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Locarno, un posto unico per lo scambio di semi locali

Il progetto denominato Semiteca sta tutto in un armadio. Lo si trova da una settimana allo Spazio Elle ed è accessibile in qualsiasi momento

Futuri fiori, legumi, ortaggi
4 marzo 2021
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Un’idea per reagire ai cambiamenti e usarli in modo creativo. È da questo principio della permacultura – metodo di progettazione basato su strategie ecologiche che permette di creare insediamenti agricoli in grado di rinnovarsi con un basso impiego di energia – che allo Spazio Elle di Locarno è sorto il nuovo progetto denominato Semiteca. Da una settimana a questa parte, all’entrata dello stabile situato in piazza Pedrazzini che ospita anche l’Oggettoteca, si trova un grande armadio in legno che contiene numerosi vasetti riempiti di semenze locali autoprodotte. L’invito rivolto a chiunque lo desideri è di “prendere in prestito” il tipo e la quantità di semi che vuole piantare e di portarne di propri da lasciare a disposizione sugli scaffali.

All’origine dell’iniziativa c’è Stephanie Rauer, progettista in permacultura e fondatrice dell’impresa GiOCa permacultura, che spiega: «Annualmente, all’azienda agricola La Colombera, si tiene uno scambio di semenze promosso da Lortobio e Pro Specie Rara. A causa della pandemia, però, l’appuntamento di febbraio è saltato e mi sono ritrovata in casa una gran quantità di semi raccolti durante svariati mesi. Ad un certo punto ho iniziato a pensare a come raggiungere le persone che avrebbero potuto averne bisogno, visto che il virus in circolazione ostacola gli incontri. Dopo qualche ricerca su internet ho scoperto che in Inghilterra e in Germania esistono delle “seed libraries”, biblioteche delle semenze». Seguendo tale l’ispirazione, il concetto è stato declinato per adattarsi alla situazione in corso e così è nata la proposta dell’armadio, in uno spazio aperto, accessibile autonomamente e ad ogni ora. Proposta che al Forum socio-culturale del Locarnese, il gruppo che gestisce lo Spazio Elle, è subito piaciuta. «Si tratta di un modo per facilitare lo scambio – precisa Stephanie –, ma senza la pretesa di sostituirsi al contatto tra le persone. La parte sociale, il piacere di ritrovarsi e condividere faccia a faccia i consigli non possono essere rimpiazzati».

Un progetto condiviso e partecipato
 


Pian piano torna ad animarsi (Foto Ti-Press)

Il passaparola che ne è seguito ha creato immediatamente un enorme fermento e una reazione a catena che ha avuto come conseguenza l’adesione all’iniziativa di numerose persone e associazioni. Assieme a GiOCa permacultura e all’associazione Permacultura Svizzera italiana si trovano ad esempio InTerrAgire, Lortobio, Orto a Scuola e Pro Specie Rara. «Mi piace particolarmente il fatto che il progetto sia nato da un bisogno rivelatosi diffuso e che sia stato messo in pratica in maniera spontanea, nell’ottica che con il tempo si riconfigurerà secondo l’evolversi delle necessità. Ed è straordinario come si sia creata in così poco tempo una rete di persone piene di energia, a disposizione ognuna con le proprie capacità e la voglia di rendersi utili per gli altri. In questo senso la Semiteca è di tutti coloro che vi partecipano e non appartiene a nessuno in particolare, così come dovrebbe essere per i semi». Stephanie rivela poi come già alcune persone si siano attivate per crearne una a Lugano, a Roveredo e sui monti di Carasso. E l’auspicio comune è proprio che ne germoglino molte altre sul territorio. «Ci piacerebbe che si diffondessero ovunque come luoghi dedicati allo scambio di prossimità, tra vicini. Sarebbe anche un modo per sensibilizzare sull’importanza di produrre i propri semi e metterli a disposizione. Oltre al gesto del regalare, trovo di grande valore quello di affidare la responsabilità di fare qualcosa alle persone, alimentando un processo naturale che crea abbondanza».

Le regole

Quanto alle caratteristiche dei semi, ci sono alcune regole da seguire che costituiscono i cardini su cui si regge il senso del progetto. Questi non devono essere comprati e ibridi, non idonei alla riproduzione, ed è fondamentale che siano locali. A livello pratico, sono da lasciare sui ripiani in bustine di carta o se il loro numero è considerevole vanno riposti in vasetti di vetro. Su ognuno c’è da applicare un’etichetta che indichi la varietà e il luogo in cui sono cresciuti, ad esempio l’altezza o la città, e poi li si dispone seguendo la classificazione. Infine chi ne ha bisogno può prendere quelli che si desidera seminare nel proprio orto familiare, assicurandosi di lasciare qualcosa anche a chi seguirà. «Nella prima settimana abbiamo già visto arrivare molti semi che vanno da diversi tipi di fiori, a legumi come fagioli e lenticchie, fino a numerosi ortaggi, tra cui zucche, pomodori, cetrioli, taccole. Ma c’è ancora moltissimo spazio a disposizione».

Il valore dei semi locali

L’importanza di aver accesso alle semenze locali è un aspetto che Stephanie sottolinea fornendo alcune valide ragioni. «Da una parte questi permettono di essere indipendenti dalle grandi multinazionali che hanno il potere sui semi, dunque si promuove e si favorisce quella che a livello politico è la dibattuta questione della sovranità alimentare. In secondo luogo si tratta di semi adatti al nostro clima e al suolo, più resistenti a malattie e intemperie, e che quindi sanno sopravvivere meglio». Inoltre si rivela un modo per essere più resilienti: «Durante il lockdown di primavera in molti hanno fatto una grande fatica a trovare semi da piantare perché non ci si poteva incontrare ed era tutto chiuso. Speriamo non si arrivi più a quella situazione, ma nel caso succedesse la Semiteca può essere un elemento utile per far fronte all’emergenza. Il messaggio è proprio quello di non lasciarsi travolgere dagli eventi imprevisti. Perché, come in questo caso, il problema può spingere a farsi domande e trovare soluzioni, e da una crisi può sorgere anche qualcosa di buono».