Bellinzona, dopo ricorrenti e alcuni politici si allunga l’elenco di chi ritiene illogica e impossibile la soluzione individuata da Cantone, Città ed Eoc
La Società ticinese per l’arte e la natura (Stan) rimpolpa l’elenco di chi sostiene che la Saleggina debba rimanere verde. E che, di conseguenza, meglio sarebbe non costruire lì il nuovo Ospedale regionale – come invece stabilito dalle autorità cantonali e cittadine – ma semmai nel nuovo Quartiere Officine previsto al posto dello stabilimento industriale Ffs quando questo sarà trasferito nel moderno complesso da realizzare a Castione. Stan dunque sulla stessa lunghezza d’onda dei ricorrenti che lo scorso febbraio hanno impugnato davanti al Tribunale amministrativo cantonale (Tram) la decisione adottata nell’aprile 2023 dal Consiglio comunale favorevole alla variante di Piano regolatore del Quartiere Officine. Ricorrenti non da poco trattandosi degli avvocati Curzio Fontana e Filippo Gianoni (il secondo ex municipale capodicastero Pianificazione della Città), dell’ex vicesindaco Plr Felice Zanetti, della consigliera comunale e granconsigliera di ‘Più Donne’ Maura Mossi Nembrini e dell’Unione contadini ticinesi col suo membro Roberto Mozzini. La pensano come loro il gruppo Verdi-Fa in Consiglio comunale, il Movimento per il socialismo come pure i granconsiglieri Giovanni Berardi (Centro) e Sem Genini (Lega, segretario agricolo cantonale). Per contro la maggioranza della politica turrita e cantonale sposa la via tracciata da Consiglio di Stato, Municipio, Ente ospedaliero cantonale e Ferrovie federali.
In un approfondimento di sei pagine pubblicato sull’ultimo numero del suo trimestrale ‘Il nostro paese’, la Stan analizza lo stato pianificatorio di Bellinzona a fronte dei vari grandi progetti edilizi avviati e dei nuovi paletti molto restrittivi imposti su scala nazionale dalla Confederazione in materia di zone edificabili. La domanda di fondo è: tutto bene nella capitale del Ticino? “È evidente la conclusione razionale di tutta la vicenda”, termina il testo redatto da Paolo Camillo Minotti, membro del Consiglio direttivo di Stan, dopo aver riportato ampi passaggi del ricorso: “Evitiamo di approntare nel nuovo Quartiere Officine aree residenziali e commerciali in esubero e non necessarie (perché vi sono già sufficienti zone edificabili con questi contenuti) e mettiamoci semmai l’ospedale. In tal modo si eviterebbe pure di ripetere l’errore compiuto nel voler ubicare le nuove Officine a Castione occupando una zona agricola Sa, anziché nella zona industriale dismessa di Bodio-Giornico”.
È importante ricordare che il Dipartimento del territorio la scorsa estate ha prodotto un approfondimento giuridico secondo cui il nuovo ospedale è realizzabile alla Saleggina ad alcune condizioni. La principale è che si renda subito inedificabile un’analoga superficie oggi edificabile (60mila metri quadrati da dezonare nella prima tappa 2035 del nosocomio e altrettanti nella tappa due del 2050). Compensazione che complica tutto e che sarà avviata prossimamente da Cantone, Città ed Eoc in cerca di terreni da convertire nel Bellinzonese ma anche altrove, avendo l’ospedale regionale una valenza cantonale. Obbligo di compensare di cui nessuno aveva parlato quando nel 2021 bisognava stanziare i 16 milioni per comprare la Saleggina dall’Esercito. Questo dopo che il tema era stato condiviso in uno scambio epistolare avvenuto fra Eoc e Dt nel 2014, per poi finire nel dimenticatoio. E infatti c’è chi scommette che se il CdS lo avesse inserito nel messaggio sui 16 milioni, il Gran Consiglio non li avrebbe mai stanziati.
Acquisto dunque deciso e poi concretizzato, evidenzia la Stan nel suo articolo, “senza nemmeno verificare la situazione pianificatoria del terreno, in quanto si parte dal presupposto che all’ente pubblico tutto è permesso, anche fare strame della Legge federale sulla pianificazione del territorio”, resa nel 2014 meno permissiva. Ancora la Stan: “I fautori della costruzione dell’ospedale alla Saleggina giocano sulla denominazione pianificatoria del terreno (‘zona per attrezzature pubbliche’) arguendo da ciò che potrebbe già essere considerata una ‘zona per edifici d’interesse pubblico’. Non siamo giuristi, ma a nostro parere si tratta di argomentazioni fuori luogo. Attendiamo di vedere cosa decideranno il Cantone (ndr: ha già deciso, si compensa) e se del caso i tribunali”. Infatti l’inserimento del nosocomio richiede una variante di Pr o un Piano di utilizzazione cantonale impugnabili con ricorsi ai vari livelli. Tradotto: vari anni d’attesa prima di giungere a una decisione definitiva.
“Certo – argomenta la Stan – se un interesse pubblico preminente lo esige, si può teoricamente ammettere che il Cantone possa derogare a un principio basilare della pianificazione qual è l’uso parsimonioso del territorio: dovrebbe però essere dimostrato che non c’è ragionevolmente un’ubicazione alternativa. Ma quando mai ciò viene fatto? Spesso i politici abboccano alla prima offerta di un promotore influente o di una potente ex regia federale. Approfondimento oggettivo e spirito critico zero. Come dicono bene i ricorrenti sul nuovo Quartiere Officine, si è sempre adottata la via più semplice e mai quella più razionale, piazzando edifici a casaccio, anche dal profilo funzionale, in mezzo al verde”. Castione, annota la Stan, insegna.
Infine la Stan mette in luce il rischio di vedere una Bellinzona che vuole costruire a dismisura (oltre alla Saleggina e al Quartiere Officine ci sono anche le Ferriere Cattaneo di Giubiasco destinate ad accogliere contenuti residenziali, commerciali, amministrativi e culturali) mentre Berna frena: “Il Pr verrebbe sicuramente a essere sovradimensionato. Vi sarebbe un tale incremento di unità insediative, da monopolizzare tutto il potenziale di riserve edificabili dell’intera città. Col rischio che l’autorità superiore imponga il dezonamento di terreni edificabili nei vari quartieri e appartenenti ai piccoli proprietari”. In tal caso la levata di scudi sarebbe pressoché generale.