Per Dadò editore è uscito un intenso racconto dei 6 anni di corrispondenza Rsi da Washington del giornalista locarnese
Un colpo basso assestato alla cieca? Di più: il lancio della petizione online con cui il “Guastafeste”, nel marzo del '18, aveva chiesto la rimozione di Andrea Vosti dal posto di corrispondente Rsi a Washington era stato molto più di questo, poiché sferrato lucidamente, per quanto lucida possa essere un'azione vergognosa operata per esporre un giornalista alla gogna pubblica (peggio ancora, quella online, dove notoriamente i più bassi istinti si liberano e bombardano prima per distruggere, poi per ridere ballando sulle macerie fumanti).
La colpa del corrispondente: fare cronaca. Riportando altre azioni vergognose, ma con ben altra eco, compiute guarda caso da un altro sedicente “guastafeste”: il presidente degli Stati Uniti d'America. Quel Donald Trump campione di bugie (durante il mandato, circa 15mila fra false dichiarazioni o dichiarazioni fuorvianti, secondo i “fact checkers” del Washington Post) la cui natura si sarebbe poi definitivamente confermata nel teatrino post-elettorale sceneggiato su presunti brogli ovviamente inesistenti, ma buoni per tener lontana la pecorella smarrita dai guai giudiziari che la investiranno una volta uscita dai verdi pascoli dalla Casa Bianca.
Proprio da quell'atto di bullismo – anche se in realtà, a posteriori, senza dargli più troppo peso – parte il racconto dei 6 anni americani di Vosti, che Armando Dadò editore ha pubblicato sotto il titolo “America First - Cronaca, storie e aneddoti di un Paese in crisi d'identità”. L'“America first” di Andrea Vosti è una dichiarazione d'amore verso un Paese senza molta storia ma popolato di grandi storie. Tante, Vosti torna a raccontarcele così come lui, da corrispondente, le ha vissute: la lobby delle armi e le stragi di massa, il sistema sanitario e l'annientamento dell'Obamacare, il Muro al confine con il Messico, George Floyd e suoi predecessori, tornando fino ai tempi della schiavitù e della sua abolizione. Altri contributi interessanti riguardano temi come l'alto tasso della mortalità materna e il costo proibitivo di una maternità negli ospedali pubblici, ma anche l'incorruttibile (e per noi inconcepibile) ottimismo a oltranza degli americani, il loro fatalismo, la capacità di sopravvivere a divieti e controsensi. E poi le inchieste – fra cui ricordiamo quella, sconvolgente, sul “commercio” online dei bimbi adottivi indesiderati – i viaggi e i grandi incontri.
Fra questi ultimi, ma è un esempio fra i tanti, uno vale il libro. Vosti ci conduce all'inizio di ottobre del 2014, nel giorno in cui, per un caso fortuito, viene invitato ad una raccolta fondi nel giardino della villa di Ben Bradlee, il mitico direttore del Washington Post ai tempi del Watergate. «A un certo punto – scrive il cronista – durante la serata stavo chiacchierando sul terrazzo, quando attraverso le tapparelle semi chiuse ho intravisto la sagoma di un uomo anziano che guardava la televisione in salotto». Era Bradlee, in pigiama, totalmente incurante della festa. Vosti è incredulo, pensa al Waltergate, ai Pentagon Papers, vorrebbe entrare, presentarsi, stringere la mano al mito, complimentarsi, magari rubare un selfie. «E invece – ammette – non ho avuto il coraggio». Perché sapeva dell'Alzheimer di Bradlee e della sua scelta di attendere la morte in casa, fra gli affetti più cari. «Mi sono limitato a fare una cosa – racconta, emozionandoci, Andrea Vosti –: sono entrato in casa, ho atteso che l'infermiera gli portasse il tè e, in piedi sulla porta del salotto appena socchiusa, gli ho sussurrato, senza farmi sentire: “Goodnight, Mr. Bradlee”». Dieci giorni dopo, il mondo accoglieva la notizia della sua morte.
Ma il libro è, appunto, molto di più: è un appassionato e appassionante racconto incrociato dove i fatti di cronaca si compenetrano con la vita vissuta, con quel “dietro le quinte”, o “dietro la notizia”, che è il vero valore aggiunto di questo genere di resoconti. Grazie a Vosti conosciamo un po' meglio i colleghi Ssr a Washington – cameramen freelance inclusi –, incontriamo Jim Acosta, volto noto della Cnn, e respiriamo i grandi spazi dell'Arizona battuti dai cartelli della droga messicani. In Messico, a Puerto Palomas, il cronista ci presenta la famiglia Castillo e il piccolo Mauricio, 6 anni, che ogni giorno, zainetto in spalla, attraversa la frontiera per andare a scuola a Columbus, New Mexico, in quanto nato negli Stati Uniti, da madre messicana, e quindi cittadino statunitense.
Incontri, racconti e reportage. Come quello da Wilmington, Carolina del Nord, dove nel settembre del '18 passa l'uragano Florence, che Vosti va a “conoscere” di persona e dalle cui disastrose conseguenze dovrà fuggire lungo strade che chiudono una dopo l'altra, fiumi che esondano e colleghi che, sui sedili posteriori del Suv, pregano per la propria salvezza...