La discarica, aperta dopo la convenzione Cantone-Ferrari del ’77, accoglie 400mila tonnellate di materiale fra Rsu e sostanze ex Cir ed ex Fondeca
Quattrocentomila tonnellate di materiale, ma praticamente nessuna conseguenza sulle acque di falda. È un mezzo miracolo, il fatto che la presenza della discarica del Pizzante 1 sul Piano di Magadino, in territorio di Locarno, non presenti, in base alle analisi, particolari criticità. Questo, malgrado la stessa Azienda cantonale rifiuti (Acr) che la gestisce non faccia fatica ad ammettere di non sapere esattamente cosa ci sia sotto.
Il quadro emerge dalle analisi effettuate due volte all’anno da specialisti esterni, che intervengono sotto la supervisione della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo.
Proprio a proposito di queste analisi, stando all’Acr, "le concentrazioni rilevate nelle acque di falda sono risultate inferiori ai limiti di legge per tutti i parametri analizzati". Pertanto, "al momento non è previsto un risanamento. Il Pizzante 1 rimane classificato come ‘sito inquinato che deve essere sorvegliato’", ma nulla più di questo.
Che la situazione sia davvero sotto totale controllo lo dubita, da sempre, Fiamma Pelossi, già granconsigliera socialista di lungo corso ed ex membro di comitato dell’Associazione Per un Piano di Magadino a misura d’uomo (Apm) «nel periodo in cui – ricorda – il Pizzante 1 era oggetto di ampie discussioni».
Oggi Pelossi è attiva in qualità di membro della Fondazione del Parco del Piano, quindi ancora ampiamente "sul pezzo". «Il Pizzante 1 era definito una bomba a orologeria, in quanto discarica di classe 3, secondo le definizioni di quel tempo. Discariche di classe 3 che "sono pericolose e molto inquinanti; per questo motivo dovrebbero avere il fondo impermeabilizzato", come emergeva dalla pubblicazione "La tattica del salame" dell’Apm.
Associazione che sottolineava come "nel Pizzante sono finite sostanze altamente inquinanti e tossiche come i filtri dell’allora inceneritore di Riazzino, le polveri dei filtri della Fondeca e i fanghi radioattivi del dopo Chernobyl"».
È un fatto che il Pizzante 1 non abbia un fondo impermeabilizzato, sorga direttamente in falda, «e per questa ragione – considera Pelossi – l’Ufficio tecnico della Città di Locarno si espresse contro la costituzione della discarica, basandosi anche sul rapporto geologico del professor Jäckli». Ora, prosegue, «a chiunque si rechi sul posto appare evidente che dal Pizzante 1 fuoriescono liquami che vengono immessi nel canale di scolo, che a sua volta finisce in un canale del Piano. Se pensiamo che poi l’acqua del canale viene utilizzata per irrigare i campi coltivati, la cosa non è rassicurante».
Quando l’Apm aveva ricorso al Tribunale federale contro la discarica, conclude Fiamma Pelossi, «Berna sosteneva che il Pizzante 1 andasse risanato, il che significa letteralmente smontato e i rifiuti ivi contenuti smaltiti secondo le regole. Questo anche perché, ancora citando "La tattica del salame", risultava che con il Pizzante 1 fossero "state ignorate le direttive svizzere del 1964 che prevedevano l’impermeabilizzazione artificiale per l’allestimento di discariche in zone con falde libere come quelle del Pizzante. Insomma, il Pizzante è nato ignorando completamente ogni dispositivo legale allora vigente"».
Una delle discariche più discusse del tempo nasceva dalla famosa convenzione siglata nel 1977 tra il Consorzio incenerimento rifiuti (Cir) e il proprietario del Silos Ticino, Piero Ferrari, sotto gli occhi del Dipartimento dell’ambiente. Il Cir era rappresentato dal suo presidente avvocato Gianfranco Cotti, dal segretario Armando Gallina e dal direttore, ingegner Marco De Carli. Piero Ferrari era invece accompagnato da Flavio Morandi, mentre la squadra del Dipartimento dell’ambiente era composta dal segretario di concetto avvocato Claudio Allidi, dal capoufficio Reto Giudicetti e dall’ingegner Giancarlo Jorio. L’accordo stabiliva che Piero Ferrari mettesse a disposizione del Cir un suo terreno sul Piano "da utilizzarsi come deponia per materiali ingombranti, inerti, eventualmente rifiuti". Quanto al Cir, si impegnava "a procedere con tutte le opere di cui al progetto e ai preventivi, nonché all’acquisto delle attrezzature". Inoltre, lo stesso Cir avrebbe versato 10 franchi a tonnellata "quale indennità per la messa a disposizione dei sedimi" e avrebbe provveduto "alla deponia di un compattatore, al servizio di manutenzione straordinaria, alle revisioni, riparazioni importanti ecc.", potendo far capo, per questo, alla stessa ditta Ferrari. La quale ditta Ferrari si impegnava a mettere a disposizione la manodopera, compreso il manovratore del compattatore, nonché carburanti e lubrificanti".
