Presentati i primi risultati dello scavo di salvataggio iniziato in aprile: tracce di un insediamento e reperti di epoca tardoromana e altomedievale
I risultati delle indagini archeologiche attualmente in corso in località Carasso-Lusanico (Lusànigh) sono stati presentati ai media nella mattinata del 25 luglio in conferenza stampa.
L'intensa attività edilizia che ha interessato Carasso-Lusanico negli ultimi decenni, monitorata costantemente dal Servizio archeologico cantonale, ha confermare la persistenza in quasi tutta la zona delle tracce di attività insediativa risalenti all’età del Bronzo e all'Alto Medioevo, a cui si aggiunge anche una serie di sepolture medievali. Un'importanza archeologica nota già da mezzo secolo, a partire dalla scoperta, nel 1968, di importanti resti strutturali ricollegabili alle suddette fasce temporali, venuti alla luce in occasione della costruzione della Casa patriziale.
I resti archeologici emersi in questi mesi di ricerca, "si presentano a tratti disturbati da fenomeni di tipo alluvionale oltre che dall’attività agricola di epoca recente", recita il comunicato stampa odierno. Ciò non ha tuttavia impedito di portare alla luce resti di villaggi attribuibili ad almeno due fasi dell’Età del Bronzo, cui si aggiungono materiali archeologici che testimoniano di un’occupazione tardoromana-altomedievale.
Per quanto riguarda i resti dei villaggi, si tratta di tracce di acciottolati che costituivano i suoli negli edifici e probabili viottoli tra le capanne, e fosse ricolme di carboni riferibili a strutture per la cottura in fossa degli alimenti. Fra gli elementi più significativi, un fondo di capanna con il resto di una parete rivestita d’argilla in situazione di crollo e un poderoso muraglione realizzato a secco con massicci blocchi di pietra che si ipotizza poter essere stato un muro di difesa del villaggio, ma la precisa cronologia e la funzione della struttura sono ancora in corso di valutazione.
Gli strati e le strutture hanno restituito un altissimo numero di reperti archeologici. Si tratta soprattutto di resti di vasellame caratteristici per l’epoca: ampie olle in ceramica grezza destinate alla cottura e conservazione degli alimenti, ma anche piccole olle e coppe più delicate, realizzate con maggiore cura. Più rari per contro i manufatti di pietra (lamelle e schegge di selce, coti) e quasi assenti gli oggetti bronzei.
Lo scavo – la cui conclusione è prevista per l’autunno 2023 – vede attivi Luisa Mosetti e Michele Pellegrini, collaboratori del Servizio archeologico cantonale, affiancati da un’équipe di archeologi, tecnici, studenti e operai. La consulenza scientifica è affidata a Rosanna Janke, archeologa indipendente. La lettura geopedologica del terreno è garantita dagli specialisti Cristian Scapozza e Dorota Czerski, direttore e collaboratrice dell’Istituto scienze della Terra (IST) della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI).