Il pretore, eletto quinto giudice del Tribunale penale cantonale: ‘La nomina è stata come un sogno. Ma lo è stato anche operare in periferia’
Siro Quadri, classe 1968, è stato eletto, il 19 ottobre, quinto giudice del Tribunale penale cantonale. Questo significa che a breve dovrà lasciare la sua carica come pretore della Vallemaggia, ruolo ricoperto da Quadri per ben 14 anni. La “Regione” ha voluto incontrarlo per rivivere insieme a lui gli anni passati a Cevio, per parlare del futuro della Pretura e della futura funzione.
Ci racconti un po’ di lei.
Sono nato a Tesserete, frazione del Comune di Capriasca, dove ho vissuto la prima parte dell’infanzia, per poi trasferirmi a Camignolo. Dopo aver frequentato le scuole medie e il liceo di Lugano 2, mi sono trasferito a Friborgo per studiare Diritto. Terminati gli studi, sono ritornato nel mio Comune natale, alternando pratica e formazione come legale notarile presso alcuni studi di Lugano. In seguito si è liberato un posto come segretario assessore nella Pretura distrettuale civile di Lugano e mi sono candidato. Lì sono rimasto per sei anni.
Quindi lei ha preferito il martelletto alla toga.
Sì. Già allora preferivo rivestire il ruolo del giudice piuttosto che quello dell’avvocato. È una posizione mediana e neutra. Un avvocato difende una delle parti e capita di essere chiamati a patrocinare anche persone che sai essere colpevoli, anche magari di fatti gravissimi. E lo devi fare, perché tutti hanno diritto a essere difesi, chiaramente. Però questo aspetto a volte mi faceva sentire in imbarazzo: ossia il dover sostenere chi aveva commesso azioni che ritenevo ingiustificate. Magari pure vincendo la causa. Ho preferito dunque rivestire il ruolo di colui che istruisce e redige la sentenza, che prende la decisione, quella giusta, in base alle leggi. Quella che ti fa dire: “Ecco, abbiamo reso giustizia”.
Che cosa l’aveva portata a Cevio?
Nel 2006 sono stati aperti contemporaneamente due concorsi come pretore: uno in Vallemaggia e uno a Lugano. Io ho scelto di candidarmi unicamente per il primo, perché mi piaceva l’idea di operare in un Distretto che non solo vantava delle qualità paesaggistiche stupende, ma era ancora a misura d’uomo. Sono convinto che si renda giustizia più facilmente e più efficacemente in luoghi dove si conoscono bene le situazioni e non ci si basa unicamente su quanto emerge dall’incarto. Sono dunque venuto immediatamente ad abitare in valle, anche se allora non avevo nessun legame con questa regione. In questi anni ho avuto l’impressione che stessi lavorando anche quando ero libero perché vedi, senti, conosci tutta una serie di elementi che poi si rivelano preziosi nel momento in cui bisogna emettere un giudizio.
Cosa l’ha spinta a candidarsi come giudice al Tribunale penale cantonale?
Oltre a essere pretore della Vallemaggia, in contemporanea sono giudice alla Pretura penale di Bellinzona. Quindi, oltre al diritto civile, tratto anche quello penale. Materia, quest’ultima, che ho cominciato a masticare quando sono arrivato a Cevio. Dopo tanti anni ho deciso quindi di continuare la mia carriera in quell’ambito, candidandomi presso il Tribunale d’appello per il Tribunale penale cantonale. Mi entusiasma il fatto di dover presiedere processi con proposte di pena importanti, che purtroppo non potevano essere celebrati alla Pretura penale per ragioni di competenza. Dovrò anch’io cominciare a fare il pendolare. Ho deciso infatti che rimarrò in Vallemaggia. Non riesco a lasciarla. L’esperienza umana vissuta qui è stata stupenda, ho imparato tanto; non solo come giudice, ma anche come persona. Qui ci sono delle relazioni sociali che trovo siano più dirette, intense e sentite rispetto a quello che si percepisce in una città, dove i rapporti sono più distaccati e freddi.
