‘Un filo d’Iran’, pubblicato da Salvioni, è il racconto di viaggio (in bici) da Baku a Shiraz. Mercoledì la presentazione a Monte Carasso
Consegnarsi al mondo, senza filtri, con tutto se stesso. Esplorarlo a passo d’uomo, in sella ad una bici, per scoprire l’essenza dei luoghi e le sensazioni della gente. Parlare – «o, spesso, farsi capire a gesti» – per chiedere un tetto, ordinare un pasto, ottenere un’informazione. E porsi come persona fra le persone, al di là di un passaporto o una provenienza.
Dentro i viaggi di Malù Cortesi c’è la necessità profonda di costruire delle storie: la sua, che si intreccia con le mille incontrate lungo la strada. «Dai miei 50 anni, il mese di luglio lo dedico alla scoperta di nuovi luoghi – dice -. La prima esperienza era stata sul cammino di Santiago de Compostela: avremmo voluto andarci con Chiara quando fosse guarita». Ma alla meta del pellegrinaggio, della giovanissima figlia il papà ha potuto portare soltanto una fotografia, in un gesto che ha l’incommensurabile forza dell’amore.
«I primi anni ho viaggiato con un amico: dopo Santiago c’erano state San Pietroburgo, Istanbul, Gibilterra. Ora ci vado da solo. Ho fatto l’Italia (ma un incidente mi ha costretto a tornare anzitempo), poi la Grecia. Il mio sogno è sempre stata la Transiberiana, ma la complessità di quell’itinerario mi ha spinto a ripercorrere a tappe la Via della Seta, dal Nord-est europeo fino alla Cina. L’Iran – con gli echi persiani delle fiabe che ascoltavo da bambino – rientra in quest’avventura. Nel luglio di quest’anno sono partito da Baku, in Azerbaijan, diretto a Shiraz».
Quel che è successo lo troviamo oggi in “Un filo d’Iran”, libro pubblicato da Salvioni Edizioni che sarà presentato mercoledì 11 dicembre nel Convento delle Agostiniane a Monte Carasso (20.15, con Fabrizio Ceppi ad accompagnare l’autore, che illustrerà un diaporama) e martedì 17 dicembre nell’aula magna della Spai a Locarno (20.15, con Sergio Savoia).
Il libro è il diario condiviso da Malù con gli amici che lo hanno seguito in Facebook. «Gli aggiornamenti erano diventati un appuntamento fisso della mia “ciclonovela”: e venivo richiamato all’ordine se per un motivo o per l’altro non arrivavano puntuali…». Appunti che volevano anche essere un dono per chi non ha la possibilità di viaggiare, spiega Malù. Ma non solo: anche per chi nel viaggio altrui può vedere insicurezze, meraviglia e speranze che sono le proprie.
«Viaggiare è non avere un programma, vincere le paure, guardare la cartina, trovare la strada giusta e imboccarla. Viaggiare è arrangiarsi a farsi capire con la lingua universale della comunicazione – anche non verbale – che ci accomuna; è vivere fra la gente con il desiderio di incontrarla e di conoscerla». Come quell’uomo individuato in un bar in mezzo al nulla, approcciato, conosciuto e diventato poi magica e insperata guida verso una provvidenziale pozza d’acqua fresca custodita dentro uno scrigno di palme. Ed è solo un fra le mille storie.
Storie anche, e forse soprattutto, in immagini, che sono quelle scattate dall’autore «senza mai guardare in camera, guidato dalla sensazione di voler catturare quello specifico momento, che immediatamente fugge via». La foto diventa così lavoro artistico, legato alla forme. Sullo sfondo, l’Iran, «un Paese straordinario, pieno di spontaneità e altruismo. Dal profilo umano ho avuto l’impressione di salire su un treno che noi, qui, abbiamo perso tanto tempo fa».
“Un filo d’Iran” non avrebbe visto la luce senza i preziosi aiuti esterni: «Prima che decidessi di farne un libro ci avevano già pensato mio figlio con sua moglie, Cinthia Garcia, che è grafica ed aveva imbastito un lavoro di preparazione finalizzato ad una futura pubblicazione. Poi, quando ero in viaggio, ho ricevuto una chiamata di Daniela Ambrosoli, che tramite la sua Pierino Ambrosoli Foundation si è generosamente offerta di finanziare l’operazione». Ne è nato un diamante che brilla d’umanità. Anche per le sue finalità benefiche: il ricavato verrà devoluto alla Fondazione Elisa e alla Corsa della speranza.