La sorveglianza della deponia sarebbe stata svolta dal Cir, mentre tutti i lavori di sistemazione dei depositi venivano affidati a Piero Ferrari. Al momento delle firme, sottolineava l’Apm, erano già in vigore sia la Legge federale contro l’inquinamento delle acque, sia quella cantonale di applicazione. Quindi, tuonava l’associazione, "è chiaro a chiunque che la discarica del Pizzante, situata in zona umida e quindi da tutelare come zona protetta, era fuorilegge". Infatti, come già accennato, lo stesso Ufficio tecnico di Locarno, "chiamato ad esaminare la questione, espresse il proprio preavviso sfavorevole". Questo poiché "nel rapporto geologico del professor Jäckli – che, per mandato, non aveva considerato né l’aspetto della protezione del paesaggio, né quello del valore naturalistico – si affermava che il luogo dove si trova il Pizzante non è opportuno per insediare una discarica". Né sarebbero state effettuate puntuali verifiche ai pozzetti piezometrici paralleli alla discarica verso il lago".
André Engelhardt, qual era il quadro legislativo di allora?
Ricordo che a quel tempo c’erano stati casi di depositi non autorizzati, ma l’unica legge che faceva stato era quella federale del ’71 contro l’inquinamento delle acque (da cui poi deriva la nostra legge d’applicazione, Lalia, ancora in vigore). Tuttavia, nel frattempo la Legge federale contro l’inquinamento delle acque è stata abolita e rimpiazzata da quella sulla protezione delle acque e da tutta una serie di leggi – a partire da quella sulla protezione dell’ambiente – e relative ordinanze. Oggi abbiamo una Lalia per così dire non aggiornata, ma altri aspetti sono stati regolamentati differentemente a livello federale.
Come e perché nasceva il Pizzante 1?
Nasceva per certi versi casualmente, dopo che Piero Ferrari aveva acquistato quel terreno e l’aveva messo a disposizione del Cir. Questi aveva cominciato ad utilizzarlo nei termini fissati dall’accordo, ma i quantitativi di rifiuti sono progressivamente aumentati e l’impianto d’incenerimento, che pure ha creato diverse discussioni, non poteva smaltirli interamente, per cui venivano in parte consegnati in discarica. Al momento della dismissione dell’impianto d’incenerimento, la discarica era già in esaurimento e tutti i rifiuti prodotti nel Sopraceneri sono poi stati addotti al Pizzante 2.
Anche quella seconda discarica non ebbe albori comodissimi…
Infatti, era il frutto di una procedura che aveva portato fino al Tribunale federale, che aveva infine respinto i ricorsi. Ricordo bene la visita con il giudice federale Claude Rouiller al Pizzante 1 e al terreno adiacente che avrebbe poi ospitato il Pizzante 2. Rouiller, che era un tipo tosto, mandava in giro la sua cancelliera a far foto e conduceva con piglio deciso il sopralluogo. Comunque, visto che le prescrizioni erano completamente cambiate proprio negli anni 90, dal punto di vista tecnico il Pizzante 2 è poi nato come discarica reattore completamente impermeabilizzata, senza più alcuna possibilità che le acque di percolazione dei rifiuti finissero nel sottosuolo. Esse venivano raccolte, addotte a un impianto di pre-trattamento e poi condotte all’impianto di depurazione attraverso un collettore.
Comunque un’impermeabilizzazione è stata fatta anche al Pizzante 1, dopo la chiusura.
Sì, ma solo della copertura soprastante: l’acqua superficiale percola poco all’interno dell’involucro e viene poi raccolta e portata via dalla discarica. Si tratta di un accorgimento probabilmente insufficiente rispetto a quanto è rimasto sotto, che in qualche misura, c’è da credere, in qualche modo può ancora essere dilavato. Dipende ovviamente dal tipo di sostanza: ve ne sono che rimangono fissate nel terreno e il tempo di dilavamento è lunghissimo, mentre altre sono estremamente solubili e vengono addotte all’acqua di falda, scorrono e finiscono inevitabilmente nel lago, pur con un processo di diluizione molto forte dovuto sia alla distanza, sia alla massa d’acqua che il Piano di Magadino raccoglie e porta al lago.
