Ricorso al Gran Consiglio contro la scheda V3 del Piano direttore cantonale nella quale si prevedono altre due o tre pale oltre alle attuali cinque
“Sarebbe improvvido insistere per aumentare il numero delle torri eoliche sul San Gottardo”. Nel 2016 si era ‘sdraiata’ sul Passo con in mano il ricorso, poi respinto dal Consiglio di Stato, che contestava il progetto di parco eolico infine realizzato con la posa di cinque grandi pale costate 32 milioni e inaugurate nell’autunno 2020. Oggi, otto anni dopo, la Società ticinese per l’arte e la natura (Stan) torna alla carica contestando la modifica della scheda V3 del Piano direttore cantonale riguardante il settore energia. Nel ricorso inoltrato due settimane fa al Gran Consiglio la Stan teme che “il paventato ampliamento del parco eolico possa aggravare l’impatto negativo da molti punti di vista”. Perciò chiede al parlamento di stralciare, nella scheda V3, l’Informazione preliminare relativa all’intenzione pianificatoria di aggiungere da una a tre torri. Titolare dell’infrastruttura, ricordiamo, è la Parco eolico del San Gottardo (Pesg Sa) che riunisce gli azionisti cofinanziatori, ossia l’Azienda elettrica ticinese nell’ordine del 70%, i Servizi industriali di Ginevra per il 25 e il Comune di Airolo (già dichiaratosi favorevole a un ampliamento) per il restante 5.
Nel concreto, ricordiamo, gli approfondimenti di natura tecnica e territoriale svolti da Aet su incarico del Dipartimento del territorio indicano la possibilità di aggiungere altre due pale. “È vero – scrive la Stan – che l’intenzione pianificatoria è indicata come Informazione preliminare. Tuttavia, formalmente, ciò rappresenta l’inizio di un processo che, per quanto lungo, nelle intenzioni del Consiglio di Stato prelude alla sua concretizzazione. Perciò ci sembra necessario esprimere già sin d’ora le nostre ampie perplessità”. In linea generale Stan riesuma le critiche di otto anni fa: “Il parco eolico è stato imposto al paesaggio del passo ‘obtorto collo’, nonostante si trattasse di un luogo carico di storia, cultura e simboli patriottici come pochi altri in Svizzera, minimizzando tutti gli impatti più che probabili preannunciati ed enfatizzando, invece, l’aspetto economico del progetto”. La procedura, protrattasi per una quindicina d’anni, che ha infine condotto alla realizzazione, “era viziata dalla totale mancanza di una ponderazione degli interessi in gioco degna di questo nome e, soprattutto, ossequiosa del mandato sancito dall’articolo 3 dell’Ordinanza sulla pianificazione del territorio”, secondo cui le autorità verificano gli interessi in causa, ne considerano la compatibilità con lo sviluppo territoriale auspicato e con le implicazioni possibili, e tengono conto di tali interessi nel miglior modo possibile.
Oltre a ciò, la Stan critica la reale resa energetica del parco eolico, che a suo dire si situa nettamente al di sotto delle previsioni, raggiungendo un decimo di quanto inizialmente calcolato. Dati che Aet aveva invece già contestato nel 2022, quando erano emersi la prima volta, assicurando che le cifre della produzione dopo la fase test iniziale erano risultate in linea con le previsioni. “La società promotrice – evidenzia dal canto suo il ricorso – nella domanda di costruzione assicurava la copertura di un fabbisogno pari a 5’000 economie domestiche”, poi scese a 4’000 al momento dell’inaugurazione. “Se prendiamo il dato più favorevole (2023) abbiamo una produzione totale di 13’465 MWh che, considerando il consumo medio, dà quasi 600 economie domestiche. Ossia, arrotondando per eccesso, il 12% di quanto vantato con la domanda di costruzione”. Il giudizio sull’economicità “non è migliore se si calcola che il parco ha richiesto interventi molto distruttivi e invasivi, come strade d’accesso, piazze di lavoro e scavi per le fondazioni delle torri pari a 1’000 metri cubi di rocce montonate d’origine glaciale, non reversibili, come invece avrebbe richiesto il rispetto del Regolamento edilizio comunale”. E ancora: “La potenza installata delle cinque torri ammonta a 11’750 kW. Teoricamente potrebbero produrre durante 8’760 ore all’anno. In realtà, per ragioni meteorologiche e d’esercizio, nessun parco eolico produce per più del 40% del potenziale annuo teorico”. Secondo i calcoli della Stan, nel caso specifico si raggiunge il 32,7%. “Ovviamente è possibile che, col tempo, la produzione possa aumentare, ma non di molto, se si tiene conto delle ore in cui le pale devono essere fermate per lasciar transitare in sicurezza uccelli e chirotteri”. Tuttavia “quand’anche si riuscisse a portare la produzione a 16’000 MWh/anno, come espresso nel Piano energetico cantonale, saremmo comunque a livelli di resa molto bassi, soprattutto se paragonati all’investimento richiesto e al costo di produzione dell’energia che supererebbe ampiamente il prezzo di vendita”.
La Stan elenca poi i criteri di selezione che secondo il Tribunale federale, espressosi su ricorsi inerenti altri progetti simili, andrebbero considerati per valutare l’idoneità dei siti: “Buona parte dei punti che il Tf indica erano validi anche per il San Gottardo, ma sono stati ignorati o per lo meno minimizzati i valori presenti che avrebbero potuto far pendere la bilancia verso un’esclusione”. Vengono ricordati, in particolare, “la presenza di beni culturali protetti a livello cantonale e i vincoli dell’Isos”, l’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale. “Per di più i valori naturalistici presenti sono stati considerati in tutta fretta e aprioristicamente, come dimostra il massacro di volatili testimoniato da un biologo della Stazione ornitologica di Sempach”. Moria che secondo i rilevamenti di Aet si ridurrebbe a una cinquantina di esemplari all’anno.
Va infine detto che sul parco eolico del Gottardo la massima corte giudiziaria elvetica non si è mai espressa. Infatti la precedente battaglia della Stan si era esaurita nel 2018 con la sua decisione di non rivolgersi al Tribunale amministrativo cantonale contro il no governativo al primo ricorso: “Una decisione obbligata – spiegava allora la società in un comunicato – presa dopo attenta analisi delle residue possibilità giuridiche e dei rischi finanziari”. Ora la parola passa, per cominciare, al Gran Consiglio.