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Monte Brè sopra Locarno, in attesa del Resort è l'abbandono

Con il 'Borgo Miranda' extralusso bloccato dalla zona di pianificazione, le aree rastrellate dagli investitori immobiliari cedono all'incuria

La piscina sotto l'albergo abbandonato
28 maggio 2020
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Sono scorie invisibili, quelle che aleggiano al Monte Brè fra fautori e contrari al progetto di Resort che la Aedartis Ag intende realizzare sull'ampio lotto affacciato sul delta della Maggia. Scorie che sono nate dalle infinite diatribe sull'opportunità di svendere una fetta consistente di territorio - cedendo case e terreni per far spazio ad un progetto confederato misurabile in centinaia di milioni di franchi - e che si percepiscono in certe frasi dette sottovoce laddove indesiderati orecchi potrebbero ascoltarle.

Un'arteria esangue

Raggiungiamo l'eremo locarnese percorrendo l'estenuante strada comunale che da Locarno-Monti serpeggia in direzione del colle. Già solo l'avvicinamento, e i problemi che esso comporta nei frequenti casi di incrocio fra autovetture, conferma la totale incongruenza di una visione d'élite - improntata oltretutto sul concetto della vivibilità - rispetto alla realtà dei fatti. Dovesse essere necessario un trasporto via gomma dei materiali da costruzione, l'arteria dovrebbe essere completamente ricalibrata e adattata. Quanto alla soluzione aerea - evocata anche per l'accompagnamento in quota dei facoltosi clienti del futuro "Borgo Miranda" - appare come gravemente pregiudizievole della tranquillità che è tratto caratterizzante per tutta la fascia collinare locarnese. Tutte cose già note, ma calpestare il terreno non fa che rafforzare le convinzioni.

L'aria che si respira al monte è quella tipica delle attese che non hanno il conforto di nessuna scadenza. E come tali alimentano soprattutto l'incuria, che si manifesta nel contrasto fra ciò che era stato fatto nei primi momenti di slancio (come il disboscamento di un'area dove ancora resistono, demarcate sul tronco, alcune piante ad altissimo fusto) e il congelamento per volontà popolare delle velleità imprenditoriali. Se lo ricordano bene, l'entusiasmo del "Principe" Peter zu-Sayn Wittgenstein, quando faceva distribuire legna gratuita e con lo sguardo abbracciava quel luogo di cui si diceva innamorato. "Sapeva farsi voler bene", ci dicono di quell'uomo che aveva condotto in prima persona molte trattative di compravendita immobiliare. Poi sono emersi il vero nome, la nobiltà acquistata, le pratiche di import-export di sale himalayano che si voleva terapeutico e una vecchia causa per frode fiscale intentata in Germania per aver trasferito i proventi aziendali tramite società di copertura a Las Vegas. Ed era arrivata la zona di pianificazione fatta istituire dalla Città.

Un triste baluardo

L'ex proprietà Maggiorini - un enorme sedime all'estremo sud dell'area di progetto - evoca nel nostro anonimo accompagnatore ricordi di incontri giovanili. Oggi, commenta, della vita di allora non rimane nulla: la vecchia villa è disabitata, un trattore a pezzi le fa da sentinella e due cavalli sono stati messi a pascolare per tener pulito il grande prato. Emblematici dello stato della recinzione che delimita la superficie sono le sue parti arrugginite o scardinate, mentre le erbacce ne prendono viepiù possesso. Risalendo il pendio, il "respiro" del sedime sottostante cede ad una maggior densificazione urbanistica e ad una intricata teoria di diritti di passo che indica soluzioni ad antichi rapporti di vicinato. Ma le case sono vuote, abbandonati i giardini, dimenticate le liturgie di una condivisione del territorio che significava soprattutto cura e reciproco impegno. Così è lungo tutto il versante, fino al vecchio albergo abbandonato che - se mai sarà davvero ristrutturato e trasformato in "4 stelle superior" - del Borgo Miranda sarà il principale baluardo. Nell'attesa, la terrazza è un ingombro di ruderi da ristorazione, un tappeto verde cola da un balcone e nella piscina sembra abbeverarsi d'acqua piovana un'ingombrante, indecifrabile struttura in legno e metallo.

Ancora più su, passando dalle villette di molti confederati "adottati" dagli autoctoni dopo decenni di permanenza, si giunge a quella che è nota come l'ex proprietà Schilling, dove lungamente il "Principe" aveva vissuto affondando le sue incipienti radici locarnesi. La splendida tenuta, fatta a terrazzamenti, è completamente circondata da una robusta recinzione. All'interno, la vegetazione ha conquistato anche i passaggi coperti dell'elegante scalinata esterna, realizzati a suo tempo per evitare all'antico proprietario la fatica di aprire l'ombrello nei giorni di pioggia. Il delta, da qui, è un sorriso lontanissimo. E le Isole di Brissago due piccoli nei di bellezza.