Bellinzona: in Consiglio comunale l’esponente Mps insiste nel dire di non conoscere il nome, ma in Gran Consiglio avrebbe affermato il contrario
Scintille fra Matteo Pronzini (Mps) e il sindaco di Bellinzona Mario Branda martedì sera durante la seduta di Consiglio comunale al momento di rispondere all’interpellanza inoltrata verso metà dicembre dal Movimento per il socialismo, secondo cui un funzionario dirigente alle dipendenze della Città sfrutterebbe la propria posizione gerarchica per richiedere prestazioni lesive dell’integrità personale delle dipendenti a lui subordinate. La segnalazione era stata subito presa sul serio dal Municipio che in base all’articolo 104 della Legge organica comunale aveva inviato una segnalazione al Ministero pubblico «per i pesanti sospetti, ma non sostanziati, sollevati nell’interpellanza medesima a carico di un collaboratore», ha ripercorso Branda rivolgendosi questa settimana al plenum del Legislativo, cui ha ricordato che il Municipio ha nel frattempo anche aperto e avviato un’inchiesta amministrativa, «con accertamenti attualmente in corso». Accertamenti avviati dopo che il procuratore pubblico Zaccaria Akbas ha comunicato verso inizio anno all’Esecutivo di non intravedere né disporre di elementi sufficienti per avviare un’inchiesta penale.
Rimane però un grande punto di domanda sull’identità del funzionario e su cosa esattamente egli avrebbe combinato. Il tutto complicato dal fatto, ha annotato il sindaco, che «gli interpellanti si sono rifiutati di essere sentiti e di portare il loro personale contributo al chiarimento di fatti che loro, considerato il tenore dell’interpellanza, sembrano conoscere. Tale comportamento sorprende poiché arriva da persone che a parole dicono di voler tutelare i lavoratori, specialmente quelli di sesso femminile». Il Municipio «si riserva comunque di procedere ancora ai sensi di legge, non accontentandosi dell’atteggiamento defaticatorio». Pronzini ha quindi subito ribattuto assicurando di non conoscere tutt’oggi l’identità del funzionario, aggiungendo che «parecchi dipendenti continuano a indicarmi la reale esistenza dei fatti, rifiutandosi però di svelare chi ne sarebbe il responsabile». Strano, ha invece ribattuto il sindaco finendo per metterlo alle strette, «perché alcuni granconsiglieri sostengono che lei avrebbe svelato a qualche deputato, durante i lavori parlamentari cui lei partecipa, di conoscere bene il nome del sospettato». Al che Pronzini ha replicato che se così veramente stessero le cose, il sindaco dovrebbe conoscere il nome. Il botta e risposta si è concluso con un nulla di fatto.