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La centrale e un raddoppio che non s’ha da fare (per ora)

L’impianto di teleriscaldamento a cippato di Losone offre energia rinnovabile a prezzi competitivi, ma ‘è ancora difficile convincere le persone’

25 ottobre 2022
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Questo inverno, la luce e i colori (da ultimo il giallo e il blu in sostegno dell’Ucraina) dell’ormai iconica "torre" della centrale termica non accenderanno il cielo di Losone, visto che da poco meno di due mesi l’illuminazione del camino alto 26 metri è stata spenta, quale misura di risparmio energetico. Seppur meno visibile, il grande impianto a cippato di legna (il più imponente del Ticino al momento dell’entrata in servizio, nel 2015) continuerà però a riscaldare gli edifici losonesi, case e appartamenti di privati cittadini, ma anche grandi edifici quali ad esempio le scuole elementari comunali e il Mercato Cattori. A questi ultimi, i primi due utenti allacciati, negli ultimi sei anni se ne sono aggiunti molti altri (tra i quali asilo e scuole medie, Diamond, albergo Losone, Agie, case anziani), arrivando ai 74 attuali. Per farsi un’idea, l’energia termica distribuita dalla rete di teleriscaldamento equivarrebbe alla fornitura per 400-600 case unifamiliari.

Una cifra che rientra nelle previsioni iniziali delle Energie rinnovabili Losone Sa – l’ente che gestisce la centrale, costituito in parti uguali da Comune, Patriziato di Losone e Società elettrica sopracenerina –, ma che allo stesso tempo non soddisfa appieno i vertici dello stesso, in particolare alla luce dell’attuale delicata situazione mondiale sul piano energetico.

«A livello di business plan siamo perfettamente in linea con le attese, abbiamo la vendita di energia che volevamo, ossia circa 10 milioni di kilowattora annui – ci spiega il presidente dell’Erl Alberto Colombi –. Certo è che visto quello che sta succedendo a livello mondiale, con l’aumento del prezzo di nafta, gas ed elettricità, nonché le incognite legate all’approvvigionamento, ci aspettavamo forse che più gente comprendesse le potenzialità della nostra offerta. Purtroppo è ancora difficile convincere le persone ad allacciarsi. Lo era nel 2015, quando il prezzo della nafta era 60-70 centesimi, ma lo è ancora ora che è su a un franco e quaranta. Abbiamo alcune richieste, ma tanti preferiscono rifare l’impianto a gasolio o installare una termopompa, dimenticando però che per funzionare consumano comunque elettricità e sono quindi molto legati al costo di quest’ultima, risultando potenzialmente più cari del nostro sistema. Inoltre per l’allacciamento ci sono importanti incentivi cantonali, su un lavoro di 25mila franchi, circa 10mila sono coperti. Senza contare che una volta collegati, per 30 anni non si paga più un franco (a parte evidentemente la fornitura di energia termica, ndr), in quanto tutta la manutenzione è a carico nostro. A differenza di altri, noi siamo sempre stati chiari, dichiarando apertamente che se il prezzo della nafta è sotto 1,10 franchi, il nostro sistema è più caro, ma se è sopra, come adesso, è più conveniente. In fondo il costo di allacciamento, è paragonabile a quello di un nuovo impianto a caldaia».

Senza dimenticare l’aspetto, non monetizzabile, ecologico: la legna proviene interamente dai boschi ticinesi, con la fornitura garantita da un consorzio composto da sei aziende forestali della regione. E il cippato che viene bruciato libera nell’aria la stessa quantità di CO2 che sarebbe stata rilasciata nell’atmosfera anche se il legno si fosse decomposto nel bosco alla fine del suo ciclo vitale.

Potenziale non sfruttato appieno,
per ora niente raddoppio o nuova rete

Motivazioni evidentemente non ancora sufficienti a convincere le persone, perlomeno quelle raggiunte dalla rete di teleriscaldamento, ad allacciarsi a un sistema che sta sfruttando solo una parte del suo potenziale… «Anche nel momento di massima richiesta, ossia i mesi invernali (quando il calore viene utilizzato anche per i riscaldamenti e non solo, come avviene in estate, per l’acqua sanitaria, ndr), l’impianto ha ancora un margine di quasi un milione e mezzo di kilowattora disponibili, che corrispondono a un centinaio di casette unifamiliari, rispettivamente un grosso utente, come ad esempio le scuole medie». Per il momento non sembrerebbero dunque esserci le premesse per raddoppiare la "potenza di fuoco" della centrale ubicata in zona Saleggi, operazione che pur richiedendo un investimento importante (7-9 milioni, che si aggiungerebbero ai 17 già spesi), sarebbe implementabile in maniera relativamente semplice: al momento della progettazione e della costruzione, tutto è infatti già stato predisposto per il raddoppio e con la torre e la caldaia d’emergenza a nafta già adeguate, si tratterebbe "solo" di aggiungere altre due caldaie a cippato (e il relativo serbatoio) alle due attuali.

Quanto alla possibile estensione della rete di teleriscaldamento, l’ingegnere fa notare come «già solo sulla rete attuale, con tutte le case e i palazzi non ancora allacciati, c’è il potenziale per sfruttare anche l’eventuale centrale raddoppiata. Inoltre le tubature che trasportano l’acqua hanno, per una questione di efficacia, un diametro e quindi una capacità limitati, per cui l’ipotesi di estendere la rete esistente è da scartare. Piuttosto, in caso di necessità, si potrebbe far partire una seconda tubazione per raggiungere ad esempio la zona ex caserma/campagna, attualmente non servita. Ma un’operazione del genere è ipotizzabile solo avendo una determinata massa critica di nuovi utenti, che per il momento non c’è».

Uno scenario che potrebbe però mutare e portare a una terza ipotesi in caso di arrivo di un cosiddetto grande, anzi grandissimo utente… «Si potrebbe pensare di costruire una seconda centrale, più piccola, vicino all’ex caserma, ma questo solo se il comparto (la cui pianificazione è bloccata a causa di un ricorso, ndr) diventerà un polo davvero importante».

In attesa di capire come evolverà la situazione, Colombi conclude con una buona notizia per gli utenti attuali e futuri della centrale terminca di Losone: «Nonostante l’aumento del costo di cippato, energia elettrica e nafta che pesa anche su di noi, allo stato attuale non abbiamo intenzione di aumentare i prezzi di fornitura, né per quest’anno, né per il prossimo».