È uscito il primo opuscolo della ‘Guida letteraria della Svizzera italiana’ dedicato a Locarno e alle sue valli. Un viaggio attraverso il Novecento
Da Ernest Hemingway a Ignazio Silone, da Giuseppe Zoppi a Plinio Martini, sono svariati gli autori che al Locarnese hanno dedicato pagine, versi o intere opere. Ce ne propone una selezione Daniele Menenti nel primo fascicolo distrettuale della ‘Guida letteraria della Svizzera italiana’. L’opuscolo fresco di pubblicazione – a cui ne seguiranno altri incentrati sulle diverse regioni del comprensorio sudalpino, per la serie ‘Territorio di parole’ – è stato pensato per valorizzare e facilitare l’utilizzo della ‘Guida’. Un progetto nato nel 2019 e curato dall’Osservatorio culturale del Canton Ticino (facente capo al Decs), che fin’ora ha raccolto più di 1'921 citazioni di 371 autrici e autori.
Il Locarnese, spiega Menenti nell’introduzione del libretto di 16 pagine (scaricabile all’indirizzo guidaletteraria.ti.ch, dove è anche possibile richiedere il formato cartaceo), è un microcosmo molto diversificato, che va dalle palme sul lago alle ghiacciate cime alpine, e sul quale gli sguardi autoriali sono stati molti e diversi. A causa dell’impossibilità di coprire la totalità del distretto, la scelta fatta dal curatore dell’opuscolo è stata quella di presentare una piccola selezione di citazioni suddivise in due percorsi tematici: ‘Tempo di guerra e tempo di pace’, incentrato sulla dimensione urbana, e ‘Alpi e alpeggi’, focalizzato su quella rurale. Ne scaturisce un viaggio lungo due binari nella storia del Novecento, ricco di spunti e letture da riscoprire. Di seguito presentiamo qualche tappa.
La prima parte dell’itinerario si concentra sul ruolo assunto dal Locarnese nel contesto bellico del secolo scorso, con il Lago Maggiore quale territorio di frontiera dalle molteplici connotazioni: “Attraversare il lago dall’Italia ha significato fuga ed esilio nei travagliati periodi bellici o dittatoriali, o vivo e piacevole stupore di avventure alla scoperta di mondi vicini ma diversissimi”, illustra Menenti. La prima citazione delle 12 presentate (ognuna con una coordinata geografica di riferimento) spetta a Brissago ed è tratta dal celebre romanzo di Ernest Hemingway ambientato durante la Prima guerra mondiale ‘Addio alle armi’ (1929). Il protagonista, un soldato americano che ad un certo punto è costretto a fuggire dall’Italia in quanto disertore, raggiunge in barca con la compagna il porto del paese e con esso la salvezza: “Ora era certo che eravamo in Svizzera. C’erano molte case tra gli alberi dietro la riva e un po’ discosto dalla riva c’era un villaggio con le case di pietra, qualche villa sulla collina e una chiesa”.
Con la citazione numero 4 ci ritroviamo invece negli anni 30 raccontati da Ignazio Silone, autore che nel periodo tra le due guerre, come molti altri esuli in fuga dal clima sempre più oppressivo della vicina penisola, si stabilì in Svizzera. A Locarno è ambientato il suo unico romanzo a non svolgersi in Abruzzo, ‘La volpe e le camelie’ (1960), in cui narra la storia dell’antifascista Daniele e di sua figlia che si innamora di una spia del regime. “Anche sotto i portici della grande piazza, data la stagione e l’ora, la gente era scarsa: pochi stranieri, qualche pensionato, qualche soldato”.
All’agglomerato urbano affacciato sul Verbano fa da contraltare la morfologia vallerana con i suoi abitanti. Presentando il secondo itinerario, Menenti riflette sulle diverse concezioni del paesaggio alpino di cui nel XIX secolo viene lasciata alle spalle una visione spaventosa e inaccessibile per diventare un soggetto artistico. La rappresentazione idilliaca che da quel momento ne viene proposta non rende però conto della dura vita delle comunità di montagna in perpetua lotta per sopravvivere. Il panorama letterario ticinese ha avuto esponenti sia di una visione pittoresca, sia di una più disincantata e aderente alla realtà. In rappresentanza della prima troviamo Giuseppe Zoppi che illustra il mondo alpestre avvolto in un’aurea di soavità. Da ‘Il libro dell’alpe’ (1923): “Ieri, percorrendo la mia valle con un amico, gli indicavo, lassù nel cielo, sopra i paeselli di Brontallo, Menzonio, Prato, Peccia, Fusio, da ogni parte, i sette o otto alpi su cui da fanciullo sono stato: tutti a circa duemila metri sul mare, tutti aggrappati alle ultime vette ancora pezzate di neve, tutti fuori, in un certo senso, dal mondo, e mi esaltavo al pensiero di essere vissuto per tanto tempo così in alto”.
Agli antipodi risultano invece l’approccio e l’intento narrativo di Plinio Martini che riflette sulle condizioni sociali degli uomini in una dimensione valligiana piena di asperità. Da ‘Il fondo del sacco’ (1970): “E cominciò a raccontarmi la storia della strada di Fuioi. Quella strada se vuoi fartene un’idea hai da salire mezz’ora sopra Faedo. (...) La strada infatti è tutta nella roccia, sfrutta le cornici che tagliano le piodate, qua e là è scavata con le mine e gli scalpelli, un lavoro che chi l’ha fatto deve essere stato appeso a strapiombo per mesi”.
Chi fosse a conoscenza di tasselli letterari da aggiungere al patrimonio culturale e storico del Locarnese e del resto del Ticino, è invitato a contribuire al progetto segnalando autori, opere e luoghi a decs-oc@ti.ch o tramite l’apposito formulario.