Bellinzonese

A Carasso si riaccende la voglia di una vera funivia

Dopo l’affossamento del 2009, il magnate sciaffusano Giorgio Behr ha ora costituito una Fondazione e ripreso l’iter. Coinvolti Patriziato ed Ente Carasc

Dal 2007 il vecchio impianto può trasportare solo materiale
(Ti-Press)
16 dicembre 2022
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A 13 anni dal suo affossamento, potrebbe essere la volta buona per il progetto che mira a sostituire con una nuova funivia la vecchia teleferica fra Carasso e Baltico. Impianto a fune ormai vetusto che dal lontano 2007 non è più abilitato, per motivi di sicurezza, a trasportare persone ma unicamente materiale. Com’era successo nell’estate 2009 – quando una torrida assemblea patriziale rifiutò a maggioranza di andare in questa direzione preferendo una nuova strada caldeggiata dall’Ufficio patriziale, anch’esso espressosi a maggioranza, per raggiungere l’Alpe Monda situata sopra Baltico – ancora una volta le basi finanziarie hanno un volto. Si tratta di Giorgio Behr, facoltoso avvocato e imprenditore sciaffusano di 74 anni: patrizio per parte di madre, vanta una fortuna valutata in 400-450 milioni di franchi. Un generoso magnate in vari ambiti che ha peraltro co-finanziato il progetto Botta per la nuova Valascia di Ambrì. Ebbene, dopo i primi passi informali compiuti la scorsa primavera, da qualche settimana il suo nome figura ai vertici della Fondazione Prò Martin (ne è il presidente) costituita a fine settembre e con sede presso l’Ente autonomo Carasc di Monte Carasso che per conto della Città di Bellinzona valorizza la montagna di sponda destra da Gorduno a Gudo. Ente che per conto del Patriziato di Monte Carasso, proprietario, gestisce anche la funivia di Mornera.

Necessari 5 milioni

Proprietario della teleferica è il Patriziato di Carasso la cui assemblea è stata aggiornata ieri sera dal presidente sui recenti passi. «Al momento non c’è nulla di deciso – spiega Mauro Minotti alla ‘Regione’ – ma va evidenziato il forte desiderio di Giorgio Behr, a sua volta proprietario di più rustici da lui ristrutturati, di riprendere il filo del discorso interrotto bruscamente nel 2009». A parlare chiaro, per cominciare, è lo scopo della Fondazione, riportato nel Registro di commercio: "Promuovere e sostenere ogni attività diretta allo stabilimento di un regolare accesso tramite teleferica della zona Monti di Carasso, in particolare le zone di Marno, Baltico e Alpe della Monda". L’investimento previsto, stando a una prima stima, ammonta a circa 5 milioni di franchi, di cui una parte garantita dallo sciaffusano e un’altra da finanziatori da lui stesso ricercati presso altri privati ed enti pubblici. Il nuovo impianto sarebbe simile a quello di Monte Carasso: due cabine di otto posti ciascuna che salgono e scendono alternativamente. E proprio a Monte Carasso, come scritto tre giorni fa su queste colonne, il Patriziato, l’Ente Carasc e la Fondazione Curzùtt-San Bernàrd guardano con molto interesse alla funivia gemella, poiché se realizzata entrerebbe in sinergia con quella di Mornera diventata vittima del suo successo registrando il tutto esaurito durante la bella stagione. Tanto che – di fronte all’impossibilità d’investire altri milioni nel raddoppio della capacità nel primo tratto fino a Curzùtt – il Patriziato di Monte Carasso ha dovuto informatizzare la riservazione delle corse per ridurre le code sia salendo, sia scendendo. I due impianti, sempre che le cose questa volta filino lisce, sono dunque destinati a ‘parlarsi’, trovandosi le due stazioni in alto – come pure quelle intermedie – a un paio di chilometri di distanza in linea d’aria. A beneficiarne sarebbe poi la montagna sopra Gorduno con il rinnovato Alpe Arami e il previsto ripristino di alcuni sentieri.

