Sulla facciata di uno stabile in via Balestra la balena in doppia versione come simbolo del rapporto, ormai distorto, fra uomo e natura
Un piccolo cetaceo in carne ed ossa dentro una balena fatta di neon: è il debutto locarnese di Nevercrew, il binomio ticinese di “street art” composto da Christian Rebecchi e Pablo Togni, che da 25 anni realizza opere d'arte specialmente su facciate di stabili in giro per il mondo e che nel 2020 ha vinto il Premio per l'artista Bally. L'opera è stata commissionata da Alessandro Bonalumi, della Pianifica Sa, su una superficie di circa 9,5 metri di larghezza per 3,5 di altezza. L'obiettivo, spiega Bonalumi, era «movimentare una parete ferma, e farlo sottolineando il nostro legame con l'ambiente».
Un obiettivo, si direbbe raggiunto. A capo di un lavorazione sul posto, in via Balestra, durata 5 giorni, il dipinto realizzato con pittura ad acqua da parete (e un uso minimo delle tradizionali bombolette spray) veicola il discorso che Nevercrew porta avanti da sempre. Lo spiega Christian Rebecchi: «La balena è un simbolo del rapporto fra uomo e natura e lo utilizziamo per fare un discorso generale che riguarda gli oceani e che rimanda alla storia che il cetaceo ha con l'uomo, in particolare per quanto riguarda la caccia, finalizzata in tempi antichi all'utilizzo dell'olio per l'illuminazione artificiale. Intere società hanno vissuto sul commercio delle balene. Oggi rispetto alle balene c'è una distanza percettiva importante, perché tutti le conoscono ma è difficile avere un'esperienza diretta con loro. E tuttavia la balena continua a subire le azioni dell'uomo, a vari livelli». Nel caso specifico, continua Rebecchi, «volevamo lavorare su qualcosa di tecnico e meccanico e abbiamo deciso di usare il rapporto fra l'elemento umano – la luce al neon – e quello naturale. Il tema è quello della percezione distorta che ha l'uomo della natura. Nella nostra ricostruzione questa percezione sovrasta la natura reale, rappresentata dalla balena piccola».
Per il 2021 si prospettano altri lavori in Svizzera, ma anche in Francia e negli Usa: «Dipingere all'estero è un'esperienza diversa dal viaggio turistico – conclude Rebecchi –. Intervieni sul territorio, vivi una routine particolare, conosci la gente del quartiere, cerchi dove comprare il materiale, trovi una tua piccola dimensione in un luogo nuovo».