Per il giudice la versione dell’imputato, benché non trasparente, è più credibile di quella della donna. Applicato il principio ‘in dubio pro reo’
“Difficile” è la parola che più spesso è risuonata nell’aula di tribunale dove alla sbarra c’era il 34enne cittadino marocchino accusato di stupro. (Del primo giorno di processo abbiamo dato notizia qui). A pronunciare il termine a più riprese è stato il presidente della Corte delle assise criminali di Locarno in Lugano, Marco Villa. Prima di prosciogliere l’imputato dalle accuse di violenza carnale e molestie sessuali ai danni della donna 70enne a cui faceva da autista, il giudice ha esordito dicendo che «se un’inchiesta nasce male è difficile riportarla sui giusti binari della corretta ricerca della verità». Il dibattimento, ricordiamo, aveva preso avvio lo scorso agosto, ma era stato interrotto per permettere ulteriori accertamenti. Le prove nel frattempo presentate sono tuttavia state reputate ancora insufficienti da parte della Corte allo scopo di acclarare la dinamica dei fatti.
Nell’esame della credibilità dell’accusatrice privata – ha detto il giudice, che ha definito la donna «una persona segnata dalla vita con evidenti sofferenze» – le sue dichiarazioni «non sono risultate lineari, costanti e univoche come richiede la dottrina della giurisprudenza». Non si possono bypassare – ha spiegato – chiare incongruenze come quella della datazione dei fatti, più volte spostata tra luglio (quando in realtà l’uomo era in Marocco) e novembre 2019, così come una serie di altri aspetti fondamentali di cui la donna ha dato versioni anche molto diverse. Vari, inoltre – a parere della Corte – i comportamenti che urtano con le ordinarie reazioni di una vittima di violenza sessuale, tra cui il fatto che la donna abbia ancora fatto entrare in casa quello che per lei era un aggressore, o l’essere salita nuovamente in auto con lui. Inverosimili o falsi anche altri episodi, come la lunga doccia che la donna ha dichiarato di aver fatto subito dopo la presunta violenza, accertata come impossibile non essendo lei in grado di accedere alla vasca senza l’aiuto di terzi.
Non che la versione dell’uomo – il quale ha parlato di quattro rapporti sessuali tutti consenzienti – sia completamente lineare e coerente, ha detto Villa, ma un po’ di più sì. Conclusione: «Questa Corte non sa e non può dire cosa sia realmente successo, ci sono dei dubbi su entrambi i fronti. E nel dubbio non può che procedere all’assoluzione dell’imputato in applicazione del principio in dubio pro reo». Per i 349 giorni trascorsi in carcere, il 34enne sarà indennizzato con 69mila 800 franchi.