costi, considerando una possibile variazione di un terzo (in più o in meno): parliamo appunto, indicativamente, di 250 milioni di franchi, equamente suddivisi fra l’investimento per progettazione, indagini, installazioni e forza lavoro da una parte e, dall’altra, tasse di deposito e costi di trasporto. Le metodologia d’intervento, già sperimentata altrove in Svizzera, prevede il confinamento di tutto il materiale in una struttura in "depressione", per evitare emissioni e risanare in sicurezza. Ma la gigantesca operazione consentirà anche di guadagnare annualmente (per indicativamente 8 anni di durata dei lavori) qualcosa come 38mila MWh di energia elettrica e 22mila MWh di energia calorica (pari a un risparmio di 2,2 milioni di litri di olio combustibile) dalla termovalorizzazione delle 550mila tonnellate di materiale combustibile.
All’incontro con i media, tenutosi nel Campus di ricerca Agroscope di Cadenazzo, hanno presenziato anche tre municipali di Locarno: il vicesindaco Giuseppe Cotti, nonché, fra il pubblico, Pierluigi Zanchi e Nicola Pini. Cotti ha portato il chiaro e scontato appoggio della Città (sul cui territorio sorgono appunto le discariche) all’iniziativa dipartimentale, sottolineato l’importanza del Piano di Magadino «per la conservazione del patrimonio paesaggistico e naturalistico» e il conseguente valore del Parco del Piano di Magadino e della sua Fondazione. «Nessuno può nascondere che le discariche del Pizzante abbiano avuto un impatto concreto sul nostro territorio – ha confermato –. Ciò è vero sia per la fase di gestione, con la circolazione di veicoli pesanti sulla rete viaria, sia nel periodo successivo, visti gli aspetti di rilevanza paesaggistica e ambientale. La Città ha sempre cercato di trovare la giusta ponderazione dei vari interessi in gioco, investendo anche notevoli risorse per il contenimento dei problemi legati alla presenza di questi impianti».
Ora, grazie al Dt, «c’è un’ipotesi concreta sul tavolo», ha aggiunto. L’intenzione di Locarno è di «valutare con la dovuta attenzione lo studio di fattibilità, sapendo di poter contare su un’attenta ponderazione dei rischi e delle opportunità di un possibile intervento sulla discarica del Pizzante 1. Da un lato si tratterà di assicurarci che gli errori del passato non ritornino, letteralmente, a perseguitare noi e soprattutto i nostri discendenti; dall’altro, bisognerà onorare gli intenti che la politica ha espresso con la creazione del Parco del Piano di Magadino».
Parco del Piano che era ampiamente rappresentato, con il suo presidente Giacomo Zanini e il suo direttore Giovanni Antognini, spalleggiati da chi nel Piano mette braccia e fatica: Omar Pedrini e Sem Genini, presidente e segretario dell’Unione contadini ticinesi. Zanini non ha potuto non ricordare che «al momento della creazione del Puc del Parco del Piano questo problema già esisteva, ma era stato un po’ trascurato». Ora, se il progetto andrà a buon fine, «ci sarà un miglioramento sostanziale dal punto di vista paesaggistico e anche ambientale, con il recupero di terreni agricoli e delle zone rovinate al Pizzante». La proposta, per il presidente del Parco del Piano, «è anche una risposta positiva alle speranze di tutti coloro, associazioni e privati, che a partire dalla realizzazione delle discariche hanno sempre chiesto si intervenisse. E per l’Ente Parco è un giorno importante, che potrà dare una spinta a tutto il resto».
Di «progetto visionario e importante, innanzitutto per perseguire l’obiettivo generale del Parco del Piano», ha parlato Antognini. Obiettivo generale che, ha evidenziato il direttore, «è quello di offrire un paesaggio di qualità, a carattere prevalentemente rurale, ricco di ambienti naturali, dove agricoltura, natura e svago convivono armoniosamente conferendo un valore aggiunto a tutto il Piano di Magadino». Per farlo sono fissati 8 macro obiettivi legati a paesaggio, agricoltura, natura, svago, sinergie, mobilità, qualità ambientale e informazione, «e il nostro compito come Ente Parco – ha concluso – è portare avanti 86 misure che permettano di raggiungere i macro obiettivi. Il progetto di bonifica del Pizzante centrerebbe in pieno la misura 1.2.4 riguardante il risanamento di situazioni puntuali di degrado paesaggistico e la 7.1.2 inerente al risanamento di siti inquinati che sottraggono suolo agricolo e che sono in conflitto con la protezione della natura».
Per l’Unione contadini ticinesi, il presidente Omar Pedrini si è rallegrato per «la notizia inattesa e sorprendente. Per una volta ci ritroviamo a sostenere dal principio un progetto, senza dover combattere per salvare qualcosa che va perso. Il suolo agricolo avrà sempre più importanza ed è sempre più messo sotto pressione da progetti a livello nazionale e cantonale. L’allacciamento A2-A13 dispone già delle basi per garantire una continuità agricola. La zona d’intervento al Pizzante è più che interessante perché si trova all’interno del cosiddetto "granaio del Ticino": la nuova superficie agricola sarà una grossa opportunità; la speranza aggiuntiva è che in relazione alla logistica si potrà pensare alla revisione e al ripristino di determinate vie agricole sul Piano di Magadino».
Infine, Sem Genini, anche come membro di comitato dell’Ente del Parco del Piano e del gruppo di lavoro A2-A13, ha evidenziato la somiglianza fra il progetto Valera e quello del Pizzante, definendoli «lungimiranti». Quanto all’A2-A13, «finora le richieste del settore primario sono state, nel limite del possibile, soddisfatte per evitare la perdita di terreno agricolo. Come Uct da molto ci battiamo per far tornare il Pizzante all’agricoltura. Basti dire che nel mio primo giorno di lavoro come segretario, in cima al plico delle scartoffie c’era una lettera indirizzata alla Città di Locarno. Si chiedeva ciò che oggi concretamente si vuole iniziare a fare. Era il 4 febbraio 2014». L’invito è che «quanto sembra un po’ utopico possa davvero concretizzarsi. La prima cosa da fare tutti è crederci».