Locarnese

Rogo Capanna Soveltra: dopo la sentenza, ardono le polemiche

Attorno a quel che resta del rifugio valmaggese la rabbia di chi ritiene che, forse, si poteva evitare. Dal collaudo ‘fantasma’ alle assemblee roventi

28 ottobre 2021
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Bruciata il 2 ottobre 2017, poche ore prima del previsto sopralluogo dei funzionari cantonali e comunali atto a verificare lo stato dei lavori richiesti, la Capanna Soveltra, gioiellino apprezzato da migliaia di escursionisti e appassionati di montagna, inaugurata dopo tre anni di cantiere nel 1999 (ma, a quanto è dato sapere, mai ufficialmente collaudata dal competente Ufficio lavori sussidiati), ha scritto in questi giorni una delle pagine più nere della sua storia. Nere più della fuliggine presente su quel che resta di vecchie travi e mura arse dalle fiamme. Riportando d’attualità astio e rancori serpeggianti all’interno della Società alpinistica valmaggese (Sav) che, in quei tempi, la gestiva.

Nessun seguito alle segnalazioni di un esperto del Cantone

Martedì, come riferito da ‘laRegione’, il penultimo atto di una vicenda che ha acceso gli animi per parecchi mesi. Tutto ha però inizio prima ancora del rogo; il 13 agosto 2016, quando un ispettore dell’Ufficio della sanità del Cantone in giro per i monti pernotta in capanna. L’uomo, che professionalmente si occupa pure di agibilità di rifugi alpini, rileva delle criticità (non conformità) della struttura. Osservazioni che trasmette in una segnalazione al competente ufficio cantonale. Tra queste figura anche il problema del collaudo antincendio, per il quale è necessario il ricorso a un tecnico conosciuto. Senza i necessari correttivi, la capanna non può dunque essere messa a disposizione dell’utenza. Troppo rischioso. Tradotto: niente agibilità.

Segnalazioni e richieste che alcuni degli allora vertici della Sav non “digeriscono”. La stessa dirigenza scrive al Cantone ricordando l’importante lavoro fatto a favore della promozione dell’escursionismo, con la sistemazione dei sentieri e la messa a disposizione dei rifugi. Contesta, inoltre, le affermazioni dell’ispettore, le modalità procedurali e di segnalazione del funzionario che avrebbe dovuto avvisare gli interessati della sua visita e interpellarli prima di procedere alla stesura del verbale. L’Ufficio della sanità, nella sua risposta, riconosce e loda gli sforzi profusi dai volontari della Sav; tuttavia non può soprassedere sugli interventi richiesti. Malgrado ciò e in attesa di trovare un accordo, i vertici della Sav decidono di continuare a mettere a disposizione dell’utenza quel tetto, garantendo la presenza di guardiani in loco.

Le assemblee burrascose in Pretura e al Tribunale d’Appello

Quello che non tutti sanno è che il camino impiegato per scaldare i locali all’origine del devastante incendio qualche spavento l’aveva già regalato. Chi è a conoscenza dei fatti ricorda di alcuni principi d’incendio (conclusisi fortunatamente senza danni per la prontezza di riflessi dei presenti) negli anni precedenti il sinistro. Dei campanelli d’allarme non recepiti? Altra zona d’ombra, quella riguardante alcuni lavori eseguiti nella costruzione e difformi alla licenza edilizia rilasciata a suo tempo, dei quali si fa riferimento nei verbali.

Passano i mesi, si tengono alcune assemblee burrascose nelle quali volano parole grosse, minacce che portano alle dimissioni di alcuni membri dell’allora Comitato. Addirittura le carte di chi contesta alcune decisioni adottate (come la nomina dei subentranti) finiscono in Pretura di Vallemaggia a Cevio e, dopo una sentenza del pretore Siro Quadri (che rimanda al mittente le argomentazioni), giungono al Tribunale d’Appello.

La questione delle responsabilità va appianata prima di ripartire

Martedì, come detto, la sentenza. Quattro anni dopo l’incendio che ha distrutto la capanna Soveltra di Prato-Sornico, nell’aula della Pretura penale di Bellinzona la giudice Elisa Bianchi Roth ha condannato a pena pecuniaria sospesa per il reato d’incendio colposo l’allora (e oggi ancora) uomo guida della Sav. Questi tramite il suo legale ha comunque già fatto sapere di non accettare la sentenza e di voler inoltrare un ricorso in Appello. Secondo l’avvocato vi sarebbero, infatti, delle gravi responsabilità da parte di chi, sul posto, non ha saputo intervenire correttamente per spegnere il principio d’incendio prima che le fiamme avvolgessero il mobilio. Una capanna bruciata dunque non tanto per un vizio di costruzione (la canna fumaria non isolata conformemente alle nuove norme, surriscaldatasi) bensì per errori nella scelta del metodo di spegnimento. Fatto sta che l’ultima parola, in questa brutta storia, non è ancora stata scritta.

Intanto non è chiaro che ne sarà del rudere di proprietà del Patriziato di Prato. Ci sarà da risolvere la delicata questione delle assicurazioni e valutare se sia il caso, o meno, di ricostruire l’edificio ai Piedi del Campo Tencia. La sua posizione lo rendeva un ideale punto d’appoggio per le escursioni.

Dal sito internet della Sav si apprende che il gruppo di lavoro (GL) creato a tale scopo dopo l’incendio, “stabiliti gli obiettivi per la ricostruzione della capanna Soveltra, ha incaricato 4 progettisti di presentare le loro idee. Tre progetti sono rientrati nel termine fissato. Il 22 giugno 2018 ha assegnato l’incarico per la domanda di costruzione allo Studio Bianchi Architetti Associati Sagl, Solduno vincolandolo all’osservanza scrupolosa delle osservazioni del Dipartimento del territorio”. Il discorso progettazione (che dovrà tener conto anche delle normative sanitarie anti-pandemia), per ora, è fermo in attesa di sviluppi. Bisognerà, dapprima, aspettare la chiusura del caso e poi trovare i fondi (a tale scopo è addirittura stata ideata un’asta). Il volontariato disposto a partecipare alla ricostruzione, da solo, non basta. Serve denaro e per questo si fa appello ai sostenitori.

Una parte dei vecchi soci del sodalizio rivoltasi al nostro giornale ha detto di non sentirlo più come proprio: «I rifugi alpini sono un patrimonio collettivo e non il giardino di pochi...». Messaggio chiaro.

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