Di nuovo in aula davanti alla Corte di appello, chiede di poter uscire dal carcere l'uomo reo di violenza e coazione sessuale ai danni della compagna
Si è nuovamente seduto sul banco degli imputati, senza voler contestare i fatti e i relativi reati per i quali è stato condannato in primo grado a una pena detentiva, interamente da espiare, di 3 anni e 6 mesi. Proprio sulla commisurazione della pena è dunque incentrato il processo bis nei confronti dell'uomo residente nella regione, lo scorso maggio giudicato colpevole dalla Corte delle Assise criminali di ripetuta coazione sessuale, coazione, lesioni semplici e vie di fatto. Nel periodo tra agosto del 2021 e giugno del 2022 ha ripetutamente usato la forza nei confronti dell’allora compagna: le ha dato schiaffi, più volte al termine di furiosi litigi l’ha rinchiusa in camera da letto nonostante lei piangesse e pregasse di poter uscire, fino ad arrivare all’episodio più grave: costringerla con violenza inaudita a consumare un rapporto sessuale, nonostante il suo chiaro rifiuto.
In carcere ormai da quasi 16 mesi, l'uomo ha ricorso contro la prima sentenza per invocare un pena più lieve rispetto a quella inflittagli a fine maggio dal Tribunale penale cantonale (Tpc). Patrocinato dall'avvocato Marco Masoni, ritiene di aver scontato abbastanza, e chiede una riduzione a 36 mesi, di cui 20 sospesi con la condizionale e i rimanenti 16 da espiare. Tradotto: tenuto conto del carcere già scontato, uscirebbe di prigione tra qualche settimana.
Alla Corte di appello e di revisione penale (Carp), presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, il compito di pronunciarsi nuovamente. Ricordiamo che lo scorso maggio, in occasione del processo in prima istanza, la Corte delle Assise criminali aveva aumentato la pena sul conto dell'uomo, ritenendo troppo blanda la proposta (36 mesi di cui solo 6 da espiare e i rimanenti sospesi con la condizionale) concordata tra difesa e accusa (rappresentata dalla procuratrice Valentina Tuoni). Il caso si trascina in realtà dallo scorso dicembre, quando la vicenda era approdata per la prima volta al Tpc: in quell'occasione il giudice Mauro Ermani aveva rispedito l'incarto al Ministero pubblico per una nuova valutazione, dopo aver ritenuto inaccettabile la stessa richiesta di pena poi comunque riproposta qualche mese dopo – sempre di comune accordo tra accusa e difesa – davanti alla Corte non più presieduta da Ermani ma da Pagnamenta.
«Ritiene dunque di avere espiato abbastanza per essere rilasciato?», ha chiesto all'imputato la presidente della Carp nei primi minuti del dibattimento tenutosi oggi pomeriggio. «La serie dei reati è lunga», ha sottolineato, arrivando poi a commentare l'episodio più grave relativo alla coazione sessuale: «Ho guardato il video e sentito la registrazione audio: io ne ho viste tante, ma questa colpisce. E sa cosa colpisce di più? Quel che sembra essere la sua totale mancanza di empatia di fronte a una donna che è la sua compagna». L'uomo riconosce la gravità delle sue azioni. «Ho fatto degli errori ed è giusto che paghi. C’era una rabbia che mi portavo avanti da tempo, in un periodo in cui la relazione non andava più, anche perché ero geloso. Quella rabbia è uscita quella sera. Non posso cambiare le cose e mi vergogno per quello che ho fatto». In carcere l'imputato sta seguendo un percorso psicologico. «Non solo mi ha portato a capire i miei errori, ma anche come gestirli e affrontarli. Continuerò a seguire questo percorso anche dopo la scarcerazione, indipendentemente da quanto avverrà, perché ritengo di averne ancora bisogno. Mi sto impegnando perché voglio che simili episodi non succedano più».
Così l'avvocato difensore Marco Masoni: «Non siamo qui per contestare i fatti. Chiediamo una nuova valutazione, auspicando che la decisione tenga maggiormente conto dei fattori favorevoli nella commisurazione della pena. Il mio assistito – ha proseguito Masoni – è sinceramente dispiaciuto per quanto accaduto. Ci sta lavorando e ci lavorerà. Ha avuto un comportamento processuale corretto e volto alla collaborazione, che è stata immediata e duratura, senza mai fare un passo indietro. Si è reso conto di avere un problema, che ha subito affrontato in carcere con l'inizio di questo percorso terapeutico, che oggi chiede di poter proseguire anche fuori dal carcere». L'incensuratezza è un altro elemento che la difesa chiede di considerare. Rispetto al risarcimento di 13mila franchi all'ex compagna – che nell'ambito dell'inchiesta si è costituita accusatrice privata –, Masoni ha indicato che il suo assistito, nel limite delle sue capacità finanziarie, si sta impegnando per adempiere alla decisione sancita dal giudice Pagnamenta. La pp Tuoni non ha formulato una richiesta di pena non avendo fatto ricorso contro la decisione di maggio. Si è limitata a riassumere gli elementi – che in sostanza combaciano con quelli elencati dall'avvocato Masoni – per i quali aveva chiesto una pena parzialmente sospesa. La sentenza della Carp è attesa nelle prossime settimane.