Quando è arrivato a Cevio, come era stato accolto dalla comunità?
Inizialmente erano tutti scettici. “Questo arriva da fuori”, dicevano. Però, a poco a poco, sono riuscito a farmi accettare e ora mi vedono come uno di loro. Hanno constatato che io qui non solo ho fatto il mio lavoro, ma anche e soprattutto ho difeso la Pretura e, di riflesso, la valle. Penso alle battaglie combattute contro la chiusura dell’ufficio postale a Cevio, essenziale per gli interessi di un Tribunale. Se lo avessero veramente chiuso, la Pretura (che fa capo alla Posta per le intimazioni) sarebbe risultata indebolita e dunque “a rischio”. Dopo, è chiaro, c’è sempre qualcuno che non ha apprezzato, però nessuno può dire che io non mi sia battuto per le Istituzioni periferiche, convinto che anche in una zona discosta è possibile rendere e produrre esattamente come in città. Da lì è scaturita la coscienza della popolazione, che ha provato fierezza nel constatare che quello che negli altri Distretti era definito come un “tribunale minore” aveva tutte le ragioni per esistere e poteva dunque essere difeso.
Quali sono le differenze fra una Pretura di valle e una di città?
Pensiamo ad esempio ai divorzi. Il fatto che due persone divorzino a Maggia oppure a Paradiso non cambia assolutamente nulla. Sono persone che hanno una problematica da risolvere e magari devono anche gestire dei minori, con situazioni che danno preoccupazioni. Ci sono divorzi che sono molto complicati, litigiosi, contraddistinti da un insieme di punti dolenti che devono essere affrontati e risolti. Quindi, per quanto riguarda il diritto di famiglia, non è il territorio a fare la differenza. Idem negli altri ambiti. Una casa sul monte Bré non crea problematiche giudiziarie più difficili rispetto alla riattazione di un palazzo a Mogno.
Che qualità deve avere un pretore per lavorare in valle?
Chiaramente deve possedere solide conoscenze giuridiche, poiché queste sono fondamentali. Poi secondo me deve anche saper parlare con la gente, conoscere le loro situazioni e comprendere il loro pensiero. Quando sono arrivato qua ho dovuto imparare tante cose per poter poi affrontare nel modo migliore le cause pendenti. Una volta sono dovuto entrare in una cava per capire quali fossero le incombenze dei vari operai: cosa fa lo scalpellino, che cos’è il “gneiss”, in che condizioni lavorano. Questo per dire che in un tribunale piccolo il nome del giudice è associato a qualcuno che incontri tutti i giorni. E questo, come giudice, ti responsabilizza ancora di più.
Quanto è importante mantenere la Pretura in Vallemaggia?
Il Distretto è una piccola fetta di territorio però, insieme ad altri, può fare grandi cose. Ho sempre associato la centralizzazione a una burocratizzazione. È vero che ad essere tutti uniti sotto un unico tetto si favorisce il dialogo fra colleghi e lo scambio delle informazioni. Però, d’altro canto, questo toglierebbe quella vicinanza che il magistrato deve avere col territorio, proprio perché è importante che lui conosca le situazioni. Se qualcuno mi porta un incarto di una famiglia di Chiasso, sicuramente lo gestirei con meno efficacia rispetto a uno di una famiglia di Gordevio. Perché qui la situazione, in parte, la si conosce già. Solo leggendo l’incarto, prendo atto già solo dell’età dei figli, deduco dove vanno a scuola, chi è il o la docente, quale bus prendono, che apprendistato svolgono, in quale ditta lavorano, eccetera. Sono tutte cose importanti per redigere una sentenza a “misura d’uomo”.
Per il momento possiamo dire che la pretura di Cevio è salva?
