L’esecutore testamentario ricorda le volontà della defunta proprietaria e il ruolo della Diocesi di Lugano, beneficiaria dell’importante lascito
Gli interventi effettuati nel tempo sul fondo che ospita Casa Bandera, sulla Rivapiana di Minusio, sono nel segno di una continuità di utilizzo. «Se non ci fosse stata questa possibilità, la proprietà oggi sarebbe in uno stato di abbandono». E come "possibilità" vanno intese sia la recente domanda di costruzione per ampliamento e ristrutturazione dell’edificio ai fini di un futuro utilizzo residenziale, sia un suo precedente restauro con costruzione di un nuovo stabile abitativo con atelier a nord da parte di Pedro Pedrazzini, con il quale la Diocesi di Lugano aveva stipulato nel 2004 un diritto di superficie cinquantennale.
Le precisazioni giungono alla "Regione" da parte di Marco Cadlolo, nominato nel ‘90 esecutore del testamento pubblico in cui Lucia Bandera, della famiglia proprietaria di terreno e stabili (due case, una latrina, una stalla con ripostiglio, un cortile, più una corte e un ampio giardino con orto e vigna) annunciava la decisione di far rescindere, alla sua morte, la Convenzione stipulata tra la Diocesi di Lugano e la Missione Betlemme (Missionshaus Bethlehem).
I rapporti fra la famiglia Bandera e la Diocesi di Lugano nascevano con un atto di donazione stipulato l’11 settembre 1979 da Lucia «unitamente al fratello Rocco, deceduto nel 1981», ricorda Cadlolo. L’articolo 1 dell’atto di donazione sottolineava che "il fondo dovrà rimanere sempre di proprietà della Diocesi". Questo, quindi, al di là di un utilizzo che Bandera aveva inizialmente voluto legare agli interessi della Missione Betlemme Immensee, cui era stata molto vicina in vita. Tuttavia, dopo l’atto di donazione, sottolinea Cadlolo, «i rapporti fra la signora Lucia Bandera e il responsabile della Missione dei Padri di Betlemme Immensee, Padre Silvio Bernasconi (deceduto nel 2016) si sono col tempo deteriorati per vari motivi, fra i quali il problema della proprietà, la quale abbisognava di un intervento di manutenzione, con costi che dovevano essere a carico della Missione Betlemme». Per questi motivi, dice l’esecutore testamentario, «i rapporti si sono poi rotti definitivamente».
Cadlolo ricorda che si «era cercato di esaminare le diverse proposte, tenendo però presente in primo luogo di mettere una comunità religiosa femminile o maschile, ma purtroppo non è stato possibile per diversi motivi; e oltre a questo, per potervi insediare una comunità religiosa, si dovevano effettuare degli interventi alla vecchia abitazione, nonché alla casetta denominata foresteria, con dei costi non indifferenti, essendo il legato privo di mezzi finanziari». Pertanto, «al fine di evitare che la proprietà andasse in rovina, provvisoriamente l’abitazione era stata affidata ad un’inquilina».
Ma la vera svolta s’era avuta in seguito, quando nel 2004 era stato deciso di «costituire un diritto a sè stante e permanente, con scadenza nel 2054, tra la Diocesi di Lugano e il signor Pedro Pedrazzini, il quale ha potuto far restaurare la vecchia abitazione del 1896-1909 e nel contempo aveva fatto realizzare la nuova costruzione». Interventi – come aveva riportato a suo tempo la "Regione" – che nulla avevano però a che fare con il desiderio originario di Lucia Bandera di far beneficiare del fondo la Missione Betlemme Immensee, come ad atto di donazione.
Recentemente, infine, al Municipio di Minusio è stata inoltrata una domanda di costruzione «per realizzare una nuova ala», stando alla fomulazione di Cadlolo; in realtà, il progetto riguarda l’ampliamento dei volumi a sud e una ristrutturazione interna di Casa Bandera. «Non vedo – commenta comunque Cadlolo – dove sia il problema». Questo poiché, come già accennato, «se non ci fosse stata questa possibilità, la proprietà sarebbe oggi in uno stato di abbandono. Tutte le decisioni sono state prese in comune accordo con la Veneranda Curia vescovile di Lugano e il sottoscritto, grazie ai due Vescovi di allora, mons. Eugenio Corecco (di grata memoria) e mons. Pier Giacomo Grampa». Tutto il resto, considera infine Marco Cadlolo nelle sue vesti di antico esecutore testamentario, sono «polemiche inutili».