Il Tribunale penale grigionese non giudica imparziale l’esperto incaricato dalla Procura di effettuare la perizia geologica
Frana di Bondo del 23 agosto 2017: il Ministero pubblico grigionese deve nominare un altro perito per stabilire se le autorità bregagliotte abbiano adottato le necessarie precauzioni di sicurezza prima della colata scesa lungo la Val Bondasca, una delle più grandi frane registrate in Svizzera negli ultimi 130 anni, che causò la morte di otto persone.
Da cinque anni e mezzo i parenti delle vittime stanno lottando contro l’archiviazione del procedimento penale. Nel 2019, davanti al Tribunale cantonale dei Grigioni, in un primo tempo gli accusatori privati non avevano ottenuto successo. Infatti la Corte aveva sostenuto le conclusioni della Procura retica, secondo cui l’evento non poteva essere previsto. Ora – dopo il ricorso dei parenti accolto nel 2020 dal Tribunale federale, che già in quell’occasione aveva giudicato che nell’ambito della prima perizia la Procura non aveva rispettato i requisiti per il suo ottenimento e in particolare le norme sulla ricusazione – il Tribunale penale cantonale ha recentemente ricusato anche il secondo geologo incaricato dalla Procura per svolgere le analisi, ritenendo che quest’ultimo possa essere di parte. L’esperto presiede il Consiglio d’amministrazione di una grande impresa, con una succursale nei Grigioni. Ma la società del geologo, come anticipato da Srf, aveva anche partecipazioni in un’azienda attiva nella gestione dei pericoli sul Pizzo Cengalo, prima della frana. La decisione pubblicata oggi sul sito web del Tribunale riapre dunque il caso.
Il 23 agosto 2017 tre milioni di metri cubi di roccia si sono staccati dal Pizzo Cengalo. Otto escursionisti provenienti da Germania, Austria e Svizzera sono stati travolti e uccisi. I dati di misurazione avevano precedentemente mostrato i movimenti del Cengalo. Pertanto, si pone la questione se le autorità avrebbero dovuto chiudere l’area.