La Società agricola esprime grande preoccupazione per l’aumento di avvistamenti e attacchi nella regione. ‘Serve una regolazione più marcata’
È una presa di posizione che vuole sensibilizzare e sottolineare nuovamente le conseguenze della presenza del lupo per gli allevatori quella che giunge dal Moesano a nome della locale Società agricola. Preoccupazione è la parola più utilizzata per descrivere una situazione che agli occhi dei membri del comitato si è aggravata ulteriormente negli ultimi mesi, dopo che già un paio di anni fa avvistamenti e predazioni si erano fatti decisamente più frequenti in varie zone del Grigioni. In questo periodo, ci viene spiegato, la convivenza con il lupo rappresenta la questione più spinosa per i professionisti del settore di Mesolcina e Calanca (quest’ultimo territorio è stato finora meno toccato). Come confermano i dati dell’Ufficio caccia e pesca grigionese (vedasi la mappa pubblicata online), negli ultimi due mesi sono state almeno tre le stalle attaccate: il 4 gennaio in territorio di Mesocco (tre pecore uccise), il 4 febbraio a Soazza (più esemplari hanno aggredito un cane presso un’azienda agricola e sono fuggiti grazie all’arrivo del proprietario) e il 9 febbraio a Cama (uccise due pecore a fine gestazione).
Nel corso degli ultimi due mesi sono stati una ventina i casi tra avvistamenti (in particolare intorno a Mesocco) e attacchi a bestiame da reddito
A questi episodi, sempre da inizio anno, si aggiunge una ventina di casi, avvistamenti accertati e rinvenimenti di tracce distribuiti in tutta la regione, da San Vittore a San Bernardino. «La presenza del lupo è esponenziale e riteniamo sia ormai fuori controllo – afferma la presidente della Società agricola Aurelia Berta –. Siamo coscienti che il problema non può essere debellato, ma crediamo che ci sia la grande necessità di una regolazione più marcata, per avere maggiore equilibrio». Se le misure per il bestiame – recinzioni elettriche e cani da protezione – non sempre intimoriscono sufficientemente l’istinto dell’animale (vedasi le predazioni sul territorio di Mesocco della scorsa estate che avevano indotto più allevatori a riportare le proprie pecore a valle con settimane di anticipo), a preoccupare gli allevatori è anche il fatto che i recenti attacchi hanno riguardato stalle ubicate più in pianura, all’altezza degli abitati. «Gli attacchi non avvengono solo all’alpe nella stagione estiva ma si sono moltiplicati anche in pianura, nel periodo invernale quando gli animali si trovano nelle stalle. Mette apprensione il fatto che presto, per un periodo di un paio di mesi prima di essere caricati all’alpe, i capi inizieranno a pascolare nei prati e saranno dunque ancora più esposti al pericolo». Il comitato della Società agricola (completato da Mariano Cominelli, Angela Pollicelli, Claudio Gemetti e Giada Gianella), parla anche di una certa preoccupazione che inizia a diffondersi tra gli abitanti. «Non è bello portare il cane a passeggio al mattino presto sapendo che i lupo si spinge sempre più in pianura e che non sembrerebbe così spaventato dalla presenza dell’uomo».
