Bellinzona: interrogazione sollecita il CdS affinché verifichi, anche in chiave futura, il corretto intervento dei vari servizi medici e giudiziari
Migliorare il coordinamento fra le autorità sanitarie e giudiziarie preposte a gestire persone minacciose. Lo chiede un gruppo di granconsiglieri (primo firmatario il socialista Danilo Forini) che interroga il Consiglio di Stato prendendo spunto dall’episodio di cronaca di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi, quando padre e figlio minorenne hanno aggredito fisicamente e minacciato di morte in centro città a Bellinzona la funzionaria dell’Autorità regionale di protezione che gestisce il loro incarto. Intercettati dagli agenti, ricordiamo, i due sono stati affidati alla Clinica psichiatrica cantonale per poi venire dimessi il giorno successivo (poiché ritenuti non pericolosi a tal punto da richiedere un fermo di polizia) e continuare così a proferire minacce verso la funzionaria. Questo fintanto che i due sono stati interrogati in centrale, dove sono state comunicate loro le misure di sicurezza alternative al fermo cui dovranno attenersi.
“A preoccupare – scrivono gli otto deputati – è il fatto che qualcosa sembra non aver funzionato nella protezione dell’operatrice, spingendo il sindaco a reagire pubblicamente sui media vista l’assoluta gravità di quanto successo”. Mario Branda sulla ‘Regione’ ha infatti caldeggiato l’applicazione di una migliore strategia di gestione. “Solo in seguito all’intervento del Municipio ci risulta che le istituzioni preposte si siano attivate con successo per garantire la protezione della vittima”, scrivono i granconsiglieri. Per contro, il Ministero pubblico pure da noi intervistato spiega di aver agito nel rispetto del Codice di procedura penale.
Al di là dell’aspetto puntuale, i deputati rilevano che, “stando a diverse testimonianze di operatori del settore, spesso le minacce e anche alcune vie di fatto non verrebbero denunciate. Questo perché per determinati reati la denuncia è di responsabilità individuale della vittima, che non sempre ha la forza, la conoscenza e il tempo per farlo. Inoltre, nell’ambito sociosanitario, e in particolar modo con utenti affetti da difficoltà psichiatriche, operatori e operatrici temono che una denuncia personale comprometta irrimediabilmente la relazione instaurata, elemento imprescindibile per una sana alleanza terapeutica. Se questo fosse vero, significherebbe che il fenomeno è molto più vasto di quel che i dati possono indicare”. Perciò “è indispensabile che i funzionari cantonali, comunali o il personale di enti sussidiati non siano lasciati soli in caso di situazioni così difficili. Le minacce di morte, specialmente se accompagnate da un passaggio all’atto fisico, possono avere effetti psichici traumatici sul collaboratore al di là delle conseguenze fisiche”.
Il tema comunque non è nuovo e già nella risposta del gennaio 2023 a un’interrogazione del Centro, il CdS ha indicato quale sostegno vi sia per i funzionari cantonali, ammettendo però anche che non ci sono procedure codificate, e come sia il funzionario dirigente o il collega più vicino a intervenire nel limite del possibile per sostenere la vittima. Una situazione ritenuta inadeguata dai nuovi interroganti, i quali sollecitano “precise procedure interne a tutela della sicurezza propria e di terzi”.
Da qui la richiesta a voler chiarire “com’è stato possibile che gli aggressori abbiano potuto in breve tempo tornare a minacciare la dipendente pubblica”. E ancora: “Come intende agire il governo per migliorare il coordinamento dei vari servizi coinvolti in casi simili? Intende favorire un coordinamento automatico? Ritiene necessario codificare delle procedure professionali per gestire situazioni estreme di aggressività che mettono in pericolo i funzionari e gli operatori di enti parapubblici?”. Sollecitata anche una panoramica aggiornata sul fenomeno (dati, evoluzione, strumenti di prevenzione e gestione di queste situazioni e il numero e tipo di formazioni specifiche promosse) e la possibilità di istituire d’ufficio la prassi di aiutare il singolo operatore, nella stesura e durante il procedimento, nel caso di reati che necessitano una querela di parte.