Pronto e imbottigliato il vino prodotto dalla start-up finanziata dal Comune con le uve in eccesso fornite da una ventina di viticoltori locali
“Impervio 2020”. È una denominazione fortemente evocativa, quella scelta per il Merlot prodotto dalla start-up dei viticoltori di Gordola. Evocativa certamente delle caratteristiche morfologiche dei vigneti collinari di Gordola, ma forse (volendo) anche del periodo che tutti quanti, da troppo tempo, stiamo vivendo. Impervia, soprattutto, era stata l’annata in cui le grosse cantine avevano deciso di ridurre da 800 a 500 grammi il ritiro di uve in eccesso al metro quadrato. Da lì era partita l’iniziativa di Federviti Locarno e Valli, in collaborazione con il Comune: creare una start-up appunto in cui confluissero, sotto forma di associazione, i viticoltori gordolesi. Dal raccolto delle uve invendute – stimato a suo tempo in circa 75 quintali – sarebbero stati prodotti circa cinquemila litri di vino, poi imbottigliato e venduto a ristoranti e privati sia dall’azienda produttrice, sia in proprio dai viticoltori stessi, che si impegnavano a scontare il 20% delle uve fornite ritirando e piazzando poi sul mercato il prodotto finale. L’obiettivo: in primo luogo, a breve termine, dare un colpo di mano ai viticoltori locali; più in generale, a medio e lungo termine, salvaguardare quel patrimonio storico, paesaggistico e culturale che è fra le molecole del Dna di Gordola, Comune contraddistinto dai suoi oltre 30 ettari di storici vigneti in forte pendenza.
A posteriori, i quantitativi di uva raccolti sono risultati leggermente inferiori alle aspettative, così come di conseguenza le bottiglie di vino prodotte ed etichettate (circa seimila). Ma al di là delle cifre vale ovviamente il successo dell’operazione. Lo spiega René Grossi, vicesindaco di Gordola, che con il presidente di Federviti Graziano Carrara aveva a suo tempo scritto al Municipio illustrando la situazione difficoltosa dei viticoltori di Gordola, proponendo una soluzione “in casa” e favorendo l’istituzione della start-up, la cui attività sarebbe stata finanziata dal Comune con un prestito senza interessi su 5 anni. «Dopo l’ufficializzazione del progetto, a settembre era stata fatta la vendemmia, da cui era risultato un quantitativo di uva in eccesso un po’ minore rispetto alle previsioni – ricorda Grossi –. Questo perché alcuni viticoltori avevano deciso di arrangiarsi individualmente. Comunque, dal processo di produzione sono usciti circa cinquemila litri di vino (per oltre seimila bottiglie), che proprio nello scorso fine settimana sono stati giudicati pronti per la commercializzazione e imbottigliati. I viticoltori che hanno fornito le loro uve hanno già iniziato a ritirare la loro quota parte di vino, e lo stesso farà il Municipio. Il nostro “Impervio 2020” verrà dunque venduto sia ai privati che volessero sostenere il progetto, sia ai ristoratori, che potranno aggiungere un’etichetta prettamente locale alla loro lista di vini».
A questo proposito, se tanto si è potuto dire negli scorsi mesi sui valori dell’iniziativa dal punto di vista del sostegno ai viticoltori e al territorio, nulla era possibile azzardare circa un altro aspetto di fondamentale importanza: la qualità del vino prodotto. Aaron Piffero, che con Alessandro Turello è stato l’anima dell’avventura come cofondatore della start-up, non ha dubbi: «Possiamo parlare di un buon prodotto, e lo possiamo dire anche se il vino è ancora molto giovane e con il tempo potrà migliorare». Turello aggiunge che «la qualità di un vino parte da quella delle uve con cui è stato fatto. In genere, il lavoro svolto nella vigna vale almeno il 70% del risultato. Nel nostro caso i viticoltori che hanno aderito ci hanno consegnato uve di grande qualità, scelte molto bene e con gradazioni davvero eccezionali; quindi, da questo punto di vista, siamo partiti col piede giusto. In produzione abbiamo dato un indirizzo al vino, puntando su un prodotto molto semplice, tecnicamente un beverino di pronta beva. Lo abbiamo realizzato con tecniche di vinificazione che non prevedono grosse macerazioni e abbiamo utilizzato un lievito speciale che non tira fuori tannini duri. In parole povere abbiamo al momento un vino piacevole – ed è per questo che possiamo già venderlo – con un buon potenziale di miglioramento». Il che dovrebbe contribuire a dissipare i dubbi riguardanti la possibilità di vendita. Ricorda infatti Turello che «“Impervio”, oltre a riferirsi ai vigneti di Gordola, era anche il genere di strada che temevamo di dover affrontare per la commercializzazione...». I recapiti utili per chi volesse acquistare il nuovo nettare sono quelli dello stesso Alessandro Turello (076 544 31 37) e di Aaron Piffero (079 938 53 74), quei due «giovani viticoltori diplomati» che Graziano Carrara cita come «esempi di volontà e di impegno». Un impegno «tutt’altro che evidente, vista la giovane età» e che nella fattispecie il presidente della Federviti locarnese estende anche al Comune «per la salvaguardia della viticoltura storica di collina. Dopo tante riunioni fatte in passato, ecco che con questa iniziativa si è fatto qualcosa di concreto e lo si è fatto per bene. Questo, aggiungendo che il vino prodotto è secondo me davvero buonissimo».
Ai ristoranti le bottiglie vengono vendute a un prezzo politico di 10 franchi l’una, così da poter avere un certo margine di guadagno sulla rivendita. Un prezzo superiore è stato concordato con il Municipio per le 300 bottiglie ritirate dal Comune e poi donate in occasione di ricorrenze particolari.