Mariano Cominelli è l’allevatore colpito dal recente attacco a Cama, l’ultimo di una lunga serie. «Più o meno dal 2000 ho subito attacchi regolari – racconta –. Ma la situazione è peggiorata in particolare negli ultimi due anni. Sono arrivato al punto in cui non so più cosa fare, quali ulteriori misure di protezioni adottare. Nonostante le recinzioni elettriche e tre cani da protezione (i quali comportano responsabilità per l’allevatore a causa del rischio di conflitti con escursionisti e ciclisti), quest’estate ho subito comunque altre predazioni: in totale sono state uccise otto pecore, altre sono scappate durante la notte e nonostante le ricerche continue del pastore alla fine della stagione ne mancavano trenta. E a lungo andare portare avanti un’attività già di per sé impegnativa confrontati con una situazione del genere diventa veramente demotivante». Con questa tendenza, vuole rendere attenti il membro di comitato della società agricola facendosi portavoce dello stato d’animo degli allevatori della regione, «che fine faranno i prodotti nostrani, la gestione degli alpeggi, il mantenimento del nostro bel paesaggio e la cultura alpina?». Mariano spiega che in occasione dell’attacco a Cama del 9 febbraio «le pecore si trovavano in stalla ma due sono state comunque uccise. Il lupo è un animale molto furbo e una soluzione per aggredire la trova. Le informazioni fornitemi dai guardacaccia confermano che l’animale si aggira nella zona e questo mi dà tanta ansia. Ogni notte in cui sento i cani abbaiare è una pessima sensazione». Per le misure di protezione gli allevatori ricevono degli aiuti e risarcimenti per gli animali aggrediti. «Ma mai compenseranno il dispiacere di vedere sbranati gli animali di cui ti sei preso cura con passione e a cui ti sei affezionato. Sono scene che distruggono il morale degli allevatori. E vorrei che gli animalisti capissero il nostro punto di vista. Una cosa è vedere il lupo su una foto, un’altra è trovarsi alle prese con i danni che crea. Spesso attacca e non uccide, lasciando soffrire gli animali che se riescono a sopravvivere rischiano di avere serie complicazioni. In generale il bestiame colpito da un attacco rimane terrorizzato, diffidente e disorientato. I piccoli perdono le madri o viceversa, e possono esserci aborti».
L’Ordinanza federale sulla caccia prevede che una regolazione di un branco può essere autorizzata quando viene raggiunto il limite di 10 capre o pecore predate nell’arco di quattro mesi. Per i lupi solitari invece, un Cantone può rilasciare un’autorizzazione di abbattimento di fronte all’uccisione di almeno 25 animali da reddito in quattro mesi, 15 nell’arco di un mese e 10 nell’arco di quattro mesi se in passato sono già stati registrati danni. «A nostro parere, se l’allevatore ha preso le dovute precauzioni, bisogna poter agire subito di fronte ad attacchi a bestiame da reddito– afferma Mariano Cominelli –. Altrimenti il lupo si abitua a questo suo gioco, al fatto di non avere sostanzialmente nemici, cosa che lo porterà ad approfittarne sempre più». Oltre a chiedere ai turisti più comprensione di fronte alla necessità di avere i cani da protezione, Aurelia Berta sottolinea anche la difficile situazione per gli allevatori, «confrontati da una parte con le alte esigenze per il benessere dell’animale e dall’altra essere costretti a rinchiudere il proprio bestiame dentro le stalle».
Proprio in questi giorni – e ciò non può che far storcere il naso alla Società agricola del Moesano che giudica le disposizioni in vigore teoriche, difficilmente applicabili e inefficaci – il Tribunale amministrativo federale (Taf) ha confermato la decisione dell’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) respingendo la richiesta formulata dal Canton Grigioni di poter procedere all’abbattimento di tre giovani esemplari del branco di Stagias insediatosi e sviluppatosi in Surselva a partire dal 2020. Nella fattispecie, la questione litigiosa consisteva nello stabilire se sussistesse il danno minimo richiesto di dieci pecore. Per calcolare il numero di pecore sbranate, occorreva stabilire se le pecore uccise dai lupi si trovassero in un territorio protetto da ragionevoli misure. L’Ufficio caccia e pesca cantonale sosteneva fossero 10, mentre l’Ufam 8. Il Taf – si legge nel comunicato stampa – "ha riconosciuto che a volte può essere difficile o addirittura impossibile ricondurre tutte le pecore all’ovile, a seconda della morfologia del terreno, delle condizioni meteorologiche e della gestibilità del gregge. Ha anche comprensione per il fatto che il detentore di animali in questione è stato duramente colpito dal branco di lupi. Tuttavia, le due predazioni litigiose non possono essere computate, e quindi il danno minimo richiesto non è stato raggiunto".