‘Hanno tolto ai miei figli il diritto all’istruzione’. Sisini (Decs): ‘Una ventina di casi in tutto il Ticino. La Legge sulla scuola parla chiaro’
«Che arrivassero a togliere il diritto all’istruzione ai bambini di scuola elementare francamente mi lascia sbigottita». È la reazione di una mamma del Locarnese alla linea dura adottata dal Decs riguardo ai bimbi i cui genitori sono a tal punto contrari alla soluzione della mascherina da rifiutarsi di mandarli a scuola. Una linea dura che si traduce nel divieto, diramato alle Direzioni scolastiche, di consegnare ai genitori reticenti o spaventati il materiale didattico necessario per consentire alle famiglie di seguire da casa il programma. «Dopo aver chiesto se accettavano i miei figli anche senza mascherina (richiesta respinta) abbiamo domandato che almeno ci venisse dato il materiale didattico (compiti o schede) con cui supplire a casa all’assenza dall’aula. Ci è stato risposto che “per disposizioni dall’alto non lo possiamo più fare”». Qualche giorno dopo «una lettera raccomandata era arrivata a domicilio preannunciando sanzioni per assenza arbitraria, nonché una segnalazione alle Autorità regionali di protezione (Arp)».
La mamma in questione, considerando non solo inutile, ma anche dannosa la mascherina per i suoi bimbi ancora piccoli (di seconda e quarta elementare) aveva deciso di reagire all’imposizione della misura sanitaria già dalla prima elementare con un’azione “di forza”. «Da oltre due settimane non mandiamo più i nostri figli a scuola in base al principio di precauzione: con tanto di studi abbiamo mostrato alla scuola la nostra preoccupazione e la conseguente volontà di proteggere i nostri figli, pur avendoci riflettuto a fondo e comprendendo gli aspetti negativi che tale decisione porta con sé. In ogni caso abbiamo chiaramente espresso l’intenzione di accompagnarli al meglio nel percorso scolastico, per il momento da casa, vista la situazione straordinaria. Abbiamo gli strumenti per farlo ed è assurdo che intenzionalmente non ci si fornisca il materiale didattico. Siamo certi che la mascherina non determina né il benessere fisico, né quello psicologico dei bambini. Non bisogna essere complottisti per dare credito a chi ragiona in questo senso». Tema, questo, che aveva spinto alla “contestazione collettiva” firmata da diverse centinaia di genitori all’attenzione del Consiglio di Stato.
Nata da alcune mamme di Locarno, e poi estesasi alla regione e a tutto il Ticino, la petizione sottolinea come la Scuola ticinese avesse rinunciato al ruolo di “alleata” sempre avuto rispetto alle famiglie in questo periodo pandemico, in quanto “luogo di aggregazione privo, almeno per loro (i bimbi più piccoli, ndr) di forti e definitivi simboli riguardanti la pandemia”. Una situazione che con l’obbligo entrato in vigore il 10 gennaio “è venuta a cadere”, togliendo ai bambini la “protezione psicologica” che meritano. La sensazione è che “i bimbi si vedano assurgere a salvagente del mondo economico in quanto saranno obbligati a portare la mascherina tutto il giorno con il solo fine di evitare sospensioni di classe che metterebbero in difficoltà le attività professionali in cui operano i genitori, fermo restando che la nuova variante non appare per nulla problematica per la salute dei nostri piccoli”. Ciò violerebbe “gravemente il loro diritto alla tutela che la società tutta deve loro”, comprometterebbe “la socializzazione” e alienerebbe “i rapporti fra le persone”, laddove “l’aspetto della socializzazione è centrale”.
Rezio Sisini, caposezione Scuole comunali, raggiunto dalla ‘Regione’ quantifica in «una ventina di casi aperti in tutto il Ticino in cui l’obbligo scolastico non è al momento rispettato. Si tratta di pochi casi limite – seguiti da vicino anche dagli ispettorati – che vanno rapportati agli oltre 30mila allievi che frequentano normalmente in presenza le scuole dell’infanzia, elementari e medie in Ticino». Nel merito del divieto di consegnare il materiale didattico per seguire a casa i bambini, Sisini precisa che «la nostra indicazione è che i docenti di scuola comunale si debbano concentrare sui bambini presenti in aula e su quelli costretti a casa per motivi medici comprovati dall’Ufficio del medico cantonale, dunque con assenze giustificate da scuola. Non è invece compito dei docenti fornire materiale didattico ai bambini purtroppo tenuti volutamente a casa dai genitori senza giustificazione valida, in contravvenzione con quanto prevede la Legge della scuola».
Qual è la trafila che seguite in questi casi?
La premessa è che il 13 gennaio scorso, come Cantone, avevamo indicato ai Municipi che il dialogo era la principale via raccomandata per rapportarsi con le famiglie che hanno inizialmente tenuto i figli a casa da scuola a seguito dell’introduzione dell’obbligo di mascherina a scuola. Questo, tenuto conto della ferma volontà di mantenere un buon rapporto di fiducia tra famiglia, scuola e istituzioni, in particolare a beneficio dei bambini coinvolti. Questo approccio, nella quasi totalità dei casi, ha permesso di gestire con successo timori e insicurezze delle famiglie, permettendo di trovare una soluzione nell’interesse degli allievi, facendoli rientrare a scuola.
Ma non è successo con tutti.
Per gestire le poche assenze ingiustificate residue che si sono protratte nel tempo nonostante le rassicurazioni fornite dalle autorità, i Municipi sono stati invitati in un primo tempo a informare le famiglie renitenti che la Legge della scuola (Lsc) prevede la frequenza obbligatoria della scuola per i bambini e i ragazzi dai 4 ai 15 anni (art. 6) e stabilisce che i genitori sono tenuti a collaborare con la scuola nello svolgimento dei suoi compiti educativi e in particolare che devono garantire la regolare frequenza della scuola per i figli sottoposti a obbligo scolastico (art. 53). Tenuto conto di ciò, i Municipi sono stati invitati, pur nella comprensione della situazione particolare in cui ci troviamo e delle preoccupazioni per i propri figli, a rammentare ai genitori renitenti che la frequenza scolastica è obbligatoria e a intimare di mandare i figli a scuola come previsto dalla Legge, richiamandoli al buon senso e alla collaborazione nell’interesse ultimo dell’allievo e segnalando che qualora il richiamo non avesse avuto buon esito, l’autorità comunale sarebbe stata tenuta a procedere con gli strumenti concessi dalla legge. La Lsc prevede infatti che in caso di inadempienza dei genitori i Municipi sono tenuti a intervenire, che in caso di inerzia o di inefficacia dei provvedimenti essi possono infliggere multe fino a 1’000 franchi e che nel caso di persistenza del rifiuto la situazione va segnalata alle Autorità di protezione (art. 54). Confidiamo nel buon senso delle famiglie a favore del benessere dei bambini, che è importante possano liberamente partecipare alla vita d’istituto e usufruire così di quegli apporti sociali oggi ancor più importanti del solito, evitando l’isolamento forzato per scelta delle famiglie. La scuola difende il diritto all’istruzione e tutela i bambini affinché possano usufruire di condizioni adeguate e uguali per tutti. Anche per questo le istituzioni sono tenute a far rispettare la Legge e, se la situazione lo esige, a prendere misure a favore dei bambini i cui genitori impediscono loro di frequentare la scuola dell’obbligo.