Il nodo delle condizioni

Anche oggi, com’era successo nel 2009, un peso lo avranno le condizioni che potrebbero venire poste dalla Fondazione Prò Martin sia al Patriziato di Carasso, sia all’Ente Carasc e con esso, in definitiva, alla Città di Bellinzona da cui dipende il suo mandato di prestazione. Peraltro uno dei due vice-presidenti della nuova Fondazione è il direttore dell’Ente Carasc, Ivan Guidotti; fra i membri vi sono anche Marco Minotti per conto del Patriziato di Carasso e Tessa Tognetti dell’azienda agricola La Colombera che gestisce l’Alpe Monda di proprietà patriziale. L’accordo di 13 anni fa prevedeva la concessione alla Fondazione di un diritto di superficie per 65 anni sulla funivia e sui fondi sottostanti, una partecipazione finanziaria del Patriziato di 500mila franchi su una spesa totale di 2 milioni e una partecipazione patriziale di 35mila franchi annui ai costi di gestione. Il milione e mezzo mancante sarebbe stato garantito da Giorgio Behr. Tuttavia la maggioranza dell’Ufficio patriziale ritenne da una parte l’accordo sottopostogli non sostenibile finanziariamente, dall’altra la proposta di Behr incompatibile con la volontà di costruire semmai una strada forestale completa. In quella circostanza, visto l’esito dell’assemblea e ascoltare le dichiarazioni dell’Ufficio patriziale, Behr sospese la propria proposta.

Città coinvolta? ‘Tema da approfondire’

Nel frattempo, a seguito di ricorsi interposti dalle associazioni ambientaliste, la tanto attesa strada è stata realizzata solo a metà. Inoltre sulla sistemazione dell’ultimo tratto agricolo mancante, quello fra Ciocco e l’Alpe Monda, il Cantone nel luglio 2021 ha espresso preavviso negativo evidenziando più criticità da risolvere: poiché la strada è concepita per un utilizzo agricolo e forestale, ma in definitiva allaccerebbe anche i numerosi rustici presenti, il tema del suo utilizzo dev’essere maggiormente sviluppato già nella procedura pianificatoria poiché altamente problematico. Ciò che secondo l’Ufficio patriziale azzera di fatto le possibilità di completamento. Da qui la ripresa delle trattative per realizzare una funivia completa. L’ultima parola spetterà comunque ancora all’assemblea patriziale, che l’anno prossimo dovrà decidere se insistere con la strada o se optare per la funivia. Una parte delle vecchie condizioni potrebbero valere tutt’oggi, altre verrebbero modificate e aggiornate, fra cui la gestione dell’impianto che verrebbe affidata all’Ente Carasc nato nel 2016. «Una serata pubblica, con tutti i dettagli del caso, sarà organizzata la prossima primavera», riferisce Mauro Minotti sottolineando che il progetto non peserebbe economicamente sul Patriziato: «A differenza di allora, sento oggi opinioni abbastanza positive». Prudente Ivan Guidotti: «La Fondazione per adesso mira a riavviare le trattative sospese tanto tempo fa. Confido che possa raccogliere consensi». Se la Città di Bellinzona sarà coinvolta finanziariamente, «questo non posso ancora dirlo. Il tema andrà approfondito».

Sportivo e fra i massimi esperti in contabilità aziendale

Ma chi è Giorgio Behr? Domiciliato a Buchberg nel canton Sciaffusa, a livello nazionale è ritenuto una personalità in vari ambiti. Laureato in diritto all’Università di Zurigo, è stato professore di economia aziendale all’Università di San Gallo, di cui è oggi professore onorario e presidente dell’Istituto di contabilità, controllo e revisione. È il fondatore e titolare del conglomerato industriale Behr Bircher Cellpack Bbc con sede nel Canton Argovia e attivo nella tecnologia per sensori, imballaggi, materie plastiche, ingegneria e controllo, connessione energetica e controllo della distribuzione di corrente. Fra le altre cose, ha anche presieduto il Cda del gruppo Saurer. E ha rappresentato la Svizzera negli organi contabili di Onu e Ocse. Fra i vari incarichi affidatigli dalla Confederazione spiccano quelli di supervisore dei bilanci delle grandi ditte operanti in Svizzera e di esperto del Consiglio federale per la redazione della nuova legge sulla contabilità entrata in vigore nel 2013. Con uno spiccato interesse per lo sport, presiede il Kadetten Schaffhausen, principale club svizzero di pallamano nel quale ha giocato in gioventù salvandolo poi dal fallimento e regalandogli peraltro uno nuovo stadio. Behr ha anche un piede nel mondo dei media avendo nel 2005 salvato dal fallimento il giornale gratuito Schaffhauser Bock, di cui è azionista unico dal 2018. È però stato anche membro del comitato referendario contro gli aiuti pubblici ai media privati, pacchetto respinto alle urne lo scorso febbraio.

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