La difesa si è battuta per l’assoluzione: ‘Falsa denuncia forse per soldi’. L'accusa chiede 4 anni e 9 mesi e l‘espulsione per il cittadino marocchino
È un ritorno in aula per il 34enne di nazionalità marocchina accusato di violenza carnale e molestie sessuali su una donna 70enne – persona fisicamente debilitata – a cui faceva da autista in qualità di volontario sia per l’organizzazione che l‘assisteva, sia su chiamata per esigenze private. L‘accusa mossa nei suoi confronti è di avere violentato la donna in un’occasione, verificatasi nel 2019, dopo essere entrato in casa sua sfruttando il contatto che si era venuto a creare nell’ambito dei precedenti trasporti.
Nell’agosto scorso l’uomo si era già trovato davanti alla Corte delle assise criminali di Locarno in Lugano, allora presieduta da Mauro Ermani. In quella circostanza, durante la fase dibattimentale, il giudice aveva però deciso di rimandare l’incarto al Ministero pubblico per ulteriori accertamenti. A distanza di cinque mesi ecco dunque l’uomo ricomparire nella stessa sede per il processo indiziario a suo carico svolto a porte chiuse. A presiedere la Corte, stavolta, il giudice Marco Villa, con i giudici a latere Aurelio Facchi e Monica Sartori-Lombardi.
Il 34enne, assistito dall’avvocata Sandra Xavier, ha contestato sia i fatti che le imputazioni. Durante la fase dibattimentale il giudice Marco Villa lo ha interrogato, ripercorrendo la sua versione degli eventi per valutarne la coerenza e stabilirne la veridicità. L’imputato ha dichiarato di aver consumato tre rapporti sessuali completi con la donna e uno a metà, sempre su iniziativa di lei e con il suo pieno consenso. Atti sessuali che, stando alla versione dell’uomo, sono avvenuti dopo espliciti inviti a casa da parte della donna – con cui si era instaurata una relazione di amicizia – e a cui egli stesso avrebbe messo fine nonostante altri approcci da lei tentati.
In fase requisitoria il procuratore pubblico Roberto Ruggeri ha ripercorso la difficile vita della donna e i suoi problemi di salute. Ha poi definito quelle dell’imputato «dichiarazioni strategiche e strumentali, un cocktail di ‘non ricordo’ e incoerenze». In seguito si è soffermato anche sulle incoerenze e le contraddizioni evidenti nelle versioni rilasciate dalla presunta vittima, riconducendole allo stress e alla sofferenza emotiva di una persona oggetto di violenza. Secondo il procuratore pubblico, l’imputato ha cercato di ricostruire e adattare una propria realtà che cozza con le condizioni di salute della donna (affetta da una malattia degenerativa che provoca limitazioni alla deambulazione, oltre che da altre patologie). «Non è una ‘femme fatale’, ma una vittima che chiede solo di essere creduta – ha detto Ruggeri –. Oltretutto non aveva nessuna ragione di denunciare falsamente l’imputato».
Ruggeri, definendolo l’accusato un predatore sessuale che ha tradito la fiducia di una persona della quale si doveva occupare, ha chiesto 4 anni e 9 mesi di carcere da scontare, dedotto il periodo di reclusione già sofferto (l’uomo si trova in prigione dallo scorso febbraio), più l’espulsione dalla Svizzera per 10 anni.
Presa la parola, il patrocinatore dell’accustrice privata, Marco Masoni, ha pure lui sottolineato come l’imputato si sia approfittato di una donna sola e vulnerabile. A titolo di risarcimento per torto morale ha avanzato la richiesta di 15’000 franchi.
Di tutt’altro avviso la difesa che ha chiesto la completa assoluzione del 34enne. Sandra Xavier ha iniziato la sua arringa sostenendo la fragilità della tesi del procuratore pubblico. I risultati degli accertamenti richiesti ad agosto – ha detto – non hanno minimamente intaccato le argomentazioni difensive, anzi hanno screditato quelle accusatorie. In primo luogo, «i problemi fisici della donna non le precludevano la possibilità di compiere le azioni raccontate dall’imputato». Passando in rassegna in modo dettagliato le diverse audizioni, l’avvocata si è in seguito soffermata su svariate dichiarazioni della donna mettendo in luce le incoerenze, i cambiamenti di versione e le inverosimiglianze: «La signora ha mentito a più riprese – ha cercato di dimostrare Xavier –. Inoltre non esistono riscontri su tutto quanto da lei detto, al contrario di quelli che attestano l’attendibilità di ciò che ha sempre sostenuto il mio assistito». Ha poi evidenziato la confusione generale nei racconti della donna e in particolar modo nel situare l’episodio del presunto stupro – prima a luglio, poi a ottobre 2019 (la denuncia è avvenuta nel febbraio 2020) –, così come i comportamenti difficili da ricondurre a una vittima di abusi sessuali – far nuovamente entrare in casa l’imputato di cui non ha mai detto di aver avuto paura e andare a bere il caffè con lui al bar –, e altre reazioni ritenute spiazzanti. Le comprovate difficoltà economiche della donna, ha sostenuto la difesa, potrebbero essere alla base della falsa denuncia e della conseguente pretesa di risarcimento economico.
La sentenza della Corte è prevista nella giornata di martedì.