Carcere preventivo (variabile) per i cinque presunti autori dell’aggressione a Locarno. Nel frattempo si fa strada un’inattesa ipotesi difensiva
Dopo l’arresto dei cinque presunti aggressori che nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 ottobre hanno picchiato un 26enne richiedente l’asilo srilankese nella Rotonda di Piazza Castello a Locarno, il giudice dei provvedimenti coercitivi ha confermato pure i periodi di carcerazione preventiva, che sono diversi: per alcuni di loro sei settimane, per altri meno (tre o quattro settimane).
Nel frattempo i cinque, fra i 22 e i 30 anni, sono stati sentiti e hanno potuto spiegare il loro gesto. Spiegazione che propone un’ipotesi di tesi difensiva per certi versi inattesa. Soprattutto pensando alle immagini del pestaggio riprese con un cellulare e postate sui social (ma anche consegnate agli inquirenti).
La vicenda sta assumendo nuovi contorni. Prima di tutto, appare chiaro che i cinque non facevano parte di una banda di facinorosi o di un "branco" minaccioso. Anzi: si sono ritrovati in gruppo per una serata in compagnia.
Dal sonoro del video, e come aveva confermato a laRegione un testimone di quanto accaduto prima del pestaggio, il 26enne srilankese si stava aggirando nella zona armato di un coltello e, pare, in uno stato alterato (forse dovuto all’alcol). Lo stesso coltello non è stato trovato.
Nel filmato, che riprende quel minuto e mezzo di botte, si sentono le due voci di chi sta dietro alla videocamera che affermano: "Quel tipo ha un coltello". Poi: "Questo qua si è mostrato con il coltello e ha cercato di accoltellare le prime persone che capitavano". E ancora: dalle urla che salgono dalla Rotonda, si ode qualcuno ordinare al 26enne: "Down the knife!" (trad. "Giù il coltello!"). Una frase detta in inglese che, oltre a confermare la presenza dell’arma da taglio, lascia intuire che i cinque sapessero che il 26enne parlava inglese. Probabilmente lo avevano incontrato in precedenza.
La tesi difensiva, che ipotizza un tentativo (per altro riuscito) di disinnescare una situazione a rischio, viene confermata anche dal racconto di un giovane presente la sera dell’aggressione. Testimonianza secondo la quale tutto sarebbe partito dalla vittima, che avrebbe estratto l’arma da taglio. L’avevamo pubblicata su queste pagine lo scorso 13 ottobre, ma giova riproporla. Il ragazzo afferma: «Cinque minuti prima del fattaccio stavo transitando con un amico sotto Piazza Castello (tra la piazzetta Remo Rossi e il sottopasso che dà accesso alla rotonda, ndr), dove ci siamo fermati quando abbiamo incontrato altri conoscenti. A un certo punto un ragazzo (il 26enne srilankese, ndr) si è avvicinato a un altro gruppetto di persone con atteggiamento provocatorio. I toni si sono subito alzati e il ragazzo ha tirato fuori un coltello e ha provato a colpire chi gli stava attorno. A quel punto tutto il gruppo si è messo a spingerlo per cercare di neutralizzarlo».
L’intervistato è rimasto coinvolto in prima persona, rischiando non poco: «A un certo punto me l’hanno spinto addosso e lui ha provato ad accoltellarmi. Ma sono riuscito a schivare il colpo e ad allontanarlo con una spinta. Poco dopo si è girato e se n’è andato verso la Rotonda. Anch’io e il mio amico ci siamo allontanati, ma nella direzione opposta, verso casa visto che erano ormai le due di notte. Poco dopo, tuttavia, la nostra attenzione è stata richiamata da delle urla e ci siamo affacciati sulla rotonda», assistendo da lontano all’aggressione.
È presumibile che gli inquirenti abbiano raccolto altre testimonianze simili. Se le stesse confermano questa narrazione, la dinamica dello scontro avvenuto quella sera potrebbe assumere connotazioni diverse. I giovani in Rotonda, e fra loro anche una ragazza (che pure sarebbe finita sotto inchiesta, come anticipato dalla Rsi), potrebbero in effetti aver agito poiché si sentivano terrorizzati, spaventati e minacciati dalla presenza del giovane armato e alterato. E quindi la loro intenzione era verosimilmente evitare il peggio. Una sorta di legittima difesa, ovviamente ancora tutta da verificare, sia per la sua legittimità, sia nelle sue proporzioni. Per ora i capi d’accusa ipotizzati nei confronti dei cinque arrestati vanno in un’altra direzione e sono pesantissimi: tentato omicidio e aggressione.
Spetterà agli inquirenti, coordinati dal procuratore pubblico Pablo Fäh, stabilire cosa sia successo e le responsabilità dei protagonisti di quella serata di violenza. Un compito reso più difficile dal fatto che il 26enne srilankese, che ha alle spalle diversi procedimenti penali, ha fatto perdere le sue tracce. Il giorno dopo il pestaggio si sarebbe recato, forse accompagnato, al Pronto soccorso della clinica Santa Chiara, ma per ora, per una questione di segreto medico, il referto non ha ancora potuto essere acquisito dagli inquirenti. Dal video non sembra aver mai perso conoscenza e si sarebbe rialzato da solo. Ci si può pure chiedere, infine, se nei suoi confronti sia stato aperto un procedimento per minacce e per detenzione di un’arma da taglio.