Per quanto mi riguarda, sì. In questi anni si è potuto dimostrare che la struttura funziona e ha lavoro ed è pertanto giustificata. Basta crederci. Perché gli incarti, civili e penali, in Vallemaggia non mancano assolutamente. Lo sanno anche i politici. Il Dipartimento delle Istituzioni e il suo direttore, Norman Gobbi, ci ha sempre sostenuto per ogni necessità e a volte anche con molto coraggio. Questo lo devo riconoscere. Perché qui non c’entra la politica, qui c’entra l’aver capito la situazione e, dunque, crederci.
Molti però temono che la sua partenza potrebbe preludere ad uno spostamento della Pretura valmaggese...
Questa notizia è giunta anche a me, emozionandomi molto. Vuol dire che il mio impegno è stato riconosciuto. Ma io oggi rassicuro tutti asserendo che non sono mai stato solo. Come detto sono stato – fin da subito – appoggiato dalla Divisione della Giustizia, dunque anche dal precedente consigliere di Stato Luigi Pedrazzini; dal pretore che mi ha preceduto, Claudio Rotanzi; dai Municipi di tutta la valle, in particolare quello di Cevio e dal suo sindaco Pierluigi Martini; e ora, come detto, dall’attuale consigliere di Stato Norman Gobbi. Perché il bello della Vallemaggia è che, da sempre, se una causa è giusta si va fino in fondo, tutti insieme. Questa vicinanza delle Istituzioni (tutte) quando lavoravo a Lugano, devo dire che la percepivo di meno. Mi sento quindi di tranquillizzare la gente: ci saranno sempre persone pronte a crederci e a difenderla, collaborando.
Ritornando alla sua elezione del 19 ottobre, cosa ha provato quando è stato scelto?
Ci tenevo, ma francamente non me l'aspettavo perché non ero il candidato favorito. È stata un’emozione fortissima. Quel pomeriggio mi ero rintanato in una piccola osteria a Someo e con il telefono seguivo in streaming la seduta del Gran Consiglio. Quando ho sentito il presidente pronunciare il mio nome non mi sembrava vero. Anzi, le dirò, i giorni successivi, quando mi svegliavo al mattino credevo ancora si trattasse di un sogno, destinato a rimanere tale. Invece è realtà.
Il concorso per il suo successore scadrà il 20 novembre. Quali sono i suoi consigli a chi le subentrerà?
Mi sento di consigliargli di essere molto pratico nella redazione delle varie decisioni. Credo che una sentenza debba essere capita perfettamente dalle parti, non solo dai loro avvocati, e deve essere convincente e possibilmente far contento anche chi perde la causa. Nessuno è mai felice di uscire sconfitto, però bisogna far capire che sono i fatti e il diritto a portare a una determinata convinzione, tradotta in sentenza. Questo è importante per qualsiasi giudice, ma qui in valle ancora di più perché ti porti dietro questa responsabilità anche fuori dall’ufficio. Qui non sei un numero, sei una persona che sta in mezzo alla gente. E un errore pesa dunque come un macigno. Inoltre, la persona eletta dovrà credere nella continuazione della Pretura del Distretto di Vallemaggia. A volte non sarà facile, perché siamo pochi e spesso sottovalutati; tuttavia il suo entusiasmo, se mantenuto, sarà sicuramente condiviso dai più.
Le dispiace lasciare la pretura di Cevio?
Tantissimo. Ho avuto un’esperienza bellissima e condivisa con i collaboratori in un clima molto affiatato. Qui lascerò, dal profilo professionale, un team convinto di voler fare il bene della Pretura e della giustizia, con la speranza di ritrovare a Lugano il medesimo entusiasmo. Pensare che presto quello che ho vissuto qui diventerà un ricordo mi crea una sensazione di malinconia... Abitando a Cevio, e avendo comunque qua la mia casa e molti affetti, credo però che questa malinconia sarà meno dolorosa: ora, invece di guardare dalle finestre della Pretura da dentro, dovrò limitarmi a guardarle dal di fuori. Parto per lavorare in città, ma il cuore rimane comunque sempre qui.