A poche settimane dal via della campagna di scavi, i risultati soddisfano l’équipe di ricercatori. Ora si pensa alla promozione del luogo. Sabato la presentazione al pubblico
Un abitato di altura fortificato, artificialmente, da cinte murarie. Dotato di una piccola torre di vedetta, a guardia e protezione dell’insediamento umano. Una struttura tipica dell’età del Bronzo e dell’età del Ferro diffusa in varie zone dell’arco alpino. È il caso del Castelliere di Tegna, il sito archeologico tornato sotto i riflettori di studiosi ed estimatori (a 80 anni esatti dal primo scavo) grazie alla nuova campagna di ricerche attualmente in corso, condotta da studenti dell’Università di Losanna (e loro colleghi di Zurigo e Neuchâtel), coordinati dall’archeologo Mattia Gillioz e dall’architetto Nicola Castelletti. Il tutto sotto l’occhio attento dell’Ufficio dei beni culturali del Cantone, sezione archeologia. Stamane, ai 530 metri di quota della collina, la presentazione ai media dei primi risultati di una ricerca che si protrarrà fino a fine mese. Per le sue peculiarità questo misterioso insediamento può essere considerato un punto nodale della rete di sistemi insediativi d’altura romani nel territorio ticinese di allora.
«Dare avvio a una nuova fase di studi implica degli sforzi anche finanziari – ha detto Rossana Cardani Vergani, alla testa del servizio archeologico dell’Ufficio dei beni culturali –. Senza l’accordo del Patriziato di Tegna, proprietario del fondo e al suo notevole impegno finanziario (che sin qui, per le varie campagne di scavi, si traduce in grossomodo 400mila franchi, ndr) sarebbe stato impensabile avviare il cantiere. I risultati, a due settimane dal via, sono davvero sorprendenti». Dai resti dell’edificio principale a pianta rettangolare adagiato sul cocuzzolo sono emersi particolari interessanti che permettono di accrescere le conoscenze di quello che era il sito originario, occupato sin dalla preistoria. «Le strutture murarie risalgono invece al periodo romano – osserva Mattia Gillioz, archeologo che guida il team di studenti –. Al suo interno vi era una grande cisterna per lo stoccaggio dell’acqua e nei locali, con pavimentazione in legno (poi bruciato da un incendio) abbiamo rinvenuto tracce di alimenti (cereali, fave, castagne, lenticchie). Il periodo è quello del VI secolo d.C., ma una datazione più precisa sarà possibile solo dopo gli esami più approfonditi dei reperti. Tra questi recipienti in pietra ollare per la cottura dei cibi, piccoli utensili, ceramiche da mensa, una macina e la punta di una freccia. A dimostrazione di come l’insediamento fosse vivo e non solamente un presidio militare di controllo delle vie lungo l’asse Pianura padana-Nord delle Alpi-Ossola e Vallese». Gli abitanti della collina rimasero lassù, verosimilmente, fin verso la metà del VI secolo.
«Di sicuro – prosegue Gillioz – sappiamo che questo fortino sulla sommità della collina era parte integrante di una rete di comunicazione. A eccezione del Castelgrande di Bellinzona, non abbiamo notizie certe di ulteriori castellieri presenti in Ticino. Si ipotizza che qualcosa di analogo fosse presente nella zona del Monte Verità di Ascona, (o nell’area del San Materno), dal momento che visivamente le postazioni dovevano essere collegate. Interessante sarebbe condurre una ricerca lungo i vari passi alpini, magari anche con l’aiuto della toponomastica. Purtroppo quella tra l’antichità e l’alto Medioevo è un’epoca ancora poco conosciuta alle nostre latitudini».
Quanto ai reperti portati alla luce, saranno trasferiti negli uffici cantonali per ulteriori approfondimenti e catalogazione. Poi, coinvolgendo magari realtà museali locali, si potrà pensare di esporli al pubblico.
Su quest’altura, che oggi regala a centinaia di visitatori all’anno di tutte le età un luogo di svago (e panoramico) unico e ricco di storia, parallelamente all’indagine archeologica avanza, pure, un progetto altrettanto importante di divulgazione e valorizzazione del luogo.
Nicola Castelletti, architetto, si sofferma sulla strategia: «Una volta ripristinato il luogo (il sito archeologico, non essendo minacciato dagli agenti atmosferici, ultimati gli scavi verrà ricoperto e ritroverà il suo aspetto naturale, ndr) occorrerà pensare a come invogliare la gente a salire quassù e a scoprire l’area. Lo faremo in modo semplice, inserendo il parco archeologico in un contesto ambientale (con riferimento anche alla vicina selva castanile) e geologico che possa accrescere i motivi per una visita. L’idea è quella di raccogliere le informazioni multidisciplinari (suddivise per fasce di età dei fruitori, dagli allievi delle Elementari agli adulti, relative a storia, architettura, scienze naturali) in cofanetti. La loro distribuzione avverrà attraverso gli attori culturali già presenti nella regione e in vari punti d’interesse. Lavoreremo a questa iniziativa nel corso dell’inverno, per essere pronti per l’inizio della bella stagione».
Il Castelliere riveste dunque una grande importanza scientifica e divulgativa sotto molteplici aspetti. Al riguardo, da segnalare che il pubblico potrà approfittare della giornata di porte aperte in programma sabato 18 settembre, dalle 10 alle 12, con ritrovo direttamente sulla collina. Luogo raggiungibile grazie al sentiero pedestre che si snoda dal nucleo di Tegna o da Ponte Brolla. Si raccomanda d’indossare scarpe adatte e di portarsi appresso di che rifocillarsi.