Il Tribunale amministrativo federale ha respinto il ricorso di un cittadino italiano colpevole di ripetuti abusi sessuali su minorenni
Divieto di entrata in Svizzera (e in Liechtenstein) per 20 anni confermato per un cittadino italiano che si è ripetutamente reso colpevole di abusi sessuali su minorenni, anche in Ticino. Il Tribunale amministrativo federale – giudici Daniele Cattaneo (presidente del collegio), Regula Schenker Senn, Andreas Trommer, Jenny de Coulon Scuntaro, Gregor Chatton – ha confermato il provvedimento pronunciato nel marzo 2020 dalla Segreteria di Stato della migrazione (Sem). Quest’ultima ha motivato il divieto con la gravità dei reati perpetrati dall’interessato.
Tra il 2003 e il 2005 l’uomo è stato condannato a due riprese dalla giustizia italiana per ripetuti abusi sessuali su fanciulli di età fino ai sedici anni e, in un’altra occasione, per possesso illegale di armi e munizioni. Nel 2016 è invece stato condannato in Ticino a sette anni di detenzione, in particolare per ripetuta coazione e atti sessuali su un tredicenne, talvolta somministrandogli un farmaco ipnotico-sedativo, commessi sia in Svizzera che all’estero. Nel contempo gli è stata vietata qualsiasi attività professionale o extra professionale organizzata implicante un contatto regolare con minorenni per una durata di dieci anni. Nei confronti della vittima ticinese, si parla di oltre 140 abusi – compiuti tra il 2014 e il 2015 – fra toccamenti, masturbazioni, rapporti orali e (forse) anche di un rapporto anale, commessi dall’uomo classe ’69, che all’epoca dei fatti abitava per più giorni alla settimana presso la madre residente in Ticino, dove era pure attivo come allenatore sportivo.
In una sentenza di principio, che segna un cambiamento di prassi, il Tribunale amministrativo federale reputa che, "per poter pronunciare un divieto d’entrata fino a 20 anni, non è necessario che l’interessato sia già stato allontanato dalla Svizzera in precedenza. È però essenziale che la fattispecie sia caratterizzata da circostanze straordinarie che giustifichino una tale durata. Questo è tanto più vero se si è in presenza di recidiva e se sussiste un rischio di recidiva oppure di reiterazione. Nel caso specifico le circostanze straordinarie accertate dal Tribunale si rapportano alla minore età delle vittime, alle caratteristiche della personalità dell’interessato e al suo modo di operare, come pure al fatto che egli è stato recidivo, commettendo lo stesso tipo di reati in Italia e in Svizzera. Inoltre, nessuna terapia permette finora di credere che l’interessato sia in grado di controllare le sue pulsioni sessuali, da cui un rischio aggravato di recidiva". Infine, sotto il profilo della proporzionalità, il Tribunale "non ravvisa alcun motivo personale, professionale o familiare che possa comportare una riduzione del divieto d’entrata di 20 anni e respinge pertanto il ricorso dell’interessato, il quale ha ancora la possibilità d’impugnare tale decisione davanti al Tribunale federale".