Botta e risposta in Pretura penale nel dibattimento che vede imputato il consigliere comunale di Bellinzona per la frase ritenuta ingiuriosa dal Municipio
Sarà pronunciata oggi pomeriggio, giovedì, la sentenza del processo a carico del consigliere comunale del Movimento per il socialismo (Mps), Matteo Pronzini, accusato di ingiuria per una frase all'indirizzo del Municipio di Bellinzona pronunciata durante la seduta del Legislativo del settembre 2021. Questa mattina, nell'aula della pretura penale, la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti ha inizialmente chiesto alle parti se non si potesse valutare un tentativo di conciliazione: picche la risposta del consigliere comunale, il quale insiste su un punto: «Non era mia intenzione offendere qualcuno, e mi dispiace se qualcuno si è ritenuto offeso». Da parte sua, il rappresentante dell'Esecutivo turrito, l'avvocato ed ex municipale Andrea Bersani, ha affermato che per sospendere il processo e valutare la conciliazione, da parte di Pronzini servivano scuse sincere «senza se e senza ma, compresa l'assunzione dei costi del procedimento legale».
Un po' scoraggiata, la giudice ha quindi dato inizio al dibattimento che, ricordiamo, verte sulla seduta in cui si era discusso del caso dei decessi per Covid alla casa anziani di Sementina. In quell'occasione, Pronzini aveva rivolto delle critiche al Municipio di Bellinzona per il ricorso interposto al Tribunale federale contro i servizi mandati in onda dalla Rsi. “I parenti degli ospiti deceduti – aveva affermato l'esponente dell'Mps – hanno il diritto di elaborare il lutto e non di dover venire a conoscenza che il Municipio usa in modo abusivo i soldi pubblici per azioni temerarie d’intimidazione di stampo mafioso”. Un’espressione non piaciuta all’Esecutivo che lo aveva quindi denunciato. Querela che un anno dopo era sfociata in una proposta di condanna pecuniaria pari a 4’000 franchi sospesa con la condizionale. Proposta contenuta in un decreto d’accusa firmato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri. Ritenendosi innocente e difendendo la libertà d’espressione in politica, Pronzini ha impugnato il decreto decidendo dunque di andare a processo.
Questa mattina, il primo a prendere la parola è stato il consigliere comunale, nonché deputato in Gran Consiglio: «Sono intervenuto in ambito istituzionale su una questione di grande attualità, nello specifico sui ricorsi che a mio modo di vedere erano stati fatti per tentare di bloccare la libertà di stampa, e di conseguenza non mi riconosco nel decreto d’accusa», si è giustificato. Ma – gli ha chiesto la giudice – cosa intendeva dire di preciso con quella frase? «Per me era chiaro che, in quel momento in cui l'accusa per i vertici della casa per anziani era addirittura di omicidio colposo, il ricorso del Municipio era un tentativo temerario e abusivo di zittire e intimorire la stampa». Ma perché aggiungere “stampo mafioso”?, ha ribattuto la giudice Bernasconi Matti. «È stato un termine che ho utilizzato per dare un esempio di un modo di fare pressione per ottenere qualcosa. Ma non c’era la volontà di offendere nessuno».
Dal canto suo, al termine di una lunga requisitoria il pp Ruggeri ha confermato la richiesta di pena contenuta nel decreto di accusa. Pur riconoscendo l'asprezza del dibattito venutosi a creare attorno alla questione dei decessi in casa anziani, il magistrato ritiene che Pronzini «non poteva non riconoscere il tenore lesivo delle sue parole». Per Ruggeri quella frase «non solo ha leso l'onore politico dei municipali, ma anche quello personale di persone oneste». «Sappiamo che in politica il dibattito più essere aspro e duro, ma nel caso specifico non c’è alcuna giustificazione per un simile veemente intervento». E nemmeno il noto atteggiamento focoso di Pronzini «giustifica questi toni disprezzanti», che per Ruggeri superano l'asticella della legalità.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'intervento dell'avvocato Andrea Bersani: «Si tratta questo di un attacco personale, il significato del termine mafioso non è soggetto a interpretazioni», ha affermato l'ex sindaco di Giubiasco, sostenendo inoltre – come peraltro confermato dalla giudice – che il Municipio non abbia speso un franco per la procedura legale contro i servizi della Rsi, ritenuto che al suo interno sedevano tre avvocati. Secondo Bersani, è impensabile credere che Pronzini credesse davvero di dire la verità: «Il problema è sempre il solito: si fanno interventi a gamba tesa, per cercare sensazionalismo, perché ci sono i giornalisti. Voleva colpire duro ma si è fatto prendere dall’entusiasmo. E non parliamo di qualcuno che ha appena iniziato a fare politica. Si è andati decisamente oltre il dibattito politico».
Al termine di un'arringa molto tecnica sui principi giuridici in discussione (in particolare sulla valutazione del carattere lesivo di un’affermazione durante un dibattito politico), l'avvocato Luca Allidi ha invece chiesto l'assoluzione del suo assistito. Pronzini «ha usato toni forti, ma si capisce che la critica è tutta politica, senza alcun giudizio sul valore della persona – ha detto il suo legale –. Quando si è all’opposizione, per farsi ascoltare bisogna usare toni duri e provocatori, ancor più nel contesto di un dibattito teso». Allidi ha poi menzionato il tenore di alcune interpellanze di quel periodo: «Perché non si è querelato il consigliere comunale Tuto Rossi quando ha dato dei truffatori ai municipali?». In definitiva, secondo la difesa Pronzini «non stava accusando nessuno di esser un mafioso. Era una metafora per meglio inquadrare la situazione, in un contesto di accesissimo dibattito su un tema sentito. Al limite può offuscare il valore politico dei municipali, che non viene però tutelato dal diritto penale». E ancora: «Il giudizio di valutazione di Pronzini rientra nei limiti di ciò che è sostenibile. Certo, è stata una critica vivace feroce e provocatoria, ma agli occhi del cittadino medio quelle esternazioni sono sempre rimaste all’interno del perimetro politico».
La sentenza sarà pronunciata oggi alle 16.30.