La differenza fra Pizzante 1 e 2 è a livello di tipologia di rifiuti.
Esatto. Al Pizzante 2 parliamo prettamente di rifiuti solidi urbani, sui quali nel periodo interessato c’era già un maggior controllo rispetto a quello precedente. Il Pizzante 2 era poi andato esaurito in pochi anni, non soltanto perché l’inceneritore aveva smesso di funzionare, ma anche perché la quantità di Rsu prodotti in Ticino era aumentata in modo incredibile, essendo in quegli anni il sistema di riciclaggio solo agli albori. Nelle previsioni, anche al Pizzante 1 doveva esserci soprattutto questa tipologia di rifiuti, ma prima gli Rsu avevano un altro tipo di contenuto. Quando abbiamo realizzato la sistemazione del porto alla Lanca degli Stornazzi siamo incappati in una delle vecchie discariche degli anni 40 e 50 della città: tempi in cui si raccoglievano i rifiuti e si trasportavano ai Saleggi, dove erano state create discariche di rifiuti urbani. Era la prassi normale. Quando abbiamo fatto fare le analisi abbiamo trovato sostanze non necessariamente molto salubri, ma non risultavano rifiuti così dannosi perché provenivano dalle economie domestiche, con contenuti più inerti rispetto a quelli di oggi, ad esempio con molte meno plastiche. È proprio l’evoluzione dei rifiuti che ha determinato la scelta di andare verso discariche reattore.
Cosa c’è dunque sotto la montagna dormiente del Pizzante 1?
Rifiuti delle economie domestiche certamente diversi rispetto a quelli prodotti negli anni 40 e 50, con un potenziale di inquinamento aumentato. In aggiunta a ciò, saranno finite anche altre sostanze raccolte dal Cir. È stato fatto uno scavo a livello della falda ed è stato riempito con i rifiuti. Senza impermeabilizzazione. Dal documento dell’Apm emerge il rimprovero molto chiaro rispetto al fatto che sono stati interrati anche i fanghi e il deposito della fonderia ex Fondeca. Parliamo di una fonderia che aveva scarti di lavorazione, ovverosia materiale misto (metalli e sostanze terrose, minerali che non hanno potuto essere separati), ma anche i filtri dei forni: dei grossi coni che trattengono le particelle più inquinanti per evitare che vengano immesse nell’atmosfera.
Particelle che sono finite sottoterra…
Quando sono arrivato all’Ufficio tecnico ricordo che era in discussione l’ampliamento del deposito Fondeca lungo l’argine del Ticino. Dopo l’arrivo della domanda di costruzione ero andato a vedere e avevo trovato coni e filtri del sistema di filtraggio, che facevano abbastanza impressione anche solo per la loro colorazione. Ciò aveva condotto il Municipio a respingere la domanda, anche se poi la licenza era stata concessa per decisione del Consiglio di Stato. Peraltro, tutto era finito in niente perché la Fondeca aveva interrotto la sua attività. Il materiale depositato era rimasto lì, sepolto sottoterra, senza alcun controllo. All’epoca non c’erano ordinanze che portavano all’obbligo di risanamento dei siti inquinati. Oggi per fortuna sì ed ente pubblico e privati (vedi Novartis all’ex Wander Chimica, con il risanamento del famigerato "lago nero") non hanno più dubbi su come intervenire.
A suo tempo si era detto che con il nuovo impianto di incenerimento tutto il materiale del Pizzante 1 vi sarebbe confluito. Dalle analisi sembrerebbe però che non ve ne sia il bisogno.
Sappiamo che la falda è abbastanza asfittica e non può essere utilizzata come acqua potabile o industriale. Viene però usata, nella zona del Carcale, per l’irrigazione dei campi. Sappiamo anche che i controlli effettuati hanno sempre escluso problemi, ma tutto dipende da quali sostanze si va a monitorare. L’acqua di falda ha comunque una direzione di scorrimento abbastanza lineare ed è quindi difficile che l’acqua del Pizzante vada ad influire in modo marcato sulla zona del Carcale (dal depuratore a monte, fino alla ferrovia). È anche vero che smuovendo il materiale si liberano più facilmente determinate sostanze, mentre se lo lasci lì non accade.