La festa al Baitin del Pastor, sul Limidario/Ghiridone, è stata dedicata quest’anno all’amico e collega scomparso tragicamente nell’ottobre del 2020
Il Baitin del Pastor è – appunto – una piccola, modesta baita. Era malridotta tredici anni fa, quando l’Erminio e i suoi amici hanno cominciato a prendersene cura: dapprima il tetto in piode, poi negli anni il tavolo esterno, l’acqua, la fontana, il pannello solare. Intitolato al suo ideatore Giorgio Ielmoni, scomparso nel 2008, in passato fungeva da ricovero estivo per capre e pecore, da bivacco per i cacciatori e da posto di vedetta per i ‘finanzieri’ sulle tracce dei contrabbandieri. Oggi «non serve quasi a niente» (Alberto Paleari). Nel senso che di lì non si passa, bisogna andarci apposta. Il Baitin difatti sta fuori dai sentieri battuti, appoggiato su un terrazzo lungo il ripido versante piemontese del Limidario/Ghiridone, poco sotto il crinale della montagna che unisce Svizzera e Italia. Da lì lo sguardo rivolto a sud abbraccia la Valgrande. Quella ‘Valgranda’ che Erminio Ferrari amava, al punto da lasciarci tragicamente la vita il 14 ottobre 2020 (è già trascorso quasi un anno e ancora non ci sembra vero). È qui che l’amico e collega è stato ricordato domenica – alla presenza dei figli Marta e Tazio – dagli amici del Baitín e del Soccorso Alpino, da quelli del Corpo filarmonico cannobiese diretto dal maestro Aldo Scheber e della ‘Regione’ e da tanti altri. Una cosa alla buona: polenta e spezzatino (preparati dai cacciatori di Cannobio), un bicchiere di vino, tanta musica, poche parole (quelle di Marta, di Sonia Luini del gruppo del Baitin, della presidente della Filarmonica Rosanna Scheber, della guida alpina e scrittore Alberto Paleari, del sottoscritto e del consigliere comunale Mauro Cavalli). Così, sulle note di ‘Bella Ciao’, senza applausi per lui ma solo per i musicanti, lo abbiamo “seppellito lassù in montagna, sotto l’ombra di un bel fior”, sul ‘suo’ Limidario, come l’Ermi avrebbe voluto, fuori dai sentieri battuti che accuratamente evitava.