La nuova opera dialettale, edita da Fontana Edizioni, del giubiaschese è ora disponibile nelle librerie del cantone
Haiku, il gusto del vuoto (Al güst dal vöid). È questo il titolo della nuova opera letteraria di Gian Paolo Lavelli, edita da Fontana Edizioni e ora disponibile nelle librerie del cantone. Il poeta ottantatreenne intende portare una ventata d’aria fresca nel mondo dialettale ticinese grazie a un’antica forma lirica giapponese, appunto l’Haiku, molto diffusa fra tutti i ceti sociali della patria del Sol Levante: brevi poesie composte da diciassette more (e non sillabe) riunite nello schema 5/7/5, il cui massimo esponente è stato Matsuo Bashō. Un condensato di pensieri ed emozioni, rapido e intenso. «L’idea mi è stata suggerita dall’amico Marco Horat – spiega l’autore, riferendosi alla sua ultima fatica letteraria –. Non ero a conoscenza di questa forma di poesia. Ho quindi iniziato ad acquistare alcuni libri, tradotti logicamente in italiano, e interessarmi all’Haiku, decidendo così di realizzare un’opera inedita». Più di 450 composizioni scritte nella stessa metrica, frutto di una serrata ricerca letteraria e linguistica. Un unicum della letteratura dialettale. «Tutte le mattine spulcio attentamente i giornali o accendo la televisione in cerca di qualche illuminazione: da una semplice pubblicità, ad esempio, talvolta si accende quella lampadina da cui prendono spunto queste poesie. A volte raccontano della luna, altre di quello che sta succedendo in Ucraina… L’ispirazione nasce giorno dopo giorno dai temi di attualità più disparati» a dipendenza di quello che cattura maggiormente l’attenzione dell’autore.
Ai piedi dei tre versi, tradotti in italiano, il poeta di Giubiasco ha quindi messo una sua personale (e succinta) interpretazione in modo da rendere più facile la lettura. Un’arte di casa nostra, in cui agilità mentale e pazienza del lettore sono messe a dura prova. «L’Haiku permette infatti di raccontare solo in superficie quello che s’intende esprimere in modo conciso nei propri componimenti – annota sempre l’autore –. Tutto ciò che rimane di contorno è lasciato all’interpretazione del lettore». Non è però stato facile mettere nero su bianco, tradurre e rivisitare in italiano, delle poesie dialettali in stile pseudo Haiku; nonostante Lavelli si fosse già cimentato in alcuni tentativi di riprodurre brevi pensieri in stile Haiku accompagnati da note esplicative nel precedente libro ‘Lüs e umbri’. «In dialetto non esiste una grammatica fatta e finita, ad esempio spesso manca l’ultima vocale. È quindi stato necessario rielaborare alcune parole secondo i limiti metrici imposti da questa antica forma letteraria giapponese», conclude il poeta alla sua diciassettesima pubblicazione letteraria.